1. Premesse e contesto di riferimento
A distanza di oltre un anno dall’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 – attuato in tutte le sue parti, come noto, a partire dal 1° gennaio 2024 – il Governo si accinge a varare un provvedimento “Correttivo” del testo pubblicato lo scorso anno, in ossequio alle linee direttrici tracciate dal legislatore in tal senso nella legge delega 21 giugno 2022, n. 78[1] – secondo una tecnica normativa già nota agli operatori del settore, poiché adottata in precedenza, in occasione della prima codificazione unitaria introdotta dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163[2] e del successivo Codice di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50[3].
Tanto precisato, a fronte di questa nuova iniziativa legislativa e in attesa della imminente approvazione definitiva e pubblicazione del provvedimento in questione (v. infra), possono svolgersi alcune riflessioni su questa prima fase di attuazione e applicazione del D.Lgs. n. 36/2023.
Come noto, soprattutto negli ultimi anni, il comparto dei contratti pubblici è stato messo a dura prova da continui aggiustamenti e ripensamenti e dal conseguente e frequente ricorso a norme straordinarie e misure emergenziali; tuttavia, in questo caso non si tratta di un (ennesimo) intervento straordinario e d’urgenza, bensì di una sorta di “tagliando” normativo, messo in cantiere dallo stesso legislatore, lo si è detto, sin dall’approvazione e pubblicazione della legge delega n. 78/2022.
Ciononostante, la notizia di una imminente “revisione” del Codice del 2023 assume comunque, di per sé, un certo rilievo e richiama l’attenzione su una delle questioni stagnanti e nodali della regolazione del comparto: l’esigenza di stabilità della legge.
È infatti largamente condivisa, da tempo, la necessità di stabilizzare e consolidare il quadro normativo degli appalti pubblici, sottraendolo alle continue e frenetiche sollecitazioni di modifiche e interventi disorganici, spesso di breve periodo, che indubbiamente intralciano l’acquisizione, da parte di tutti gli operatori, di una chiara, specifica e durevole conoscenza e applicazione delle norme di che trattasi.
Non è un caso che, in questa circostanza, nelle sedi istituzionali deputate, si sia optato per procedere con un approccio puntuale e misurato, senza stravolgere l’impianto codicistico e i meccanismi da assimilare nel quotidiano. Ciò posto, giacché tutti i cambi epocali – quale per l’appunto l’avvento di una nuova codificazione in materia di contratti pubblici – recano con sé dubbi e criticità operative, il primo periodo di applicazione del D.Lgs. n. 36/2023 ha suggerito l’opportunità di alcuni affinamenti e correzioni mirate a sostenere una attuazione più agile e coerente di regole che, come noto, hanno richiesto alla P.A. e alle imprese un salto culturale e operativo nella preparazione e realizzazione delle commesse pubbliche[4].
Proprio in ordine a tali profili emerge un tema di assoluto momento, che interessa alcuni dei presupposti indispensabili per la buona riuscita della riforma: la coerenza e concretezza di programmi, iniziative e condotte rispetto agli obiettivi e ai principi fondamentali che caratterizzano in modo innovativo il Codice del 2023, anzitutto quanto ai presidi sul risultato, sulla fiducia e sulla semplificazione di procedure e contratti[5].
Al riguardo, vale richiamare quanto evidenziato dalla migliore dottrina in ordine al contributo offerto da Massimo Severo Giannini ai lavori della Costituente nel 1946, ponendo l’accento sull’importanza di ridurre la distanza tra Stato e popolo e tra principi di legge e realtà quotidiana, nonché di contrastare e arginare gli abusi della P.A., evidenziando così un pensiero di rara lungimiranza e attualità[6].
Uno dei temi di maggior rilievo e attualità, in tale contesto, è dunque quello dello stato di avanzamento e attuazione di alcuni fondamentali obiettivi cui mirano le nuove regole pubbliche del settore, ovverosia l’incremento degli standard di qualità, visione e operatività di bandi e determinazioni delle amministrazioni, così come dell’organizzazione di cui le imprese debbono dotarsi per fronteggiare le esigenze di congruità, affidabilità ed efficacia delle offerte e dei mezzi proposti per la realizzazione di lavori servizi e forniture.
Nondimeno, c’è un ulteriore terreno, assai significativo, su cui si gioca una parte importante della buona riuscita di quegli obiettivi: la riqualificazione della relazione tra amministrazioni e imprese, in conformità proprio ai succitati principi di risultato, fiducia e semplificazione, da porre a fondamento dei contratti pubblici, in un’ottica di effettiva cooperazione e di concreta credibilità dei programmi infrastrutturali del Paese.
Sono queste alcune delle istanze e delle riflessioni più indicative che innervano oggi il dibattito pubblico sul Codice e che possono orientare la migliore definizione e comprensione delle misure normative messe in cantiere con il decreto Correttivo.
2. L’insegnamento delle precedenti esperienze di riforma delle regole del settore
Quest’anno compie 30 anni la c.d. “Legge Merloni” (legge 11 febbraio 1994, n. 109), la prima legge quadro sui lavori pubblici – di matrice più organicamente europea – nata in un contesto sociale ed economico davvero peculiare, fortemente condizionato dagli stravolgimenti politici e di ordine pubblico di quella fase, oltre che sotto l’egida vincolante del nuovo modello di procedimento amministrativo, quale definito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Se guardiamo all’architettura di quei principi e di quelle norme, rilucono con maggiore evidenza e plasticità la valenza e la forza innovativa dei detti principi del risultato e della fiducia, posti oggi in cima alle priorità e agli interessi protetti della normativa sui contratti pubblici (artt. 1 – 2 del Codice). Tale confronto, peraltro, può agevolare la comprensione del senso più profondo dell’odierno spirito legislativo e, prima ancora, delle lentezze e inefficienze che sin qui, troppo spesso, hanno condizionato la buona riuscita delle procedure e delle opere pubbliche.
