1. La scelta discrezionale della stazione appaltante in ordine all’oggetto del contratto sfugge al sindacato di merito del giudice amministrativo, pena l’indebita ingerenza dello stesso nell’agere pubblico, con conseguente complessiva inammissibilità del ricorso. Ciò trova conferma in quell’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui «La determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l’Amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto e all’esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi» (così Consiglio di Stato sez. III, 31/03/2020, n. 2186; cfr. anche sez. V, 04/11/2022, n. 9693; 20.06.2022, n. 5034).
2. Con riferimento all’intervento ad opponendum, se è vero che l’interveniente non può vantare una posizione di contro-interesse rispetto alle impugnazioni proposte dalla ricorrente, è, altrettanto vero che, per giurisprudenza consolidata, anche di questo Tribunale, nel giudizio amministrativo, l’ammissibilità del c.d. intervento adesivo dipendente ad adiuvandum vel opponendum, è condizionata alla sussistenza di un interesse anche di fatto, dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, ovvero sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consenta – come nel caso in esame – di ritrarre un vantaggio anche indiretto e riflesso della reiezione del ricorso (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 08/04/2022, n. 4193).
3. L’impresa che intende sostenere la conformità delle soluzioni proposte alle prestazioni e ai requisiti funzionali previsti dell’amministrazione aggiudicatrice ovvero la conformità, per equivalente, ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche di cui alla legge di gara, non deve impugnare i relativi atti di indizione ove la c.d. clausola di equivalenza non sia prevista, ma in considerazione dell’immanente operatività della stessa può partecipare alla gara dimostrando, in sede procedimentale, la propria capacità di fornire prestazioni effettivamente equivalenti a quelle richieste dall’amministrazione.
Pubblicato il 10/03/2023
N. 04169/2023 REG.PROV.COLL.
N. 13236/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 13236 del 2022, proposto dalla società La Tecnica di Omissis e F.lli S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Daniele Caneva, Cristiano Antonini e Simone D’Eramo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Cultura, in persona del Ministro p.t., Archivio Centrale dello Stato, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l’intervento di
ad opponendum:
società Omissis S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Niccolò Travia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Viminale 43;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia:
– di atti tutti relativi alla procedura di gara indetta dall’Archivio Centrale dello Stato con determina dirigenziale a contrarre n. 70/A/2022 del 6 ottobre 2022, per la “fornitura e installazione di n. 9 dispositivi di conservazione a controllo e mantenimento delle condizioni di preservazione antideterioramento e di protezione e sicurezza a contenitori mobili”, presso l’Archivio centrale dello Stato, Piazzale degli Archivi, n. 27 in Roma, identificata dai seguenti codici: CPV: 35110000 – 8 Attrezzature antincendio, di salvataggio e di sicurezza; CIG: 9435602916; CUP: F89J22001560001 di cui all’avviso pubblicato il 7 ottobre 2022 sulla piattaforma www.acquistinretepa.it;
– del relativo avviso, dell’eventuale bando di gara, del Disciplinare di Gara con i relativi allegati e del Capitolato Tecnico con i relativi allegati;
– di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, ivi inclusa la determina dell’Archivio Centrale dello Stato n. 70/A/2022 del 6 ottobre 2022 (atto non noto, ma menzionato nel Disciplinare di gara);
nonché, per l’integrale rinnovazione della procedura di gara;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura e dell’Archivio di Stato di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 la dott.ssa Roberta Mazzulla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato in data 7.11.2022 e depositato in data 9.11.2022, la società ricorrente ha impugnato la determina a contrarre n. 70/A/2022 del 6 ottobre 2022 nonché l’avviso pubblico, il Disciplinare di gara nonché il Capitolato tecnico, relativi all’indizione di una procedura di gara aperta, da svolgersi ex art. 58 D.lgs. n. 50/2016, attraverso piattaforme telematiche di negoziazione per l’affidamento di una “fornitura e installazione”, presso l’Archivio Centrale dello Stato, “di n. 9 dispositivi di conservazione a controllo e mantenimento delle condizioni di preservazione antideterioramento e di protezione e sicurezza a contenitori mobili”, con un importo a base d’asta di € 1.946.000,00.
