Esulano dal novero delle clausole ammissibili al fine di radicare l’onere di immediata impugnazione dei bandi e degli atti di indizione di gara, quelle riguardanti il dimensionamento ed il numero dei lotti in cui si articola la procedura, poiché non involgenti le condizioni di partecipazione. Secondo l’orientamento dominante in materia, l’onere di immediata impugnazione del bando discende, infatti, dalla portata immediatamente lesiva delle prescrizioni oggetto di contestazione, tra le quali rientrano le clausole contenenti requisiti di partecipazione tali da precludere ex ante la presentazione della domanda con esito favorevole a determinate categorie di soggetti. Tra le prescrizioni non immediatamente lesive si possono, invece, far rientrare le clausole relative alla composizione della commissione o quelle che prevedono un certo criterio di valutazione delle offerte che dia rilievo illegittimamente al fattore prezzo a discapito del fattore tecnico; in tutti questi casi la lesione, per il ricorrente, si concretizza nel momento in cui l’amministrazione, facendo applicazione dei criteri fissati nel bando, escluda o non dichiari vincitrice una determinata società. In tali casi, a pena di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, è necessaria l’impugnazione congiunta dell’atto applicativo e della prescrizione del bando che si assume illegittima. Pertanto, il soggetto che non ha presentato la domanda di partecipazione alla gara non è legittimato ad impugnare clausole del bando che non siano “escludenti”, dovendosi con tale predicato intendere quelle che con assoluta certezza gli precludano l’utile partecipazione.
Pubblicato il 27/04/2023
N. 07257/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02663/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2663 del 2023, proposto da OMISSIS
contro
OMISSIS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Bitetti, Sarah Fionchetti, Vincenzo Volpe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bruno Bitetti in Roma, via Ovidio 32;
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Fiammetta Fusco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, intimato e non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– del bando della Azienda OMISSIS S.p.A. per la concessione di servizi di trasporto pubblico locale nel territorio regionale del Lazio, suddiviso in 11 Lotti, del valore complessivo di euro 630.503.635,22, pubblicato in GUUE GU/S 10 del 13 gennaio 2023;
– degli atti e documenti di gara a questo afferenti, ivi inclusi il Disciplinare di gara ed i relativi allegati, il Capitolato prestazionale ed i relativi allegati, lo Schema di Contratto, la Determina dell’Amministratore Unico di OMISSIS del 30 dicembre 2022, n. 740;
– di tutti gli atti a questi ultimi presupposti, ivi inclusa la Relazione illustrativa recante “Servizi di trasporto pubblico locale su strada di competenza regionale – Suddivisione in Lotti – Aggiornamento della Relazione di cui alle misure 4.11 e 6.2 della Delibera n. 48/2017 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti” della Regione Lazio (di seguito “Relazione illustrativa”), della “Relazione illustrativa ex art. 34, comma 20, d.l. n. 18 ottobre 2012, n. 179 – Relazione di affidamento ex misura 2 Delibera ART n. 154/2019” della Regione Lazio e dei relativi Allegati, della “Relazione ai sensi dell’art. 34, comma 20, d.l. n. 179/2012 e della Misura 2 Delibera ART n. 154/2019”;
– della D.G.R. 22 settembre 2020, n. 617 e della D.G.R. 912/2019;
– di ogni altro atto ai predetti antecedente, successivo, presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’OMISSIS S.p.A. e della Regione Lazio.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023 la dott.ssa Ida Tascone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’odierno ricorso la ricorrente ha gravato la procedura di gara indetta da OMISSIS S.p.A. per l’affidamento in concessione della gestione del servizio di trasporto pubblico locale nel territorio dei Comuni della Regione Lazio, con esclusione di Roma Capitale ed i comuni capoluoghi di provincia, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, Reg. (CE) n. 1370/07, suddiviso in undici lotti.
Il gravame risulta affidato ai seguenti motivi di impugnazione:
I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 31, Legge Regionale 27 dicembre 2019, n. 28. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, commi 1 e 2, Legge Regionale 30 luglio 1998, n. 30. Violazione e falsa applicazione dell’art. 16-bis D.L. 6 luglio 2012, n. 95. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 e del Considerando 20 Reg. 2007/1370/CE. Eccesso di potere. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza. Illogicità e ingiustizia manifesta. (Il bando viola la disciplina normativa relativa al dimensionamento delle unità di rete del trasporto pubblico locale e dei relativi lotti, che risultano irrazionalmente definiti, eccessivamente ampi ed eterogenei).
Si deduce l’illegittimità del bando per una presunta violazione “della disciplina normativa relativa al dimensionamento delle unità di rete del trasporto pubblico locale e dei relativi lotti, che risultano irrazionalmente definiti, eccessivamente ampi ed eterogenei”, nella misura in cui il predetto dimensionamento preluderebbe la partecipazione alla procedura.