Al riguardo, muovendo da un dato obiettivo e assai sintomatico, si può osservare che le precedenti legislazioni sugli appalti pubblici, soprattutto dagli anni ‘90 in poi, hanno visto prevalere non di rado, e con crescente concentrazione di presidi e misure, un diffuso e ingombrante intento “moralizzatore”, che ha modellato le regole e l’operato delle amministrazioni mettendo la legge e i procedimenti al servizio più del rigore e delle condotte formali che dei risultati tempestivi ed efficaci, di sostanza, delle commesse, in un clima radicato di generale sfiducia e diffidenza verso le imprese. Tornano alla mente, a tal proposito, le parole di Oscar Wilde, quando chiosava che “La morale è semplicemente l’atteggiamento che assumiamo con persone che proprio non ci piacciono”.
Non è un caso, ad esempio, che un aspetto rilevante della disciplina del subappalto dei lavori pubblici abbia trovato la sua prima normazione non nel quadro delle disposizioni sulle opere pubbliche, bensì nella normazione antimafia (v. art. 18 della legge n. 55/1990[7]) – che peraltro già prevedeva a quel tempo una serie di presidi incisivi e preventivi contro le infiltrazioni mafiose nei lavori pubblici (v. la legge n. 575/1965[8] e la legge n. 646/1982[9]) – approdando all’apposizione di un limite alla quota di attività subappaltabili. Questo limite normativo è stato superato e riformato soltanto nel 2021, per mano della normativa emergenziale intervenuta a sostegno della ripresa economica e dell’attuazione delle misure del PNRR, anche per porre rimedio alle procedure di infrazione e alle pronunce della Commissione UE e della Corte di Giustizia UE del 2019[10].
Il tema è tutt’altro che trascurabile, soprattutto nel quadro normativo degli ultimi anni che, come noto, ha delineato un sistema giuridico ed economico teso a consolidare i presidi di tutela e sviluppo delle PMI e, anche a tale scopo, a valorizzare sinergie e competenze specialistiche nella catena delle commesse pubbliche.
Orbene, a fronte di tutto ciò non può non riconoscersi che questa tensione formale ed esasperata, che tradisce una stagnante diffidenza del legislatore, nel tempo, ha rischiato in più occasioni di svuotare di sostanza e buon senso la legalità dell’azione amministrativa, come valore alto e irrinunciabile, perdendo di vista il buon andamento e i risultati della P.A., e alla prova dei fatti si è tradotta in un paradosso controproducente. Per dirla con F. Nietzsche, “Dove la moralità è troppo forte, l’intelletto perisce”.
Sempre nel solco di questo approccio guardingo e diffidente del pubblico verso le aziende private, oltre che verso gli stessi funzionari pubblici, altresì il tema della qualità dei contenuti tecnici e prestazionali delle commesse è stato messo in secondo piano spesso e a lungo, valorizzandosi soprattutto il risparmio delle casse pubbliche, con una importante limitazione della discrezionalità amministrativa e tecnica, nella definizione delle strategie di gara e dei criteri di selezione e valutazione delle offerte. Anche in questo caso la questione è tutt’altro che recente e trova riscontro in una cultura legislativa assai risalente – sul punto, basti ricordare che una parte significativa delle norme attuative sulle opere pubbliche ha dimorato per decenni nei regolamenti sulla contabilità di Stato del 1923 – 1924[11], ed è ancor più celebre la polemica sollevata sulla efficacia del massimo ribasso come criterio di aggiudicazione dal Marchese di Vauban (uno dei massimi esponenti di pregio della storia dell’architettura militare), alla corte del Re di Francia Luigi XIV (il celebre “Re Sole”), con una lettera indirizzata al Ministro della Guerra in data 17 luglio 1683[12].
C’è poi un ulteriore dato che illustra con plastica evidenza i motivi sottesi al varo di una normativa, quella attualmente in vigore, che si mostra sensibilmente diversa e distante dagli approcci del passato, anzitutto quanto alla primazia riconosciuta agli obiettivi di risultato, fiducia e semplificazione: troppo spesso, negli ultimi 30 anni, le infrastrutture e le opere più rilevanti e strategiche sono state realizzate attraverso regimi normativi speciali, emergenziali, in deroga alle norme ordinarie sui contratti pubblici. Il che mette in luce certi limiti di quell’approccio legislativo ordinario, laddove impegnato a presidiare più che altro la formalità e legittimità dei procedimenti, senza incentivare la competenza e la responsabilizzazione di funzionari e imprese, con buona pace delle iniziative, della qualità e della efficacia di progetti e contratti.
3. Gli obiettivi e i propositi per una revisione del Codice coerente ed efficace
Così ricostruito lo scenario attuale delle tematiche e delle istanze che si connettono all’attuazione del Codice, a più di un anno dalla sua applicazione, è d’uopo interrogarsi su quali siano gli obiettivi primari di questo intervento di revisione e correzione programmato dal legislatore sin dal 2022, messo in opera adesso con il decreto Correttivo.