1.2 Avverso gli atti in questione la ricorrente, secondo cui gli atti di gara presenterebbero “prescrizioni prive di un reale fondamento tecnico”, tali da precluderle la possibilità di presentare un’offerta “suscettibile di non essere esclusa de plano”, ha proposto i motivi di diritto appresso sintetizzati e raggruppati per censure omogenee.
– “Eccesso di potere per travisamento del fatto, illogicità manifesta. Eccesso di potere per difetto di presupposto e di istruttoria. Violazione del principio di massima partecipazione. Violazione e/o falsa applicazione del D.M. 30/11/1983”;
La Stazione appaltante avrebbe assegnato alla procedura di gara una classificazione corrispondente al codice n. 35110000-8, identificativo delle “attrezzature antincendio, di salvataggio e di sicurezza”.
Tuttavia, tale codice non corrisponderebbe né con l’”oggetto della fornitura” né con le finalità sottese alla gara, consistenti, a detta della ricorrente, nella dotazione della p.a. di un “sistema di archiviazione compattabile”, ovvero di una “scaffalatura mobile” (funzione primaria), avente lo scopo di “custodia” del relativo contenuto, con caratteristiche sì antincendio (funzione secondaria) ma strumentali, in via principale, a ridurre il carico di incendio del materiale stoccato (ovvero evitare che questo contribuisca ad alimentare l’incendio che potrebbe dipanarsi nell’ambiente esterno) e, soltanto in via secondaria, a proteggere il relativo contenuto.
Sicché la p.a. avrebbe dovuto utilizzare il codice corrispondente alle scaffalature mobili (39152000-2) ovvero ai sistemi di archiviazione (39132000-6), solitamente utilizzati in procedure di oggetto comparabile, a cui la ricorrente è abilitata a partecipare nell’ambito delle varie piattaforme telematiche, per come, del resto, sarebbe palesato dalla stessa normativa citata negli atti di gara, relativa ai criteri minimi per la fornitura ed il servizio di “arredi per interni” e non già per i “dispositivi antincendio”.
Più precisamente, ad avviso della ricorrente, tale sistema di archiviazione non rientrerebbe:
– né tra i “mezzi antincendio” di cui al D.M. 30.11.1983 (cd. normativa antincendio), essendo qualificabili come tali gli estintori, gli idranti, i naspi (ossia le manichette avvolgibili), gli impianti automatici di rivelazione d’incendio ovvero gli impianti fissi di estinzione;
– né tra le “attrezzature di salvataggio”, consistenti, esclusivamente, in dispositivi idonei al salvataggio di persone che versino in situazioni di pericolo (mezzi galleggianti, martelli di sicurezza, attrezzature idonee a tagliare, piegare, tirare, spostare e sollevare pesi, generalmente in uso ai Vigili del Fuoco);
– né, tantomeno, nelle “attrezzature di sicurezza”, tra cui sarebbero annoverabili i dispositivi di protezione individuale (DPI) o collettivi destinati a essere indossati o utilizzati da una persona allo scopo di proteggersi contro i rischi per la salute ovvero sistemi/dispositivi per il rilevamento di esplosivi, scanner di sicurezza.
– “Violazione di legge: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 68 e 83, comma 6, D.Lgs. 50/2016. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Eccesso di potere per travisamento del fatto e difetto di presupposto. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste. Violazione dei principi di equivalenza, di non discriminazione e di parità di trattamento. Violazione e/o falsa applicazione della circolare del Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile REGISTRO UFFICIALE.U.0005014 del 05/04/2019”;
La suddetta erronea classificazione dell’oggetto della fornitura avrebbe fuorviato la p.a.:
– nella previsione dei cd. requisiti di capacità tecnica e professionale, condizionanti l’ammissione alla gara, di fatto rivelatisi privi di una reale giustificazione;
– nonché nell’indicazione delle caratteristiche funzionali del prodotto, per come desumibili dall’art. 5.4 del Capitolato Tecnico, dettate in applicazione di norme tecniche non pertinenti, così imponendo prescrizioni illegittimamente escludenti, avuto riguardo alla società ricorrente, e, quindi, lesivi del confronto concorrenziale, tanto più in assenza di una previsione di “equivalenza”, che avrebbe alterato la concorrenza.
