Sull’irrilevanza del provvedimento di sgravio sopravvenuto alla domanda di partecipazione del concorrente ai fini della comprova del requisito della regolarità fiscale

La presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara cristallizza in capo al concorrente la posizione debitoria che la stazione appaltante è tenuta a valutare ai fini della verifica del possesso del requisito della regolarità fiscale

Federica Casciaro 14 Aprile 2021
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La presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara cristallizza in capo al concorrente la posizione debitoria che la stazione appaltante è tenuta a valutare ai fini della verifica del possesso del requisito della regolarità fiscale

Con la sentenza n. 378 del 18 marzo 2021, la prima sezione del TAR di Venezia si è pronunciata in merito alla corretta applicazione della disposizione del codice dei contratti pubblici che prescrive il possesso del requisito di regolarità fiscale da parte degli operatori economici che partecipino a procedure di affidamento di contratti pubblici.

Tale prescrizione è rinvenibile, come noto, all’articolo 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che al comma 4[1] annovera, tra le cause obbligatorie di esclusione dei concorrenti in gara, l’aver commesso violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse aventi le seguenti caratteristiche:

  • La gravità, determinata dall’omesso pagamento di imposte e tasse superiore ad euro 5.000,00 (la soglia viene indicata dalla norma, al secondo periodo del comma 4, tramite rinvio all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602);
  • La definitività dell’accertamento, determinata dalla non impugnabilità degli atti amministrativi o delle sentenze in cui siano attestate le violazioni fiscali (terzo periodo del comma 4).

La causa di esclusione non opera qualora l’operatore economico abbia ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare – ovvero il debito sia comunque estinto – prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione (ultimo periodo del comma 4).

La fattispecie scrutinata

Nella controversia per la quale è stato adito il TAR Veneto, la stazione appaltante, nella fase di comprova dei requisiti di partecipazione in capo all’aggiudicatario, aveva interrogato l’Agenzia delle entrate in merito alla veridicità delle dichiarazioni rese dall’operatore economico in sede di gara, riscontrando un’irregolarità fiscale pari ad € 5.922,87, posta conseguentemente alla base della revoca dell’aggiudicazione.

Parte ricorrente ha quindi impugnato tale revoca, sostenendo l’erroneità della cartella di pagamento che l’aveva cagionata, in base all’assunto che l’irregolarità fiscale fosse stata commessa in realtà dal sostituto d’imposta – in favore del quale la ditta ricorrente aveva reso una prestazione professionale – che, dopo aver trattenuto le ritenute d’acconto, non aveva effettuato il relativo versamento all’erario.

Il ricorrente aveva rappresentato già in sede procedimentale le suesposte circostanze, a supporto delle quali aveva fornito alla stazione appaltante l’istanza di rettifica inviata all’Agenzia delle entrate prima della partecipazione alla procedura di gara, la quale è stata poi accolta con un provvedimento di sgravio sopravvenuto solo nel corso del giudizio in cui è stata emessa la sentenza in commento.

L’impresa ha altresì sostenuto nel ricorso giurisdizionale: i) l’insussistenza della definitività della violazione in quanto ancora suscettibile di verifica ed annullamento da parte dell’Agenzia delle entrate all’esito dell’istanza di rettifica; ii) l’insussistenza della gravità della violazione, in quanto di poco superiore agli euro 5.000,00; iii) la diligenza e l’inesigibilità di un contegno diverso da parte della ricorrente, in quanto l’irregolarità era imputabile alla negligenza di un’altra impresa.

La decisione del TAR Veneto

Il TAR Veneto ha rigettato il ricorso come sopra proposto, anzitutto affermando che la gravità della violazione ai sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è integrata automaticamente dal superamento della soglia di rilevanza fissata dal legislatore, a prescindere dall’entità di tale superamento.