Come sopra evidenziato, l’intento principale di questa revisione è quello di agire per mezzo di interventi puntuali, volti a correggere e implementare alcuni istituti e strumenti, senza intaccare l’architettura e le direttrici fondamentali della riforma di legge introdotta nel 2023.
È in tal senso dunque che il decreto Correttivo in esame interviene sul vigente Codice dei contratti pubblici, con una serie di modifiche e aggiustamenti che, sebbene diffuse e numerose, risultano comunque coerenti con la ratio appena enunciata, quale rimarcata nella stessa Relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto de quo[13].
In questa direzione, il decreto Correttivo suddetto introduce molteplici novità nel testo del Codice attuale, modificando 57 articoli[14], sostituendo 1 articolo[15], inserendo 3 nuovi articoli[16], abrogando 1 articolo[17], sopprimendo o abrogando parti di 30 articoli[18], nonché modificando 18 allegati[19], inserendo 3 nuovi allegati[20], sostituendo 1 allegato[21].
Vale rammentare che il testo della riforma di che trattasi, una volta approvato sotto forma di schema di decreto legislativo nel Consiglio dei Ministri del 21 ottobre 2024 e bollinato dalla Ragioneria generale dello stato all’inizio di novembre del 2024, è passato al vaglio delle commissioni parlamentari, dell’ANAC[22], del Consiglio di Stato[23] e della Conferenza Unificata Stato- Regioni[24], di prossima e definitiva approvazione nel Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2024 e successiva pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Tanto chiarito, va detto che tale decreto Correttivo ha preso in considerazione diversi istituti e temi di sicuro e noto rilievo, da modificare e integrare per una migliore attuazione della riforma dell’anno scorso. Tra questi – pur senza entrare nel dettaglio e nel merito degli specifici contenuti del provvedimento in argomento – è opportuno menzionare alcuni temi e istituti di particolare impatto e rilievo interessati dalle modifiche e integrazioni in argomento:
– tutela sociale dei lavoratori, con particolare riguardo alla equivalenza delle tutele e ai CCNL da applicare: si conferma l’applicazione di un unico CCNL nel bando di gara, con l’introduzione di linee guida – v. inserimento dell’allegato I.01 del D.Lgs. n. 36/2023 – che possano supportare la stazione appaltante nella corretta individuazione del contratto applicabile e nella valutazione dell’equivalenza delle tutele in caso di diverso contratto. Tali linee guida contenute nel citato allegato I.01 del D.Lgs. n. 36/2023, di nuovo conio, vengono dunque richiamate anche nell’art. 11 del medesimo Codice;
– digitalizzazione delle procedure: si interviene per accelerare e semplificare l’alimentazione del fascicolo virtuale dell’operatore economico (“FVOE” – v. art. 24, comma 3, del Codice), per chiarire le regole sulla certificazione delle piattaforme (pubbliche o private) che consentono alle stazioni appaltanti di collegarsi alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (“BDNCP” – cfr. art. 26, commi 1 – 3, del Codice), per suddividere tra RUP e funzionari gli adempimenti da svolgere ai fini del caricamento dei dati sulla BDNCP e per semplificare il funzionamento del casellario informatico (v. art. 2, comma 1, dell’allegato I.2 del Codice);
– progettazione informatica e l’applicazione del c.d. “BIM”: viene innalzata la soglia da 1 milioni a 2 milioni di euro per l’obbligo di progettazione informatica decorrente a partire dal 1° gennaio 2025[25];
– qualificazione delle stazioni appaltanti: si dà avvio alla qualificazione delle stazioni appaltanti relativamente alla fase di esecuzione dei contratti pubblici, attraverso meccanismi incentivanti che puntano sulla formazione. In proposito, viene specificato che siffatta qualificazione opera anche per l’esecuzione, stabilendone i requisiti separatamente nell’allegato II.4 del Codice (art. 63, commi 2 e 8, del Codice) e viene altresì chiarito che i privati tenuti ad applicare il Codice dei contratti pubblici (per le opere di urbanizzazione a computo) non sono soggetti all’applicazione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti (v. art. 62, comma 17, del Codice);
– consorzi non necessari: si interviene sulla disciplina di qualificazione dei consorzi stabili relativamente agli affidamenti di lavori pubblici, con particolare attenzione alla risoluzione della annosa questione del c.d. “cumulo alla rinfusa”, oltre che, più in generale, sull’assetto dei requisiti richiesti e sui limiti stabiliti per la partecipazione in gara, nonché sulla indicazione delle consorziate esecutrici. Ciò al fine di specificare meglio le regole applicabili a questa categoria di operatori economici ed evitare così, sotto tali profili, incertezze e distorsioni nell’accesso e nell’esito delle procedure di affidamento (v. art. 67 del Codice);
– termini delle procedure di gara: per gli appalti di lavori, si forniscono precisazioni sui tempi di pubblicazione dei documenti gara (art. 17, comma 3 bis, dell’all. I.3 del Codice);
– affidamenti sotto soglia: si introducono una serie di modifiche e integrazioni atte a precisare (in senso restrittivo) i presupposti per la deroga al principio di rotazione (art. 49, comma 4, del Codice), chiarire che alla garanzia provvisoria e a quella definitiva non si applicano le riduzioni e gli aumenti previsti per gli affidamenti sopra soglia ai sensi degli artt. 106, comma 8, e 117, comma 2, del Codice (art. 53, comma 4 bis, del Codice), nonché prevedere la possibilità di riservare alle PMI la partecipazione a procedure di affidamento o l’esecuzione di appalti e concessioni (art. 61, comma 2 bis, del Codice);