In particolare, il Capitolato Tecnico prescriverebbe talune caratteristiche tecniche del prodotto oggetto della fornitura non soltanto incoerenti con gli obiettivi da raggiungere, ma anche così stringenti da non consentire la partecipazione della ricorrente, a risultato prestazionale “equivalente” a quello che, secondo l’impostazione ricorsuale, sarebbe l’oggetto di gara, ovvero sistema di archiviazione con funzione secondaria antincendio.
Tra le prescrizioni in parola, sono state censurate le seguenti:
“a) requisiti dimensionali del prodotto”: guarnizioni intumescenti sulle giunzioni (ovvero di un prodotto che produce schiuma protettiva sulla sua superficie in caso di incendio), diametro minimo dell’albero di trasmissione, indicazione di un range di spessore massimo delle pareti coibentate e diametro minimo ruote di movimentazione, pur posseduti “dal sistema commercializzato da altri operatori economici”.
Si tratterebbe di prescrizioni tecniche di dettaglio, per un verso, illegittime in quanto non consentirebbero la fornitura di sistemi di contenimento equivalenti, dal punto di vista prestazionale/funzionale, con conseguente restringimento indebito della concorrenza – il prodotto brevettato dalla ricorrente utilizzerebbe una soluzione tecnica differente rispetto a quella indicata nel Capitolato, ovvero guarnizioni non già “intumescenti” bensì ignifughe, associate ad un particolare sistema di sovrapposizione e posizionamento delle scaffalature – e, per altro verso, irragionevoli in quanto inidonee a garantire il miglioramento delle prestazioni del prodotto ovvero i livelli qualitativi dello stesso ed anzi sarebbero controproducenti rispetto alla finalità di archiviazione del contenuto.
– “b) Requisiti concernenti la microventilazione e la tenuta dei fumi in caso di incendio”;
Non sarebbe tecnicamente praticabile il requisito imposto dal Capitolato Tecnico, secondo cui i contenitori dovrebbero possedere un sistema sia di “micro-ventilazione”, idoneo a garantire il continuo passaggio dell’aria tra ambiente esterno ed interno all’archivio, che di “sigillatura”, capace di evitare la dispersione di fumi in caso di incendio. Tali caratteristiche, a detta della ricorrente, non sarebbero praticabili in quanto volte a soddisfare esigente inconciliabili.
Anche la richiesta di un dispositivo di guarnizioni di contenimento della dispersione dei fumi testato alla tenuta delle pressioni come per le porte tagliafuoco, secondo la normativa UNI EN 1634-3:2005, giustificato dall’amministrazione in ragione dell’esigenza di assicurare la chiusura e separazione tra il comparto interno al contenitore e quello dell’ambiente esterno, ove il dispositivo è installato, sarebbe:
– incoerente con lo scopo della fornitura, giacché l’archivio non avrebbe la funzione di bloccare i fumi/gas, posto che l’incendio non si svilupperebbe mai all’interno dello stesso bensì all’esterno;
– trascurerebbe l’accertamento del requisito più pertinente alla funzione del contenitore, ovvero quello della ermeticità (E) e dell’isolamento termico (E1), per come prescritto dal Ministero dell’Interno, Dipartimento di Vigili del Fuoco, con la circolare n. 5014 del 5.04.2019.
– “c) Capacità di preservazione nel tempo del materiale conservato”;
– “d) Capacità di protezione del contenuto in caso di incendio”;
Il test dimostrativo della capacità di preservazione nel tempo del materiale custodito nei compattatori che ciascun concorrente avrebbe dovuto presentare, quale condizione per la partecipazione alla gara, utilizzerebbe parametri, quali l’umidità e la temperatura, differenti da quelli prescritti dalla normativa di riferimento, relativa alla conservazione dei beni di interesse storico/culturale (UNI 10829 del luglio 1999) e, comunque, non sarebbero ritenuti non rappresentativi della capacità in parola, anche in ragione dell’impossibilità di replicare le condizioni ambientali di riferimento.