II. Violazione dell’art. 38, del Considerando 67 e del Considerando 73 della Direttiva 23/2014/UE. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 e del Considerando 20 Reg. 1370/2007/CE. Violazione dell’art. 83, comma 2, d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 51, comma 1, D.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 30 D.Lgs. 50/2016. Violazione della Misura 6 della delibera n. 48 del 30 marzo 2017 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti e della relativa Relazione Illustrativa e, per essa, della Misura 2 dell’Allegato A alla Delibera n. 154/2019 del 28 novembre 2019 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti. (Il bando è immediatamente escludente perché prospetta lotti ingiustificatamente ampi e comporta una limitazione alla concorrenza prevedendo requisiti sproporzionati che precludono la partecipazione di micro-imprese, nonché di piccole e medie imprese alla gara).
Si contesta la portata immediatamente escludente del bando nella misura in cui “prospetta lotti ingiustificatamente ampi e comporta una limitazione alla concorrenza prevedendo requisiti sproporzionati che precludono la partecipazione di micro-imprese, nonché di piccole e medie imprese alla gara”.
III. Il bando e gli altri documenti di gara violano i princìpi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 28 aprile 2022, resa nella causa C642/20. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 e del Considerando 20 Reg. 2007/1370/CE. Violazione dell’art. 83 D.Lgs. 50/2016, come interpretato dalla pronuncia della CGUE. Violazione dell’articolo 63 della Direttiva 2014/24/UE. Violazione dell’art. 38 della Direttiva 2014/23/UE.
Si deduce l’illegittimità del requisito di capacità economico finanziaria previsto al par. 7.2 del disciplinare, relativo al possesso di un determinato patrimonio netto.
IV. Violazione degli artt. 3, 4 e 5, del Considerando 20 Reg. 2007/1370/CE e dell’Allegato al medesimo Regolamento. Violazione dell’art. 17 D.Lgs. 422/1997. Violazione dell’art. 27, comma 8-bis, D.L. 50/2017. Violazione dell’art. 1, comma 84, L. 27 dicembre 2013, n. 147. Violazione del DM del 28.03.2018, n. 157 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Allegato 2 al medesimo DM. Difetto di motivazione e di istruttoria. (Il bando è immediatamente escludente perché non permette di formulare un’offerta competitiva e/o costringe ad un’offerta in perdita).
Si deduce la non sostenibilità economica della commessa e l’errata parametrazione dei corrispettivi dei singoli lotti.
V. Violazione dell’art. 1 L. 241/1990. Violazione dell’art. 3 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 5 e del Considerando 20 Reg. 1370/2007/CE. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Illogicità e ingiustizia manifesta. (Il bando è immediatamente escludente perché non permette di formulare un’offerta competitiva e/o costringe ad un’offerta in perdita in relazione alla disparità di trattamento tra i diversi lotti con riferimento al corrispettivo chilometrico applicato).
VI. Violazione dell’art. 1 L. 241/1990. Violazione dell’art. 3 Cost. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 5 e del Considerando 20 Reg. 1370/2007/CE. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Illogicità e ingiustizia manifesta. (Il bando è immediatamente escludente perché non permette di formulare un’offerta competitiva e/o costringe ad un’offerta in perdita in relazione alla disparità di trattamento tra gli operatori concorrenti nell’ambito dell’affidamento di cui è causa e Cotral S.p.A. con riferimento al corrispettivo chilometrico applicato).
Con il quinto e sesto motivo, si lamenta una presunta disparità di trattamento sia tra i diversi lotti, sia tra gli operatori concorrenti nell’ambito della procedura in esame e la Cotral S.p.A., con riferimento al corrispettivo chilometrico applicato.
VII. Violazione dell’art. 7, comma 33, L.R. 27.12.2019, n. 28. Violazione dell’art. 10, comma 1, L.R. 16.07.1998, n. 30. Incompetenza. (OMISSIS non è competente a bandire l’affidamento di cui è causa).
Infine, si contesta la competenza dell’OMISSIS S.p.a. ad indire la procedura.
Si sono costituiti in giudizio la Regione Lazio e l’OMISSIS S.p.A. depositando memorie e documenti, al fine di chiedere il rigetto del gravame siccome inammissibile per carenza di legittimazione al ricorso e comunque infondato.
Nel rituale contraddittorio tra le parti all’udienza pubblica del 5 aprile 2023 la causa veniva introitata per la decisione.
Con i primi due motivi di ricorso, le ricorrenti contestano l’articolazione dei lotti – sotto il profilo della irrazionalità e della abnormità – poiché risulterebbe incompatibile con la normativa applicabile ed idonea a determinare un pregiudizio ai principi della concorrenza precludendo la partecipazione alla gara.