– grave illecito professionale: vengono espressamente menzionate, tra le fattispecie rilevanti da valutare quali cause di esclusione non automatica dalla gara ai sensi dell’art. 95 del Codice, quelle attinenti all’applicazione di penali di misura pari o superiore al 2% dell’ammontare netto contrattuale (art. 98, comma 3, lett. c), del Codice);
– rating di impresa: viene abrogato l’art. 109 del Codice, recante la previsione del rating di impresa (v. artt. 109 e 222, comma 7, del Codice);
– qualificazione lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro: viene ridefinito l’assetto dei requisiti richiesti per gli affidamenti di lavori di importo pari o superiore a 20 milioni di euro, con richiesta di parametri economici e finanziari significativi e cifra affari in lavori pari a 2,5 volte l’importo dei lavori a base di gara (art. 103, comma 1, del Codice e art. 2, comma 6, dell’allegato II.12 del Codice);
– avvalimento: in caso di avvalimento c.d. “premiale” (ovverosia l’avvalimento finalizzato a migliorare l’offerta), si prevede il divieto di partecipare alla stessa gara per l’impresa ausiliaria e quella ausiliata, salvo dimostrazione in concreto dell’assenza di un unico centro decisionale (art. 104, comma 12, del Codice);
– criteri di aggiudicazione: si prevede che i bandi di gara possono stabilire criteri premiali per le imprese che hanno conseguito premi di accelerazione nell’esecuzione di precedenti contratti pubblici o hanno adempiuto correttamente agli impegni assunti negli accordi di collaborazione ex art. 82 bis Codice (art. 108, comma 7, del Codice);
– offerte in aumento: si introduce la possibilità di prevedere nei documenti di gara le offerte in aumento, individuandone i limiti di operatività (art. 70, comma 4, lett. f), del Codice);
– c.d. “stand still”: il termine minimo di legge per la stipula del contratto viene ridotto da 35 a 30 giorni, decorrenti dall’ultima comunicazione dell’aggiudicazione della gara (art. 18, comma 3, del Codice);
– c.d. “equo compenso”: vengono introdotte modifiche e integrazioni per superare le criticità concernenti l’applicazione dei principi del c.d. “equo compenso” di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49[26] e definire un regime speciale per il settore dei contratti pubblici, con applicazione dei suddetti principi in modo calibrato, attraverso la previsione di meccanismi differenziati per gli affidamenti diretti dei servizi di che trattasi (ovverosia quelli di importo inferiore a 140 mila euro – v. art. 41, comma 15 quater, del Codice) e per le altre tipologie di procedure di gara (art. 41, commi 15 bis, del Codice);
– revisione prezzi: si chiarisce l’applicazione del sistema revisionale ad oggi contemplato dal D.Lgs. n. 36/2023, specificando il riconoscimento dell’80% del valore eccedente la variazione del 5% dei prezzi (art. 60, comma 2, del Codice) e si individuano regole specifiche di attuazione per l’applicazione delle clausole di revisione prezzi per i contratti di lavori, servizi e forniture, da inserire anche nei subappalti e subcontratti, introducendo a tal fine un nuovo allegato (all. II.2 bis del Codice);
– accordo quadro: viene chiarito che, se in sede di stipula dei contratti attuativi non è possibile rinegoziare per garantire il principio di conservazione dell’equilibrio del contratto ex art. 9 Codice, l’appaltatore può invocare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 59, comma 5 bis, del Codice);
– accordo di collaborazione: viene introdotta la possibilità – da inserire nei documenti di gara – che le stazioni appaltanti, i contraenti e gli altri soggetti pubblici e/o privati coinvolti in modo significativo nella realizzazione del contratto (subappaltatori, subaffidatari, fornitori, PP.AA. che partecipano alla fase approvativa di un’opera, etc.) stipulino un accordo plurilaterale che non integra il contratto di appalto o subappalto, ma regola in modo più ampio le interrelazioni tra tali soggetti, promuovendo la responsabilizzazione di tutti i predetti soggetti coinvolti e agevola il perseguimento di obiettivi anche collaterali , come la tutela delle PMI. Viene altresì inserito, all’uopo, un nuovo allegato del Codice (cfr. art. 82 bis del Codice e allegato II.6 bis del Codice);
– garanzie: si inseriscono talune precisazioni che riguardano la possibilità di cumulare le riduzioni degli importi delle garanzie previste dalla legge (art. 106, comma 8, del Codice);
– subappalto: si introduce una quota di subappalto pari al 20% dedicata alle PMI (art. 119, comma 2, del Codice), si specifica l’apertura alle equivalenze delle tutele dei lavoratori anche per i subappalti e i subcontratti (art. 119, comma 12, del Codice), viene prevista l’applicazione delle clausole di revisione prezzi anche per i contratti di subappalto (art. 119, comma 2 bis, del Codice e all. II.2 bis del Codice) e si forniscono precisazioni sull’utilizzo del Certificati di Esecuzione dei Lavori (“CEL”) per le prestazioni di subappalto ai fini della qualificazione SOA (art. 119, comma 20, del Codice);