In ogni caso, le suddette esigenze di conservazione non potrebbero essere soddisfatte mediante la semplice micro-ventilazione, necessitando di un sistema di controllo ambientale più complesso, incompatibile con la funzionalità antincendio del contenitore, per la realizzazione della quale sarebbe necessaria segregazione del contenuto dall’ambiente circostante.
In altri termini, ad avviso della ricorrente, non sarebbe tecnicamente possibile coniugare l’esigenza di diminuire gli effetti di un incendio, proveniente dall’ambiente esterno a quello ove è ubicato il contenitore (ovvero sottrarre parte del materiale custodito alla combustione, così evitando che quest’ultima venga ulteriormente alimentata), con quella di preservarne, anche in caso di incendio, il relativo contenuto.
– “e) La prestazione deve essere garantita anche per distanze dei giunti di almeno 2 cm per simulare un non perfetto accostamento”;
Tale prescrizione tecnica, basata su guarnizioni di tipo espandente, sarebbe surrogabile con sistemi alternativi, quali quelli praticati dalla società ricorrente, idonei a garantire il medesimo risultato di custodia del contenuto e riduzione del carico, in caso di incendio.
– “II.6) Specifiche sui rapporti di prova da presentare”;
I doppi rapporti di prova di resistenza al fuoco che ciascun concorrente avrebbe dovuto allegare alla domanda, a pena di ammissibilità dell’offerta, sarebbero ultronei oltre ad essere condizionati da prescrizioni, quanto alle caratteristiche di prova di resistenza dell’archivio, non proporzionate con l’obiettivo da realizzare, per come ricostruito dalla ricorrente, e non conformi alla normativa di settore (circolare Ministeriale sopra citata).
2. Il Ministero della Cultura si è costituito con memoria di mera forma, all’uopo rinviando alle documentate deduzioni difensive dell’Ufficio.
3. La società Omissis s.r.l., interveniente ad opponendum, quale partecipante alla procedura di gara in contestazione, ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto plurimi profili:
a) per non avere la ricorrente impugnato espressamente i requisiti di capacità tecnico-professionale previsti nella Determina a contrarre n. 70/A/2022 del 6.10.2022, riportati anche all’art. 4 del Capitolato Tecnico, secondo cui ciascun partecipante avrebbe dovuto dimostrare di aver già svolto forniture dello stesso sistema richiesto e offerto;
b) in quanto gli atti di gara non avrebbero alcuna effettiva portata immediatamente escludente.
La ricorrente avrebbe, infatti, potuto – rectius dovuto – partecipare alla gara, alla quale sarebbe stata ammessa dalla stazione appaltante, previa dimostrazione dell’”equivalenza” delle prestazioni offerte, quale clausola immanente nel sistema degli appalti, per come ritenuto dalla più recente e condivisibile giurisprudenza, ovvero, seconda altra giurisprudenza, previa declaratoria giurisdizionale di illegittimità della lex specilias che siffatta clausola “equivalenza” non ha previsto.
In ogni caso, la ricorrente avrebbe dovuto partecipare, dimostrando, in sede procedimentale, la propria capacità di fornire armadi compattabili idonei ad assicurare, dal punto di vista funzionale, ancorché mediante l’utilizzo di specifiche tecniche differenti da quelle previste dal bando, prestazioni effettivamente equivalenti a quelle richieste dall’amministrazione (queste ultime non risolvibili, per come erroneamente ritenuto in ricorso, nella mera “custodia” del materiale, con secondaria funzione antincendio).