Sostengono, in particolare, che l’individuazione dei lotti:
a) ha “dato seguito in modo errato all’efficientamento” dei servizi richiesto dall’art. 5 della l.r. n. 30/98, nella misura in cui ha diminuito la capillarità dei servizi e conseguentemente i ricavi;
b) ha compresso “l’economicità, l’efficienza e la produttività, oltreché la concorrenza” a causa della loro dimensione abnorme.
In disparte la questione in ordine all’ammissibilità del ricorso collettivo, per un possibile conflitto di interesse tra i diversi istanti, tutti potenzialmente partecipanti alla procedura di gara, le questioni sollevate impongono di affrontare preliminarmente la tematica dell’onere di impugnazione dei bandi di gara, la quale riguarda la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, nella misura in cui si tratta di verificare se chi impugna il bando abbia una legittimazione al ricorso e se possa vantare un interesse concreto ed attuale alla rimozione del bando di gara.
Secondo l’orientamento dominante in materia l’onere di immediata impugnazione del bando discende dalla portata immediatamente lesiva delle prescrizioni oggetto di contestazione, tra le quali rientrano le clausole contenenti requisiti di partecipazione tali da precludere ex ante la presentazione della domanda con esito favorevole a determinate categorie di soggetti.
Tra le prescrizioni non immediatamente lesive si possono, invece, far rientrare le clausole relative alla composizione della commissione o quelle che prevedono un certo criterio di valutazione delle offerte che dia rilievo illegittimamente al fattore prezzo a discapito del fattore tecnico; in tutti questi casi la lesione, per il ricorrente, si concretizza nel momento in cui l’amministrazione, facendo applicazione dei criteri fissati nel bando, escluda o non dichiari vincitrice una determinata società.
In tali casi, a pena di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, è necessaria l’impugnazione congiunta dell’atto applicativo e della prescrizione del bando che si assume illegittima.
Pertanto, il soggetto che non ha presentato la domanda di partecipazione alla gara non è legittimato ad impugnare clausole del bando che non siano “escludenti”, dovendosi con tale predicato intendere quelle che con assoluta certezza gli precludano l’utile partecipazione.
Nel caso sottoposto all’esame del Collegio le clausole oggetto di rilievo esulano dal novero di quelle ammissibili al fine di radicare l’onere di immediata impugnazione dei bandi e degli atti di indizione di gara, secondo il consolidato orientamento dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato in materia di clausole immediatamente escludenti (Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4).
Nel caso di specie, invero, le censure non riguardano nemmeno il bando, ma la fase prodromica della definizione dei servizi minimi, che non involge minimamente le condizioni di partecipazione, ma, in ipotesi, il dimensionamento ed il numero dei lotti. Risulta del tutto evidente, pertanto, che i primi due motivi di ricorso sono inammissibili per carenza di legittimazione al ricorso.
Fermo quanto indicato sulla inammissibilità dei primi due motivi di ricorso, deve osservarsi che quanto prospettato dalla parte ricorrente incontra il limite del divieto di sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio di valutazioni discrezionali.
Ed infatti, secondo il consolidato e pacifico indirizzo giurisprudenziale, a fronte di attività espressione di discrezionalità tecnica – quale è senz’altro la definizione dei lotti di gara (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 973) – le valutazioni della p.a. “sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti”.
In questi casi non è sufficiente che la determinazione assunta sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile, in quanto il giudice amministrativo non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall’autorità pubblica.
Ebbene nel caso in esame non sono senz’altro rinvenibili macroscopici elementi di illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o travisamento di fatto.
Una volta esaminati i precedenti assorbenti rilievi, occorre osservare che in ogni caso i profili di gravame sollevati si appalesano infondati anche nel merito.
Il rilievo relativo al numero dei lotti – che di fatto sembrerebbe teso a mantenere inalterato lo scenario attuale caratterizzato da una estrema frammentazione dei servizi – è del tutto infondato e si pone in contrasto con il quadro normativo che impedisce il mantenimento dello scenario “storico” nella misura in cui l’art. 3-bis del d.l. n. 138/2011 e l’art. 48 del d.l. n. 50/2017 avevano imposto agli enti competenti un’attività di aggregazione in bacini/ambiti di servizio.
Pertanto, l’auspicato mantenimento di uno scenario caratterizzato dalla polverizzazione dei contratti di servizio (circa 170) è impedito dal doveroso rispetto del mutato quadro normativo nazionale e comunitario in linea con i principi di efficiente ed efficace gestione finanziaria delle risorse del trasporto pubblico locale.
La correttezza dell’operato dell’amministrazione e la sua conformità al quadro normativo e regolatorio discende anche da quanto indicato dall’Autorità di regolazione dei trasporti, la quale – nel parere n. 15/2022 – ha stabilito che “l’articolazione dei lotti individuata dalla Regione risulta comunque conforme ai principi e ai criteri della Misura 6 della delibera 48/2017 e in linea con il principio di cui al sopracitato art. 48, comma 4, del decreto-legge n. 50 del 2017, di suddivisione del bacino di mobilità in più lotti di affidamento”.