– fase di esecuzione dei contratti: si introducono modifiche e precisazioni in tema di modifiche del contratto, precisando il perimetro di applicazione delle c.d. “varianti in corso d’opera” e degli errori progettuali (v. artt. 41, comma 8 bis, e 120, commi 1, lett. c), 15 bis, 15 ter e 14 quater, del Codice), anticipazione del prezzo, modulandola in funzione del valore del contratto e della tipologia delle prestazioni (v. art. 125 del Codice), premi di accelerazione e penali (rendendo obbligatori i primi in caso di lavori e incrementando le percentuali delle seconde – v. art. 126, commi 1, 2 e 2 bis, del Codice), risoluzione del contratto, rinforzando le ipotesi di risoluzione per motivi di ordine pubblico (art. 122, comma 2, lett. b bis), del Codice) e Certificato di Esecuzione dei Lavori (“CEL”), specificando che tale documento deve essere rilasciato del RUP entro 30 giorni (cfr. art. 8 dell’all. I.2 del Codice);
– Collegi Consultivi Tecnici: si ridefinisce e specifica il perimetro di applicazione e oggettiva dell’istituto del CCT, tra l’altro, escludendo l’obbligo di costituirli in caso di contratti di servizi e forniture, ampliandone i margini di intervento con determinazioni o pareri obbligatori anche in caso di varianti e riserve, circoscrivendo le ipotesi di dimissioni e revoca dei componenti e fissando un tetto massimo ai compensi (v. artt. 215, comma 1, 216, comma 1, 219, comma 1 bis, e 225, comma 3 bis, del Codice). Viene sostituito, allo scopo il testo dell’allegato V.2 del Codice;
– settori speciali: si interviene con una serie di allineamenti e presidi tesi ad assicurare l’applicazione di determinati istituti anche ai settori speciali, quali la garanzia provvisoria e quella definitiva, l’anticipazione del prezzo, i limiti di applicazione delle varianti, il collaudo, i CCT (art. 141, comma 3, del Codice);
– project financing: per dare attuazione agli impegni assunti con il PNRR viene riformata la disciplina relativa all’affidamento del project financing di lavori e servizi, sostituendo il testo dell’art. 193 Codice e prevedendo, tra l’altro, la reintroduzione del project financing a iniziativa pubblica (v. art. 193, commi 1, 16 e 17, del Codice), regole specifiche per la redazione del PFTE nell’ambito del project financing (art. 6 bis dell’all. I.7 del Codice) e ulteriori modifiche e precisazioni riferite al project financing a iniziativa privata, caratterizzate da una diversa regolamentazione e articolazione della relativa procedura, tesa tra l’altro a rinforzare i presidi di evidenza pubblica (art. 193 commi 3 – 7, 9 – 10, 12, 13 e 15, del Codice);
– regolamenti di attuazione del Codice: si introduce l’art. 226 bis del Codice per definire misure di semplificazione normativa ai fini dell’attuazione del Codice medesimo, prevedendo tra l’altro l’emanazione di uno o più regolamenti per sostituirne gli allegati, mediante adozione di D.P.R. (es. all. I.3, II.12 del Codice), D.M. (es. all. I.01, I.7, II.2 del Codice) e D.M. del M.I.T. (es. all. I.14, II.14 del Codice).
4. Riflessioni conclusive
È certamente condivisibile e apprezzabile l’intento del legislatore di tener fede ai propositi della legge delega n. 78/2022 in ordine ai contenuti di un decreto correttivo del D.Lgs. n. 36/2023, mettendo mano alle norme vigenti con modifiche puntuali da attuare nel rispetto dell’impianto e dell’approccio conferiti alle regole introdotte nel 2023.
Come dianzi ricordato, oggi più che mai abbiamo bisogno di conoscere, applicare e sedimentare le norme del settore e di testarne i contenuti, la tenuta e l’efficacia sul lungo periodo, conferendo maggiore solidità e continuità alla normativa dei contratti pubblici.
Le modifiche e integrazioni che il decreto Correttivo si accinge a introdurre – per quanto ancora suscettibili di margini di miglioramento e perfezionamento e non del tutto esenti da alcune critiche e perplessità – costituiscono oggi un utile avanzamento nella direzione tracciata dal legislatore negli ultimi anni.
Resta ad ogni modo necessario, nell’ottica della migliore attuazione di regole e riforme nel settore qui in argomento, un importante cambio di approccio e di visione, un salto culturale epocale e al contempo quotidiano, che abbisogna in primo luogo di amministrazioni e imprese formate e costantemente aggiornate, in modo da essere preparate e proattive di fronte alle sfide sempre più pressanti e complesse che le commesse pubbliche presentano ogni giorno.
La competenza e la qualificazione di amministrazioni e imprese restano un passaggio determinante per operare bene e permettere ai RUP, ai progettisti e agli altri funzionari di programmare, dirigere e gestire in modo preparato ed efficace le commesse e favorire così, a tutti gli effetti, la realizzazione di contratti sostenibili produttivi.
Ciò che sino ad oggi abbiamo vissuto come un quadro frammentato e indaginoso di presidi, soggetti e competenze, deve divenire gradualmente una rete virtuosa e organizzata di sinergie, a supporto di qualità e solidità dei risultati. In tal senso, è preciso compito di tutti, ciascuno per quanto di propria competenza, orientare i processi e la cooperazione in modo positivo e produttivo, applicando in modo organico e uniforme le regole e definendo in concreto meccanismi osmotici e complementari, coerenti nella relazione di tutti gli elementi che li compongono.
Le imprese devono poter fare affidamento sulla fiducia della P.A., in ossequio al citato principio sancito dall’art. 2 del D.Lgs. n. 36/2023, e devono al contempo approntare organizzazione, mezzi e risorse qualificati e adeguati, avanzando in gara proposte congrue, attendibili ed efficaci.