Tale onus probandi non sarebbe stato assolto dalla ricorrente né in sede di gara, alla quale non ha partecipato, con conseguente inammissibilità del ricorso, né nell’odierna sede processuale.
c) per avere contestato, ab imis, l’oggetto dell’appalto ovvero la scelta discrezionale dell’amministrazione di dotarsi non già di meri sistemi di custodia con generica attitudine anti-incendio, bensì di più sofisticati armadi compattabili in grado non soltanto di ridurre il carico di un eventuale incendio generalizzato all’esterno dell’armadio ma anche di preservare dalla combustione il materiale ivi custodito, oltre che garantirne, in condizioni di normalità, la conservazione nel tempo.
Nel merito, l’interveniente ha diffusamente contestato la fondatezza del gravame, chiedendone il rigetto, in proposito evidenziando la piena proporzionalità e ragionevolezza delle prescrizioni tecniche previste dalla stazione appaltante in sede di individuazione dell’oggetto del contratto, in quanto correlate al carattere altamente specialistico delle prestazioni richieste.
4. All’esito della camera di consiglio del 19.12.2022, in vista della quale parte ricorrente ha contestato tanto l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum quanto la fondatezza delle eccezioni, in rito, ivi proposte, il Collegio, con ordinanza n. 7707 del 20.12.2022, pur rinviando al merito l’approfondimento sui dedotti profili di inammissibilità del gravame, ha rigettato, in punto di fumus, la domanda cautelare (delibazione non smentita in sede di appello cautelare).
5. Con memoria conclusiva depositata in data 27.01.2023, parte ricorrente, oltre a ribadire diffusamente, anche in via di replica, le proprie ragioni, corredandole da ampia produzione documentale – la cui ammissibilità e rilevanza è stata negata dall’interveniente – ha chiesto al Tribunale di voler ordinare all’amministrazione, ai sensi degli artt. 116 c.p.a e 210 c.p.c., l’esibizione di tutti gli atti della procedura di gara, inclusa la documentazione relativa all’offerta presentata da Omissis e, comunque, dall’ulteriore impresa che dovesse essere risultata aggiudicataria.
5.1 La società summenzionata, mediante il deposito di memorie conclusive e di replica, ha contestato l’ammissibilità e la rilevanza della suddetta istanza ostensiva, opponendosi al rinvio e, dunque, ribandendo le proprie eccezioni e difese.
6. In occasione della pubblica udienza del 14 febbraio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Preliminarmente, quanto all’istanza ostensiva formulata dalla ricorrente in sede di memoria conclusiva del 27.01.2023, la stessa è inammissibile, per non essere stata proposta nelle forme di cui all’art. 116 comma 2 c.p.a., ovvero per non essere stata previamente notificata all’amministrazione. In ogni caso, i documenti che si vorrebbero acquisire agli del giudizio non sono, ad avviso del Collegio, rilevanti al fine di scrutinare le censure poste a base del gravame, con conseguente infondatezza, nel merito, dell’istanza in parola.
7.1 Sempre in via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dalla società Omissis s.r.l.
Se è vero, infatti, che l’interveniente non può vantare una posizione di contro-interesse rispetto alle impugnazioni proposte dalla ricorrente, è, altrettanto vero che, per giurisprudenza consolidata, anche di questo Tribunale, nel giudizio amministrativo, l’ammissibilità c.d. intervento adesivo dipendente ad adiuvandum vel opponendum, è condizionata alla sussistenza di un interesse anche di fatto, dipendente da quello azionato in via principale o ad esso accessorio, ovvero sotteso al mantenimento dei provvedimenti impugnati, che gli consenta – come nel caso in esame – di ritrarre un vantaggio anche indiretto e riflesso della reiezione del ricorso (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. IV, 08/04/2022, n. 4193).
8. Passando, quindi, al merito della vicenda contenziosa, coglie nel segno l’assorbente eccezione sollevata dall’interveniente di inammissibilità del ricorso in quanto affidato a censure che, complessivamente considerate, travisano in toto la scelta discrezionale svolta dell’Archivio di Stato in ordine all’”oggetto” della gara di appalto in contestazione, coincidente con la volontà di dotarsi di armadi compattabili particolarmente sofisticati che siano in grado di garantire, nel tempo, l’integrità dei beni di interesse culturale ivi custoditi e ciò anche in caso di incendio.