Peraltro, nella memoria difensiva della resistente si legge che l’attuale “dimensione comunale” dei servizi di trasporto pubblico locale, oltre ad essere inefficiente poiché impedisce il conseguimento delle economie di scala, è impedita dalla normativa sovranazionale che ha imposto l’aggregazione dei servizi pubblici, con riguardo ai servizi di trasporto pubblico locale, in bacini ottimali.
Muovendo dalla considerazione che tale “aggregazione” risulta imprescindibile, non coglie nel segno nemmeno l’ulteriore profilo di censura concernente l’eccessiva ampiezza dei lotti di gara rispetto alle condizioni di mercato.
In particolare, deve evidenziarsi che nella scelta in ordine all’individuazione del numero di lotti e delle conseguenti loro dimensioni non si ravvisano profili di irragionevolezza, posto che sussiste, in capo alla stazione appaltante, l’esercizio di un potere discrezionale e che la suddivisione in lotti, sebbene finalizzata ad una maggiore partecipazione, appare funzionale ad un ordinato ed efficiente svolgimento del servizio.
Con riferimento, poi, alle analisi economiche, richiamate anche nella relazione illustrativa alla Delibera ART n. 48/2017, si evidenzia “l’esistenza di economie di scala crescenti – e dunque di un efficientamento a fronte della riduzione dei costi marginali proporzionale all’aumento dei km – per affidamenti fino a 4 milioni di km”; con la conseguenza che, sino a tale soglia di dimensionamento della quantità di servizi di trasporto, il costo unitario/marginale dei servizi si riduce al crescere della produzione chilometrica.
Parimenti privi di pregio risultano i rilievi in merito alla presunta abnormità dei requisiti di partecipazione.
In considerazione della congruità dei lotti individuati dall’amministrazione regionale, i requisiti di partecipazione risultano fissati nel pieno rispetto delle previsioni dettate dall’Autorità di regolazione e dei principi generali che regolano la materia.
In base a tali principi, come è noto, le amministrazioni che indicono una procedura di affidamento godono di un’amplissima discrezionalità nell’individuazione dei criteri di selezione, con il limite della proporzionalità e del requisito della pertinenza rispetto all’oggetto dell’affidamento, alla luce dell’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione.
Ebbene, i requisiti economico finanziari e tecnico professionali appaiono pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito e ragionevoli e proporzionali rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico affidamento, avendo le resistenti chiarito nelle loro memorie difensive che sono state adeguatamente valutate le esigenze di contendibilità e massima partecipazione, mediante l’adozione di soluzioni maggiormente garantiste per le piccole e medie imprese.
Quanto al requisito economico finanziario relativo al patrimonio netto, risultano rispettate le indicazioni fornite dal legislatore, all’art. 48 del d.l. n. 50/2017, e dall’Autorità di regolazione, nella misura 19, dell’allegato A, alla delibera n. 154/2019. Si legge, infatti, in tale misura che: “Tra i requisiti di capacità finanziaria, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 48, comma 7, lettera b), del d.l. 50/2017, l’EA dispone l’obbligo di possesso per ciascun PG di un patrimonio netto pari almeno al 15% del corrispettivo annuo posto a base di gara”. Di conseguenza, coerentemente con le indicazioni fornite dall’Autorità, nel disciplinare è stato richiesto “il possesso di un patrimonio netto disponibile all’ultimo Bilancio approvato non inferiore al 15% del corrispettivo annuo posto a base di gara (calcolato come media aritmetica del corrispettivo totale suddiviso per 9 anni)”.
Con riferimento, invece, al criterio di selezione relativo al fatturato, è stato richiesto agli operatori economici di dimostrare “il possesso, per almeno 3 esercizi finanziari (anche non consecutivi) negli ultimi 5 esercizi, di un fatturato specifico medio annuo per servizi analoghi al settore oggetto della gara (servizi di trasporto pubblico locale su gomma di linea urbani e/o extraurbani) non inferiore al 50% del valore stimato del lotto (somma di corrispettivi e ricavi da traffico) per cui si concorre, calcolato come media aritmetica del valore stimato complessivo del lotto suddiviso per 9 anni”.
Considerato il valore di ciascun lotto e le caratteristiche tecniche del servizio da affidare, dunque, il limite previsto per la dimostrazione del requisito del fatturato “specifico medio annuo” rispetto al valore stimato del lotto è assolutamente ragionevole e assicura la piena contendibilità.