Le amministrazioni, a loro volta, devono assicurare la propria fiducia alle imprese e ai propri funzionari. Ma per fare questo, evidentemente, servono una solida competenza e una formazione continua, quali premesse ineludibili di tale fiducia e presidi irrinunciabili per una buona programmazione, progettazione e realizzazione delle commesse.
Sono questi, infatti, i principali fattori che condizionano non soltanto la attendibilità dei risultati delle procedure di affidamento ma anche, e soprattutto, i tempi di esecuzione della commessa e, su tutti, i margini di rischio del contratto in termini di sospensioni, varianti e contestazioni dell’impresa in fase di realizzazione degli appalti.
I RUP devono poter esercitare al meglio la discrezionalità e le responsabilità richieste dal Codice, in coerenza con i principi di risultato e della fiducia, dialogando in modo legittimo, trasparente e costruttivo con gli operatori economici.
Per lungo tempo lo Stato si è sovente limitato a svolgere un ruolo da mero banditore, sottovalutando gli aspetti gestionali e operativi di procedure e atti che, seppur legittimi, si sono spesso dimostrati poco attenti alla utilità, alla concretezza e alla produttività dei contratti. In questo scenario, la fiducia nella responsabilità e nella discrezionalità di amministrazioni preparate può dare campo a idee e progettualità le quali, se ben istruite e definite, sono in grado di incrementare il livello delle soluzioni e dei risultati.
Senza dubbio, questi sono avanzamenti cruciali per lo sviluppo del settore delle infrastrutture e dei contratti pubblici, da accompagnare e sostenere con un grande senso della legalità e una importante e adeguata applicazione, programmazione e responsabilità. Ma ciò non basta: occorre anche una buona dose di iniziativa e di coraggio. Non è un passaggio secondario, né scontato, ma resta un fattore significativo, se vogliamo cogliere davvero, e in concreto, le grandi opportunità offerte da questa nuova stagione legislativa ed economica.
A questo proposito, tornano alla mente le parole di Benazir Bhutto – la prima donna che ha ricoperto la carica di primo ministro del Pakistan e, più in generale, di un Paese musulmano – quando affermava, con uno sguardo straordinariamente coraggioso e propositivo sul futuro, che “le navi nel porto sono al sicuro, ma non è per questo che sono state costruite”.
NOTE
[1] Cfr. la legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, il cui art. 1, comma 4, prevede che “Entro due anni dalla data di entrata in vigore (…), il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi di cui al presente articolo”.
[2] V. art. 25, commi 1 – 3, della legge delega n. 62/2005, cui hanno fatto seguito ben tre di decreti correttivi:
il D.Lgs. 26 gennaio 2007, n. 6 recante “Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62”;
il D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113, recante “Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62”;
il D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152, recante “Ulteriori disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a norma dell’articolo 25, comma 3, della legge 18 aprile 2005, n. 62”.
[3] Cfr. art. 1, comma 8, della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11, cui ha fatto seguito il D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.
[4] La relazione illustrativa dello schema di decreto Correttivo qui in esame chiarisce sul punto (v. pp. 1 – 2) che “Lo schema di decreto de quo, è, dunque, in primis, uno strumento di ulteriore razionalizzazione e semplificazione della disciplina recata dal vigente codice dei contratti pubblici, che tiene conto delle principali esigenze rappresentate dagli stakeholders del settore, nonché delle richieste, presentate in sede europea, di modifica e integrazione di taluni istituti giuridici introdotti, al fine sia di scongiurare sia l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea sia di risolvere quelle eventualmente già in essere.
A ciò si aggiunga che il correttivo intende recepire le principali affermazioni giurisprudenziali formatisi all’indomani dell’acquisto di efficacia del vigente codice – assicurando, in tal modo, una uniforme applicazione di tali principi – , soprattutto relativamente ad alcune aree tematiche ed applicative particolarmente rilevanti, quali ad esempio, la “revisione prezzi”, il concetto di “equivalenza”, riferito alle tutele in materia di contratti collettivi nazionali di lavoro, il principio dell’equo compenso, così come operante nell’ambito degli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura.
In tale ottica, le nuove previsioni introdotte, intervenendo peraltro su criticità sollevate dalla stessa Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), hanno tenuto in considerazione i primi orientamenti della giurisprudenza civile e amministrativa formatisi in materia, consentendo così il formarsi e l’avvio di virtuose e via via consolidate prassi operative.
Le modifiche e le integrazioni in esso contenute sono comunque mirate a perfezionare l’impianto normativo del Codice, senza volerne stravolgere lo spirito e l’impostazione, con lo scopo di migliorarne l’omogeneità, la chiarezza e l’adeguatezza in modo da perseguire efficacemente l’obiettivo dello sviluppo del settore, nell’ottica di promuovere il principio del risultato e della fiducia tra pubbliche amministrazioni e operatori economici, inserito nel Libro I quale assoluto elemento di novità rispetto alla previgente disciplina.
Il provvedimento in parola si pone dunque in linea di continuità con il Codice, nell’impostazione di fondo, nell’architettura delle regole e delle procedure, che sono state ulteriormente rafforzate con tasselli ritenuti necessari in ragione di quanto emerso nella prassi applicativa”.
[5] In tema, ex multis, si veda Consiglio di Stato, sez. V, 13 settembre 2024, n. 7571. Segnatamente, con tale pronuncia il Supremo Consesso ha chiarito che “L’art. 1, d.lgs. n. 36 del 2023 che ha codificato il principio del risultato è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri.
Tale articolo, collocato in apertura della disciplina del nuovo codice, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza
Si tratta pertanto di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto (Cons. Stato, sez. V, n. 1924 del 2024 cit.)