E che sia questo il vero “oggetto della fornitura” in discussione e non quello ipotizzato dalla ricorrente – secondo cui la p.a. vorrebbe dotarsi di una “scaffalatura mobile” (funzione primaria), con caratteristiche sì antincendio (funzione secondaria) ma strumentali soltanto in via secondaria, a proteggere il materiale ivi stoccato – si evince dallo stesso tenore del Capitolato Tecnico.
Più precisamente, all’art. 1, l’oggetto dell’appalto viene definito come la “fornitura e l’installazione di n. 9 dispositivi di conservazione a controllo e mantenimento delle condizioni di preservazione anti-deterioramento e di protezione e sicurezza a contenitori mobili, per l’Archivio centrale dello Stato”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 3, l’amministrazione ha chiarito, contrariamente a quanto asserito dalla società ricorrente, che il “Primario scopo della fornitura è la preservazione nel tempo dei materiali contenuti e protezione in caso di incendio”, pertanto, “i dispositivi di sicurezza dovranno avere caratteristiche (comprovate da test) tali da essere in grado di mantenere controllate le condizioni antideterioramento di conservazione dei materiali contenuti e proteggere i materiali cartacei o cellulosici in essi contenuti in caso di incendio”.
Di seguito, il Capitolato Tecnico ha previsto una serie di specifiche tecniche in grado di assicurare la destinazione funzionale degli armadi, per come sopra descritta.
9. Rebus sic stantibus, il ricorso si risolve, a ben vedere, nell’inammissibile contestazione ab imis della scelta del suddetto specifico “oggetto del contratto” ovvero della scelta discrezionale dell’amministrazione di dotarsi non già di “ordinari” armadi ignifughi (costituenti un vero e proprio aliud pro alio rispetto all’effettivo oggetto dell’appalto, per come desumibile dalla lex specialis) bensì di armadi compattabili i quali, grazie a determinate caratteristiche tecniche – tra cui quella “denominata” cd. blockfire, da intendersi riferita non già allo specifico brevetto dell’interveniente, società Omissis s.r.l., bensì ad una particolare tecnologia, in dotazione a più operatori economici – consentono di garantire l’integrità del materiale cartaceo ivi custodito, anche in caso di incendio.
9.1 Siffatta scelta discrezionale, in quanto attualizzata in relazione alle concrete e peculiari esigenze specifiche di cui la stazione appaltante si è fatta carico, appare del tutto logica e ragionevole – in uno alle prescrizioni tecniche all’uopo previste in capitolato – e, come tale, sfugge al sindacato di merito del giudice amministrativo, pena l’indebita ingerenza dello stesso nell’agere pubblico, con conseguente complessiva inammissibilità del ricorso in esame.
Quanto sopra esposto trova conferma in quell’orientamento della giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, secondo cui «La determinazione del contenuto del bando di gara costituisce espressione del potere discrezionale in base al quale l’Amministrazione può effettuare scelte riguardanti gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare; le scelte così operate, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano ictu oculi manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie o sproporzionate, specie avuto riguardo alla specificità dell’oggetto e all’esigenza di non restringere la platea dei potenziali concorrenti e di non precostituire situazioni di privilegi» (così Consiglio di Stato sez. III, 31/03/2020, n. 2186; cfr. anche sez. V, 04/11/2022, n. 9693; 20.06.2022, n. 5034).
Ebbene, siffatte condizioni di manifesta irragionevolezza, arbitrarietà, irrazionalità ed inaccettabile pre-costituzione di situazioni di privilegio non sono rinvenibili nella fattispecie in esame se solo si considera che le specifiche tecniche contestate – ancorché in relazione al “falso” oggetto del contratto – per un verso, sono “possedute dal sistema commercializzato da altri operatori economici”, per come contraddittoriamente ammesso dalla stessa società istante a pag. 11 del ricorso, per altro verso, sono tutt’altro che tecnicamente inattuabili, considerata l’ammissione alla selezione che ci occupa di altri soggetti giuridici che, diversamente alla ricorrente, non si sono sottratti alla competizione.