Sul punto, inoltre, l’amministrazione resistente chiarisce che non solo ha esteso da tre a cinque anni, in considerazione del periodo “pandemico”, il periodo per poter dimostrare l’idoneità economico-finanziaria, ma ha altresì rispettato quanto indicato dall’ANAC nel Comunicato del Presidente ANAC del 13 aprile 202, nell’ambito del quale si prescrive, riguardo al requisito di fatturato, che “[q]ualora le stazioni appaltanti ritengano, comunque, necessario richiedere la dimostrazione di un fatturato minimo annuo, sarebbe opportuno che il valore del fatturato richiesto fosse inferiore a quello massimo consentito dalla norma, ossia al doppio dell’importo a base d’asta”.
La previsione di limiti di accesso connessi al fatturato specifico è stata giustificata, nel rispetto del principio di proporzionalità, in considerazione della entità, della complessità e della specificità della tipologia di contratto (id est una concessione) da affidare, degli standard qualitativi richiesti per l’esecuzione del servizio e della circostanza che si tratta di servizi di interesse economico generale (SIEG) di rilevante impatto, i quali incidono sul diritto alla mobilità degli utenti e sulla qualità della vita nei territori interessati.
Altrettanto priva di pregio appare la richiesta delle ricorrenti di rimettere la questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia “al fine di veder accertata l’incompatibilità con il diritto eurounitario della norma nazionale che permetta una suddivisione in lotti abnormi dell’affidamento”.
In disparte la circostanza che tale richiesta appare priva di adeguata motivazione, non si comprende in che misura la norma nazionale che disciplina la suddivisione in lotti possa porsi in contrasto con le previsioni e i principi delle sovraordinate direttive comunitarie, nell’ambito dei contratti di concessione dei servizi di trasporto pubblico locale sottoposti al regime del Reg. CE n. 1370/2007 (cfr. art. 5 Regolamento).
L’art. 51 del codice dei contratti pubblici, infatti, si pone in stretta aderenza ai principi enunciati a livello comunitario.
L’art. 46 della direttiva 2014/24/UE dispone, al comma 1, che: “Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto dei tali lotti”.
Il considerando 59, evidenziata la propensione delle stazioni appaltanti ad aggregare la domanda al fine di perseguire economie di scala e professionalità nella gestione degli appalti, auspica il monitoraggio su tale accentramento al fine, tra l’altro, di perseguire la trasparenza, la concorrenza e l’accesso al mercato per le piccole e medie imprese.
Il considerando 78, dopo aver affermato che “è opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI”, stabilisce che “L’entità e l’oggetto dei lotti dovrebbero essere determinati liberamente dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Ebbene, l’art. 51 del d.lgs. 50/2016, letto in combinazione con le disposizioni della direttiva 24/2014/UE (art. 46 e i considerando 59 e 78) non comporta l’obbligo per la stazione appaltante di ripartire la gara in lotti modulandoli necessariamente in modo da garantire l’accesso delle piccole e medie imprese, laddove emergano diverse esigenze dal punto di vista tecnico e funzionale.
Con il terzo motivo di ricorso, le ricorrenti censurano gli atti di gara per violazione delle previsioni del codice e del regolamento CE n. 1370/2007, oltre che della direttiva 24/2014, in ordine alla previsione del necessario possesso da parte della mandataria del requisito del patrimonio netto, “in misura non minore del 50% del totale richiesto”.
Sul punto, l’OMISSIS S.p.A. rappresenta che – mediante l’avviso n. 4 pubblicato sulla piattaforma telematica – ha provveduto a rettificare la documentazione di gara, espungendo tale previsione, nonché l’ulteriore previsione di cui al punto n. 7 del disciplinare che richiedeva il possesso in capo alla mandataria del requisito in misura maggioritaria, con il conseguente venir meno della contestata condizione impeditiva alla partecipazione.
Con un ulteriore profilo di censura le ricorrenti contestano la presunta incontenibilità della procedura, nella misura in cui le “tariffe previste” ed “il compenso per il servizio” non consentirebbero la presentazione di un’offerta sostenibile.
Come già indicato in precedenza con riferimento all’esame dei precedenti motivi di ricorso, le clausole del bando di gara oggetto di esame in questa sede non recano prescrizioni immediatamente lesive con l’ovvia conseguenza che “i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato” (Consiglio di Stato, ad. plen., 29 gennaio 2003, n. 1).
A queste regole, fanno eccezione le sole ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta (Cons. Stato, Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507; id., Sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5862; id., Sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181; id., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9 e 7 aprile 2011, n. 4).
Ebbene, è indubbio che il caso in esame non rientri in queste ipotesi, dal momento che la parte ricorrente non fornisce adeguata prova in ordine alla presunta insufficienza dell’importo economico posto a base di gara, che renderebbe impossibile formulare l’offerta economica.