Il principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della P.A., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.
Tale fiducia, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento (Tar Campania Napoli, sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959).
Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo (Cons. Stato, sez. V, n. 1294 del 2024; Cons. Stato, sez. VII, n. 5789 del 2024 …)”.
[6] V. S. Cassese, Giannini e la preparazione della Costituzione, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, n. 3/2015, Giuffrè Editore.
[7] V. art. 18 della Legge 19 marzo 1990, n. 55, recante “Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale”, successivamente abrogato dal D.Lgs. 12aprile 2006, n. 163, recante il primo codice unitario in materia di contratti pubblici, a sua volta poi abrogato dal previgente Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
Segnatamente, il citato art. 18 della legge n. 55/1990, al comma 3, prevedeva che “Il soggetto appaltante è tenuto ad indicare nel progetto e nel bando di gara la categoria [o le categorie prevalenti] con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch’esse con il relativo importo. Tutte le lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo, ferme restando le vigenti disposizioni che prevedono per particolari ipotesi il divieto di affidamento in subappalto. Per quanto riguarda la categoria o le categorie prevalenti, con regolamento emanato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è definita la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al 30 per cento. (…)”.
[8] V. la legge 31 maggio 1965, n. 575, recante “Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere”, poi abrogata e sostituita dal D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il c.d. “Codice Antimafia”.
[9] Cfr. la legge 13 settembre 1982, n. 646, recante “Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia”.
Nella specie, l’art. 21, comma 1, della legge n. 646/1982, stabilisce che “Chiunque, avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l’autorizzazione dell’autorità competente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore ad un terzo del valore dell’opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto.
Nei confronti del subappaltatore e dell’affidatario del cottimo si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa pari ad un terzo del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo. È data all’amministrazione appaltante la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto”.
[10] V. Lettera della Commissione UE del 24 gennaio 2019, avente ad oggetto la costituzione in mora del Governo Italiano “(…) sulla mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici, vale a dire la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione , la direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali” (“Costituzione in mora – Infrazione n. 2018/2273”).
Con particolare riferimento alla mancata difformità delle norme interne in materia di subappalto dei contratti pubblici rispetto ai principi eurounitari di cui sopra, v. Corte di Giustizia UE, sez. V, 27 settembre 2019, causa C-63/18; id., sez. V, 27 novembre 2019, causa C-402/18.
A seguito di tali rilievi e pronunce, si è imposta la disapplicazione dei limiti quantitativi generali e astratti posti in materia dalle previsioni di cui all’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016, allora vigente, tenuto conto che, come accertato in più occasioni, “Le statuizioni interpretative della Corte di giustizia delle comunità europee hanno, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili, operatività immediata negli ordinamenti interni” (Corte Cost., sentenze n. 210 del 29 ottobre 2015, n. 41 del 7 febbraio 2000, n. 384 del 10 novembre 1994, n. 132 del 16 marzo 1990, n. 389/1989, n. 113/1985) e tali sentenze hanno efficacia ultra partes, con “(…) valore di ulteriore fonte di diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, in quanto ne indicano il significato e limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità” (così Cassazione, sez. I, 26 aprile 2022, n. 13066; v. anche Cassazione, sez. V, 11 dicembre 2012, n. 22577; id., 2 marzo 2005, n. 4466; id., 30 aprile 2004, n. 17350; Consiglio di Stato, sez. V, 3 gennaio 2023, n. 69).
Ciò posto, il legislatore italiano è corso ai ripari mettendo mano alla riforma della disciplina del subappalto di cui al citato art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016, per mezzo dell’art. 49 del art. 49 D.L. 31 maggio 2021, n. 77, conv. con mod. in legge 29 luglio 2021, n. 108, recante la “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”.
Sul tema, v. G.F. Maiellaro, Le novità in materia di subappalto dei contratti pubblici, Appalti & Contratti n. 12 del 2021, Maggioli Editore; G.F. Maiellaro, I. Picardi, Il limite di legge al subappalto dei contratti pubblici, Rivista Trimestrale degli Appalti n. 2 del 2021, Maggioli Editore; G.F. Maiellaro, I. Picardi, Il limite al subappalto nella tempesta perfetta, tra giurisprudenza e “Milleproroghe”, Appalti & Contratti n. 1 – 2 del 2021, Maggioli Editore.
[11] Cfr. R.D. 18 novembre 1923, n. 2240 (recante “Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato”) e R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (recante “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”).
[12] Il 17 luglio 1683, l’architetto Sébastien Le Prestre, Marchese di Vauban (Maresciallo di Francia 1633-1707) scrisse una lettera al ministro della Guerra François Michel Le Tellier, Marchese di Louvois (1641-1691), lamentando l’eccessivo ricorso al solo criterio del prezzo più basso per l’assegnazione delle commesse di lavori pubblici alle imprese, a discapito della qualità delle opere e del risultato finale.
Ecco il testo della lettera qui richiamata:
“Eccellenza Ministro della Guerra,
abbiamo opere di costruzione che trasciniamo da anni non mai terminate e che forse terminate non saranno mai.
Questo succede, Eccellenza, per la confusione causata dai frequenti ribassi che si apportano nelle opere Vostre, poiché va certo che tutte le rotture di contratti, così come i mancamenti di parola ed il ripetersi degli appalti, ad altro non servono che ad attirarVi quali Impresari tutti i miserabili che non sanno dove batter del capo ed i bricconi e gli ignoranti, facendo al tempo medesimo fuggire da Voi quanti hanno i mezzi e la capacità per condurre un’impresa. E dirò inoltre che tali ribassi ritardano e rincarano considerevolmente i lavori, i quali ognora più scadenti diverranno.