Inoltre, secondo il giudice amministrativo, la definitività dell’accertamento della violazione è integrata automaticamente dal decorso del termine per il pagamento e di quello per l’impugnazione.[2]

Pertanto, allorché l’Agenzia delle entrate attesti la sussistenza della gravità e della definitività delle pendenze a carico dell’operatore economico, la stazione appaltante è vincolata a disporne l’esclusione, senza spazio per l’apprezzamento delle ragioni che le hanno determinate né del sottostante elemento psicologico delle violazioni[3].

Come visto, infatti, il legislatore ha disciplinato la causa di esclusione obbligatoria relativa alla regolarità fiscale ancorandola ad elementi oggettivi e non discrezionali.[4]

In tale quadro, la sentenza ha affermato l’irrilevanza del provvedimento di sgravio sopravvenuto in corso di causa, nonostante ne abbia riconosciuto, quale atto di annullamento in autotutela, l’efficacia ex tunc, in virtù del fatto che la valutazione relativa all’integrazione della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 deve essere condotta con riferimento al momento della presentazione della domanda di partecipazione (rectius, a partire dalla domanda di partecipazione, per tutto il corso della procedura di gara senza soluzione di continuità).

In questo senso depone altresì l’ultimo periodo del comma 4, dell’art. 80 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come da ultimo modificato dall’art. 8, comma 5, lett. b), del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120: per effetto di tale novella legislativa, è stata tipizzata quale fattispecie di non applicabilità della causa di esclusione in esame, a fianco al pagamento ed all’impegno vincolante al pagamento, anche la più generica fattispecie di estinzione del debito, a condizione che, anche in tal caso, la stessa si perfezionianteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande”.

In particolare, il TAR Veneto ha affermato che, “circa l’inidoneità degli elementi sopravvenuti ad incidere sulla posizione di regolarità fiscale cristallizzata al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara, va escluso che la stazione appaltante fosse tenuta ad attendere per un tempo indefinito che l’aggiudicatario risolvesse le proprie pendenze nei confronti dell’Amministrazione finanziaria (cfr. T.A.R. Marche, 25 novembre 2019, n. 726), con la conseguenza che devono ritenersi non utilmente valorizzabili forme di regolarizzazione postuma della posizione fiscale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 28 ottobre 2019, n. 7386)”.

 Ciò in ragione del fatto che, nel contemperamento con i principi di efficienza e tempestività dell’azione amministrativa, “il favor admissionis non può (…) giustificare l’ammissione di un contraente, sprovvisto al momento della domanda del requisito della regolarità tributaria, in forza di una riserva il cui scioglimento sarebbe caratterizzato da profili di aleatorietà sia sul piano dell’an che sul versante del quando” (Consiglio di Stato, Ad. Plen. sentenza 20 agosto 2013, n. 20).

Infine, per completezza, deve rilevarsi che la revoca dell’aggiudicazione controversa era stata impugnata anche sotto il profilo della non opponibilità alla ditta ricorrente del debito fiscale relativo ad una irregolarità contributiva concernente consulenze e servizi resi dalla persona fisica che ne sia titolare. Anche tale motivo di ricorso è stato rigettato dal TAR Veneto sul presupposto che la ditta individuale coincide con la persona fisica e non costituisce un soggetto giuridico autonomo, sia sotto l’aspetto sostanziale che sotto quello processuale (Cass. civ., 8 giugno 2016, n. 11734).

Conclusioni

Con la sentenza in esame, il TAR Veneto si inserisce nel solco della copiosa giurisprudenza secondo cui la stazione appaltante è vincolata all’esclusione del concorrente per effetto delle attestazioni di irregolarità fiscale provenienti dall’ente certificatore competente, allorché ne risultino gli elementi oggettivi di gravità e di definitività con cui il legislatore ha tipizzato la causa di esclusione obbligatoria all’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

La sentenza valorizza altresì il momento della presentazione della domanda di partecipazione come quello in cui, per espressa volontà del legislatore, viene cristallizzata la posizione debitoria oggetto della verifica sul possesso del requisito di partecipazione della regolarità fiscale da parte della stazione appaltante, di talché le circostanze estintive sopravvenute a tale momento sarebbero irrilevanti.