Non si può dubitare che, in linea teorica, le clausole che influiscono sulla stessa determinazione dell’operatore economico relativamente alla predisposizione della proposta economica possono concretizzare una clausola immediatamente escludente che legittima l’onere di impugnazione immediata del bando se non consentono la sua formulazione perché rendono impossibile quel calcolo di convenienza economica che è alla base della scelta di partecipare alla gara; ma tale lesività delle norme della lex specialis deve essere oggetto di allegazione adeguata; in particolare, l’orientamento dominante in materia sostiene che “l’onere probatorio ovviamente muta ai fini del merito del giudizio, poiché l’illegittimità della legge di gara sussiste sole se l’impossibilità, che il ricorrente deduce sotto il profilo soggettivo, è comune a qualsiasi delle imprese operanti nel settore. La prova da fornire in tal caso concerne, dunque l’oggettiva e generalizzata impossibilità di una partecipazione remunerativa, qualunque sia il modello organizzativo adottato” (Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2022 n. 3191).
In definitiva, poiché l’impugnabilità immediata del bando, in perfetta continuità con le due pronunce dell’adunanza plenaria (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4 e 29 gennaio 2003, n. 1), rappresenta l’eccezione, mentre la non immediata impugnabilità del bando rappresenta la regola, in capo al ricorrente si pone un onere probatorio per così dire “aggravato”, dovendo quest’ultimo dimostrare con oggettiva certezza che le prescrizioni lamentate, producendo effetti distorsivi della concorrenza, incidono sulla sua sfera giuridica in un momento precedente quello della mancata aggiudicazione ed indipendentemente da questa.
Ebbene, nel caso di specie, è evidente che le ricorrenti non hanno allegato alcun dato e/o riscontro oggettivo, limitandosi piuttosto a mere considerazioni di carattere soggettivo, in ordine all’inadeguatezza delle stime operate dall’amministrazione, inidonee ad inficiare i dati e le evidenze istruttorie su cui si fonda il calcolo della base d’asta.
Dall’esame degli atti depositati in giudizio si ricava che i rilievi svolti risultano anche infondati.
I parametri utilizzati dall’amministrazione sono risultati congrui e ragionevoli, anche alla luce della tipologia di affidamento “in concessione” la quale presuppone che sul gestore ricada il rischio operativo sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta; infatti, in conformità alle misure di regolazione del settore (delibera ART n. 154/2019) la documentazione di gara prevede una matrice dei rischi (all. 11 al Capitolato di gara), la quale contempla l’allocazione dei rischi più comuni in capo alle parti.
Nello specifico, con riferimento al rischio denominato “Variazione dei costi per effetto di fattori non controllabili da EA o IA (e.g. carburante, energia, materie prime, materiali)”, la stazione appaltante ha previsto una clausola di condivisione e, pertanto, di mitigazione del rischio, disponendo che il rischio del gestore è limitato ad incrementi inflattivi entro il 3% della variazione annua, pertanto laddove l’incremento dovesse superare tale soglia, il relativo rischio economico di maggior costo ricadrebbe in capo alla stazione appaltante, secondo la clausola di revisione del corrispettivo prevista dall’art. 10 dello Schema di contratto (all. 5 del Capitolato).
In estrema sintesi, il piano economico finanziario posto alla base della procedura di evidenza contempla l’indicizzazione dei costi al tasso dell’1,5% all’anno per nove anni ed il rischio residuo in capo al gestore è limitato entro una variazione annua massima del 3%, contemplando nei restanti casi l’intervento della stazione appaltante con funzione di riequilibrio del rischio economico sotteso alla concessione stipulata.
Le ricorrenti censurano, inoltre, la determinazione del corrispettivo anche sotto l’ulteriore profilo della presunta disparità di trattamento tra i diversi lotti.
Ancora una volta, tuttavia, la censura risulta irrimediabilmente viziata in punto di inammissibilità, sotto due distinti profili:
– la censura non supera la valutazione in ordine alla sussistenza dell’interesse/legittimazione ad agire dei concorrenti avverso il bando di gara, secondo il noto orientamento della giurisprudenza amministrativa in ordine alle clausole immediatamente escludenti (Cons. Stato, Ad. plen., n. 4/2018); non v’è infatti nessun collegamento tra tale presunta disparità di trattamento e la possibilità di presentare l’offerta in gara da parte dei ricorrenti;
– le ricorrenti affermano, del tutto genericamente, che il “calcolo del corrispettivo è viziato nei presupposti”.
Fermo quanto osservato in punto di inammissibilità, il motivo è pure infondato.
In proposito, dalla lettura del par. 6 della relazione di affidamento, si ricava che – tra i plurimi fattori che influenzano la determinazione del corrispettivo – si deve tener conto, oltre che della velocità commerciale, anche della quantità di servizi espletata, degli investimenti programmati sul lotto e, soprattutto, dei ricavi da traffico stimati per il singolo lotto, che concorrono alla remunerazione del gestore e alla copertura dei costi del servizio.