E dirò pure che le economie realizzate con tali ribassi e sconti cotanto accanitamente ricercati, saranno immaginarie, giacché similmente avviene per un impresario che perde quanto per un individuo che si annoia: s’attacca egli a tutto ciò che può, ed attaccarsi a tutto ciò che si può, in materia di costruzioni, significa non pagare i mercanti che fornirono i materiali, compensare malamente i propri operai, imbrogliare quanta più gente si può, avere la mano d’opera più scadente, come quella che a minor prezzo si dona, adoperare i materiali peggiori, trovare cavilli in ogni cosa e leggere la vita ora di questo ora di quello.
Ecco dunque quanto basta, Eccellenza, perché vediate l’errore di questo Vostro sistema; abbandonatelo quindi in nome di Dio; ristabilite la fiducia, pagate il giusto prezzo dei lavori, non rifiutate un onesto compenso a un imprenditore che compirà il suo dovere, sarà sempre questo l’affare migliore che Voi potrete fare.
Architetto Marchese di Vauban
Parigi, il 17 luglio del 1683”.
[13] V. pp. 1 – 2 della Relazione illustrativa citata.
[14] In particolare, il decreto Correttivo modifica le seguenti norme del D.Lgs. n. 36/2023: artt. 11, 17, 18, 19, 23, 24, 26, 38, 41, 43, 44, 49, 53, 57, 59, 60, 61,62, 63, 67, 70, 98, 99, 100, 122, 123, 125, 126, 141, 147, 162, 169, 172, 174, 175, 177, 192, 197, 201, 202, 209, 215, 216, 217, 219, 221, 222, 223, 225.
[15] Il decreto Correttivo sostituisce il testo dell’art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023.
[16] Con il decreto Correttivo in esame vengono inseriti i seguenti articoli del D.Lgs. n. 36/2023: artt. 82 bis, 225 bis, 226 bis Codice.
[17] Il decreto Correttivo abroga l’art. 109 del D.Lgs. n. 36/2023.
[18] Con il decreto Correttivo suddetto vengono soppresse o abrogate parti dei seguenti 30 articoli del D.Lgs. n. 36/2023: artt. 15 c. 5 ult. periodo, 17 c. 3 ult. periodo, 18 c. 10 terzo periodo, 37 c. 7, 40 c. 2, 41 c. 2 secondo periodo c. 4 secondo periodo, comma 13 quarto periodo, comma 15 terzo periodo, 43 c. 5, 45 c. 1 ult. periodo, 47 c. 4 ult. periodo, 50 c. 3, 54 c. 3, 62 c. 3 ult. periodo, 70 c. 3 lett. a) n. 4 ult. periodo, 71 c. 5, 84 c. 1 ult. periodo, 89 c. 2 ult. periodo, art. 100 c. 3 ult. periodo c. 4 ult. periodo, 105 c. 1 ult. periodo, 106 c. 8 ult. periodo, 114 c. 5 ult. periodo, 116 c. 11 quarto periodo, 120 c. 14 terzo periodo, 131 c. 6 ult. periodo, 133 c. 1 ult. periodo, 135 c. 3, 136 c. 4 ult. periodo, 182 c. 2 ult. periodo, 213 c. 15 ult. periodo, 215 c. 1 ult. periodo, 221 c. 1 ult. periodo.
[19] Il decreto Correttivo modifica i seguenti 18 allegati del D.Lgs. n. 36/2023: all. I.1, I.2, I.3, I.5, I.7, I.8, I.10, I.11, I.13, I.14, II.2, II.3, II.4, II.10, II.12, II.14, II.18, V.3.
[20] Con il decreto Correttivo suddetto vengono inseriti i seguenti 3 nuovi allegati: all. I.01, II.2 bis, II.6 bis.
[21] Il decreto Correttivo sostituisce il testo dell’all. V.2 del D.Lgs. n. 36/2023.
[22] V. audizione dell’ANAC in data 26 novembre 2024 presso il Senato della Repubblica.
[23] V. Parere del Consiglio di Stato in data 2 dicembre 2024, n. 01463/2024.
[24] Cfr. parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni del 3 dicembre 2024 n. 153/CU.
[25] Con il D.M. del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 1° dicembre 2017, n. 560, sono state introdotte norme su modalità e tempi di progressiva introduzione di metodi e strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture, nelle fasi di progettazione, costruzione e gestione delle opere e relative verifiche. Le modalità e i tempi di introduzione di tali nuove regole sono stati riformulati con D.M. del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (oggi denominato nuovamente Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ) 2 agosto 2021, n. 312.
Al riguardo, l’attuale art. 43, comma 1, del Codice stabilisce che “A decorrere dall’1 gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro. La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei suddetti metodi e strumenti di gestione informativa digitale”.
[26] Come noto, la legge n. 49/2023 ha introdotto “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”, stabilendo tra l’altro, agli artt. 1 e 2, l’obbligo del rispetto dei Decreti Ministeriali sui compensi minimi da corrispondere ai professionisti iscritti agli ordini e collegi per le prestazioni rese in favore della P.A. ai sensi dell’art. 9 del DL 24 gennaio 2012, n. 1, conv. con mod. dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (per l’affidamento dei Servizi di Ingegneria e Architettura si veda il D.M. del ministero della Giustizia 17 giugno 2016.
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