Di tal guisa, il giudice amministrativo ha ritenuto irrilevante il sopravvenuto provvedimento di sgravio, che, come visto, nel caso di specie, è intervenuto solo in corso di causa.

Tuttavia, premesso che la stazione appaltante non sarebbe obbligata ad attendere sine die le determinazioni dell’Agenzia delle entrate per le ragioni di efficienza e speditezza dell’azione amministrativa cui si è appellato il TAR Veneto, a parere di chi scrive, non è escluso che si possa far salva la facoltà della stazione appaltante di tener conto del provvedimento di sgravio, avente efficacia retroattiva, nell’ipotesi in cui questo intervenga in tempo utile per poter concludere speditamente la fase di comprova dei requisiti.

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[1] “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale. Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo. Il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, ovvero quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l’estinzione, il pagamento o l’impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande(art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come da ultimo modificato dall’art. 8, comma 5, lettera b), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120)

[2] Riguardo all’atto la cui impugnazione rileva ai fini della definitività dell’accertamento, la giurisprudenza ha precisato che la definitività dell’accertamento tributario decorre non dalla notifica della cartella esattoriale – in sé, semplice atto con cui l’agente della riscossione chiede il pagamento di una somma di denaro per conto di un ente creditore, dopo aver informato il debitore che il detto ente ha provveduto all’iscrizione a ruolo di quanto indicato in un precedente avviso di accertamento – bensì dalla comunicazione di quest’ultimo.

La cartella di pagamento (che infatti non è atto del titolare della pretesa tributaria, ma del soggetto incaricato della riscossione) “costituisce solo uno strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale, cioè non possiede […] alcuna autonomia che consenta di impugnarla prescindendo dagli atti in cui l’obbligazione è stata enunciata” (ex multis, Cass., SS.UU., 8 febbraio 2008, n. 3001), laddove è l’avviso di accertamento l’atto mediante il quale l’ente impositore notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente, a seguito di un’attività di controllo sostanziale.

E’ invece l’avviso di accertamento il titolo esecutivo della pretesa tributaria, ossia l’atto formale con cui l’amministrazione finanziaria muove una precisa contestazione al contribuente in merito all’adempimento di una specifica obbligazione fiscale: con esso vengono indicati al contribuente i dati di fatto e di diritto per i quali è richiesto un versamento, nonché la misura dello stesso (art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) e l’imponibile”.

Pertanto, sarà onere del ricorrente dimostrare che, prima delle cartelle esattoriali, non gli siano stati notificati gli avvisi di accertamento presupposti, alla stregua del principio (enunciato da C.d.S., Sez. V, 26 maggio 2016, n. 1783 e citato pure dalla decisione della Sez. V n. 856/2018 di cui si sono ora riportati taluni passaggi) secondo cui l’art. 1, comma 5, del d.l. n. 16/2012, conv. con l. n. 44/2012, contiene una definizione normativa di “definitività” dell’accertamento, per la quale “costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili; […] quest’ultima condizione di pagamento è data per verificata con la notifica della cartella esattoriale” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 18 dicembre 2020, n. 8148, che a sua volta cita la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 12 febbraio 2018, n. 856).

[3] La giurisprudenza ha osservato che il certificato dei carichi pendenti rilasciato dall’Agenzia delle entrate è assistito da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c. fino a querela di falso (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 9 ottobre 2020, n. 6008).

[4] Per completezza, si precisa che il comma 4 dell’articolo 80, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, come modificato dall’art. 8, comma 5, lettera b), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, prevede una ulteriore causa di esclusione per irregolarità fiscale, che la stazione appaltante può esercitare facoltativamente, allorché l’operatore economico abbia commesso violazioni gravi non definitivamente accertate.

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