Quanto alla lamentata disparità di trattamento rispetto ai corrispettivi corrisposti dalla Regione alla Cotral S.p.A., quale gestore in house providing dei servizi di trasporto pubblico regionale di tipo extraurbano, ancora una volta deve osservarsi che la prospettazione, per come formulata nell’atto introduttivo del giudizio, appare inammissibile.
Infatti, la censura formulata in merito alla presunta disparità di trattamento non è ascrivibile alla tematica delle clausole immediatamente escludenti, non essendo finalizzata a dimostrare l’impossibilità di prendere parte alla procedura e, dunque, è priva delle condizioni indispensabili per l’esercizio dell’azione avverso gli atti di indizione della gara secondo l’insegnamento della già citata sentenza adottata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di stato n. 4/2018.
Ferma la sua inammissibilità, il rilievo risulta pure infondato nel merito, alla luce della considerazione che, come è noto, si ha disparità di trattamento quando in presenza di situazioni identiche o analoghe l’amministrazione applica trattamenti diversi, con la conseguenza che laddove non vi siano elementi che consentano la “comparabilità”, anche solo in astratto, dei due corrispettivi, non vi è alcun spazio per tale censura, stante la diversa natura dei servizi, uno prevalentemente urbano e l’altro esclusivamente extraurbano, circostanza che rende già di per sé le due situazioni non analoghe e quindi non comparabili.
Le ricorrenti, infine, con il settimo motivo di ricorso, censurano l’incompetenza dell’OMISSIS ad indire la procedura di affidamento.
In disparte quanto già chiarito con riferimento alla palese inammissibilità di tale motivo di censura che non riguarda nemmeno il bando, ma la fase prodromica della definizione dei servizi minimi, che non involge minimamente le condizioni di partecipazione, ma semmai le competenze degli enti locali, se ne deduce l’infondatezza.
L’indizione della procedura è scaturita, infatti, dall’attività di coordinamento e di gestione ottimale delle risorse e delle competenze che il legislatore regionale ha espressamente attribuito all’OMISSIS S.p.A.
L’OMISSIS S.p.A., infatti, quale organismo in house della Regione Lazio, ha pieno titolo a indire la procedura per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale per effetto delle previsioni contenute nell’art. 7, comma 35, della legge di stabilità regionale 27 dicembre 2019, n. 28, secondo cui la stessa “esercita, a decorrere dal 1° gennaio 2020, le funzioni relative all’affidamento dei contratti di servizio che saranno stipulati a partire dal 1° gennaio 2024”.
In considerazione della censura prospettata, si ritiene opportuno procedere, preliminarmente, ad una breve ricostruzione del contesto normativo e fattuale di riferimento.
Con la legge regionale citata n. 28/2019, in particolare, la Regione Lazio ha avviato un processo di vera e propria riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale nei comuni del territorio regionale, eccetto Roma Capitale.
Con l’art. 7, comma 31, al fine di garantire l’uniforme utilizzo delle risorse regionali relative allo svolgimento dei servizi minimi, assicurare l’esercizio unitario delle funzioni sul territorio regionale e conseguire adeguati livelli di efficienza, la menzionata legge ha attribuito alla Regione Lazio il compito di individuare le unità di rete idonee al conseguimento del più alto livello di economicità, efficienza e produttività, i servizi minimi di cui all’articolo 17 della legge regionale 16 luglio 1998, n. 30, nonché le risorse di cui all’articolo 30, comma 2, lettera c), della medesima l. r. n. 30/1998.
Ai sensi del successivo comma 33 dell’art. 7, invece, la stipula e la gestione dei (nuovi) contratti di servizio sono state attribuite ad OMISSIS S.p.A.
In tale prospettiva, al fine di consentire l’espletamento di tutte le attività prodromiche alla stipula dei contratti a quest’ultima risultano affidate:
– “le funzioni relative all’affidamento dei contratti di servizio che saranno stipulati a partire dal 1° gennaio 2024”;
– “le risorse di cui all’articolo 30, comma 2, lettera c), della l.r. 30/1998, come individuate al comma 31”;
– la definizione “d’intesa con la struttura regionale competente e con i comuni ricompresi in ogni unità di rete, [del]la progettazione della rete e dei servizi. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa con i comuni entro sessanta giorni dall’avvio del procedimento da parte di OMISSIS S.p.A., la società potrà definire la progettazione di rete” (art. 7, comma 33, l.r. n. 28/2019 e ss.mm.ii.).
Nel rispetto delle citate disposizioni, la Regione Lazio, con la delibera di Giunta regionale n. 912 del 3 dicembre 2019, ha completato il processo di riprogrammazione del trasporto pubblico locale urbano ed interurbano, avviato con la delibera di Giunta Regionale n. 298/2014, approvando il nuovo modello per il riparto dei servizi minimi e l’individuazione delle unità di rete, da intendersi quali bacini ottimali per una gestione efficiente del servizio.