10. Il ricorso è inammissibile anche sotto il profilo, parimenti dedotto dall’interveniente, della mancata partecipazione della ricorrente alla competizione e, quindi, per carenza di interesse.
Ed invero, per come desumibile dal complessivo tenore dell’art. 68 D.lgs. n. 50/2016, sia in ipotesi di specifiche “in termini di prestazioni o di requisiti funzionali” (art. 68 comma 3, lett. a) che “mediante il riferimento a specifiche tecniche” (art. 68 comma 3 lett. b), le amministrazioni aggiudicatrici – a prescindere dall’inserimento nella lex specialis della cd. “clausola di equivalenza” – non possono, comunque, dichiarare inammissibile o escludere un’offerta, se il concorrente dimostra che le soluzioni proposte ottemperino alle prestazioni e ai requisiti funzionali dell’amministrazione aggiudicatrice ovvero ottemperino, in maniera equivalente, ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche.
Anche in considerazione del tenore letterale nonché della ratio della previsione normativa in parola, in base ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale “il principio di equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica; l’art. 68, comma 7, d.lg. n. 50 del 2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis” (così Consiglio di Stato sez. III, 09/06/2022, n.4721; Ed ancora: “al fine di scongiurare l’esclusione dalla gara d’appalto, il partecipante che intenda avvalersi della clausola di equivalenza prevista dall’ art. 68, d.lgs. n. 50/2016, ha l’onere di dimostrare già nella propria offerta l’equivalenza tra i servizi o tra i prodotti, non potendo pretendere che tale accertamento sia compiuto d’ufficio dalla Stazione appaltante o, addirittura, che sia demandato alla sede giudiziaria una volta impugnato l’esito della gara”.
Proprio questo Tribunale ha più volte sostenuto che, “benché il principio dell’equivalenza permei l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo lo stesso al principio del favor partecipationis e costituendo, altresì, espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della P.A., nondimeno anche l’ampia latitudine riconosciuta al canone di equivalenza non ne consente, tuttavia, l’estensione all’ipotesi, esulante dal campo applicativo della stessa, di difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, configurandosi in tal caso un’ipotesi di aliud pro alio non rimediabile”, quale è quello che, nella fattispecie in esame, la ricorrente avrebbe voluto, dall’esterno, ovvero non partecipando alla gara, “imporre” all’amministrazione.
Pertanto, prosegue il T.A.R., “L’operatore che intenda avvalersi del principio dell’equivalenza (suscettibile di trovare applicazione indipendentemente da un espresso richiamo negli atti di gara) deve, dunque, fornirne la prova già in sede di gara, non potendo essa essere verificata d’ufficio dalla stazione appaltante né tantomeno dimostrata in via postuma in sede giudiziale» (così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 18/10/2022, n. 13303; Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3489/2019 cfr. anche, sez. III, 14/06/2022, n. 7874).
10.1 Dai principi fin qui esposti discende che, ove la ricorrente avesse voluto sostenere la conformità dei relativi armadi compattabili alle prestazioni e ai requisiti funzionali “realmente” previsti dell’amministrazione aggiudicatrice ovvero la conformità, per equivalente, ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche di cui al Capitolato, la stessa avrebbe dovuto partecipare alla gara e non già limitarsi ad impugnare i relativi atti di indizione.
Ciò nella misura in cui tali atti, a differenza di quanto sostenuto in ricorso e proprio in considerazione dell’immanente operatività della cd. clausola di equivalenza, non le inibivano affatto di concorrere, in condizioni di parità, con gli altri operatori economici.
11. In conclusione, il ricorso è inammissibile, ai sensi e nei termini sopra evidenziati.
12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile, ai sensi e nei termini di cui in motivazione.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Ministero della Cultura e della società Omissis s.r.l. della complessiva somma di € 2.000,00 ciascuno, a titolo di spese di lite, oltre rimborso forfettario, IVA e CPA, come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2023 con l’intervento dei magistrati:
Donatella Scala, Presidente
Mario Alberto di Nezza, Consigliere
Roberta Mazzulla, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Roberta Mazzulla Donatella Scala
IL SEGRETARIO