Con la delibera di Giunta regionale n. 617/2020 è stato approvato definitivamente il nuovo modello di riparto dei servizi minimi di trasporto pubblico locale urbano ed interurbano e le relative nuove unità di rete, con gli aggiornamenti al modello emersi dall’attività di consultazione; sono state avviate, altresì, le attività per l’affidamento dei servizi, dando mandato all’OMISSIS S.p.a. di pubblicare l’avviso di preinformazione di cui all’art. 7 del Regolamento CE n. 1370/2007.
L’attribuzione a quest’ultima dei compiti di ente affidante e delle funzioni di stipula e gestione dei contratti di servizio, quindi, è avvenuta nel pieno rispetto della normativa vigente ed i comuni non sono stati privati delle funzioni loro attribuite dalla legge, secondo quanto previsto dall’art. 32 del d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 concernente il “riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”.
La ricostruzione del quadro normativo di riferimento fa emergere con chiarezza, infatti, come gli enti locali siano stati costantemente e attivamente coinvolti nel processo di riorganizzazione e riprogrammazione.
Dall’esame della documentazione in atti emerge, peraltro, che in data 3 giugno 2021, con nota prot. Reg. 492974, si è proceduto a comunicare ai comuni che l’OMISSIS S.p.A. aveva avviato, attraverso i propri tecnici, le attività di progettazione delle reti e dei servizi la cui conclusione era stimata per il mese di luglio 2021 e che, a seguito della conclusione dei lavori preparatori, i comuni avrebbero avuto 60 giorni di tempo per la conclusiva definizione della progettazione della rete e dei servizi, così come proposti (art. 10, comma, 33, lett. c), della l.r. n. 28/2019).
Il 31 dicembre 2021, è stato pubblicato sul sito internet della Regione il Documento di consultazione relativo agli esiti del censimento, rispetto al quale, sono pervenute, tra l’altro, le osservazioni di 7 comuni.
Contestualmente, con nota del 30 dicembre 2021, prot. n. 1087903, in attuazione di quanto disposto all’art. 7, comma 33, lett. c), della l.r. n. 28/2019 (“OMISSIS S.p.A. definisce, d’intesa con la struttura regionale competente e con i comuni ricompresi in ogni unità di rete, la progettazione della rete e dei servizi. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa con i comuni entro sessanta giorni dall’avvio del procedimento da parte di OMISSIS S.p.A., la società potrà definire la progettazione di rete”) si è proceduto a informare tutti i comuni – ad eccezione di Roma Capitale – che sul sito web regionale erano stati pubblicati i documenti relativi alla programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale elaborati dai progettisti e che gli stessi erano invitati ad esaminare i documenti e a trasmettere, mediante un apposito format, le proprie osservazioni su esigenze specifiche da soddisfare o sinergie da perseguire.
Con successiva nota prot. n. 412197, del 28 aprile 2022, si è proceduto a informare i comuni che, “a seguito di un esame – svolto da parte dei tecnici incaricati della progettazione dei servizi di ciascuna unità di rete – di tutte le osservazioni pervenute da codesti Comuni, nonché degli esiti della rimodulazione del programma di servizio extraurbano di Cotral S.p.A., è stata aggiornata la progettazione dei servizi in oggetto”. Pertanto, con la medesima nota, i comuni sono stati invitati a formulare le loro eventuali ulteriori osservazioni.
Il 23 giugno 2022, si è tenuto un incontro tra l’Assessorato della Mobilità, la Direzione Infrastrutture e Mobilità, OMISSIS S.p.A., ANCI e i comuni, finalizzato a chiarire ulteriormente gli aspetti procedurali e contenutistici dei servizi progettati e a ricevere ulteriori osservazioni da parte degli enti locali coinvolti; parallelamente è stata ultimata l’attività relativa al censimento mediante la pubblicazione dell’addendum alla consultazione a seguito della quale sono pervenute ulteriori osservazioni.
Solo all’esito della predetta complessa attività istruttoria e programmatoria, OMISSIS S.p.a. – in virtù delle competenze attribuitele dall’art. 7, comma 35, della legge regionale n. 28/2019 – ha approvato gli atti e i documenti di gara ed avviato l’odierna procedura per l’affidamento in concessione dei servizi di trasporto pubblico locale nel territorio regionale del Lazio, suddivisa in undici lotti, mediante pubblicazione del bando sulla GUUE GU/S 10 del 13 gennaio 2023.
In conclusione il gravame in esame va respinto, potendosi tuttavia compensare le spese di giudizio, stante la obiettiva peculiarità della complessa vicenda contenziosa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile e comunque infondato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:
Leonardo Spagnoletti, Presidente
Sebastiano Zafarana, Consigliere
Ida Tascone, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ida Tascone Leonardo Spagnoletti
IL SEGRETARIO