La semplice visione degli atti di gara, acquisita in sede di accesso, integra la conoscenza utile ai fini della decorrenza del termine per impugnare.
L’elaborazione giurisprudenziale sul tema dell’accesso agli atti delle procedure di affidamento degli appalti pubblici si arricchisce di due nuove pronunce, entrambe meritevoli di segnalazione.
La prima (seppur non in ordine temporale) è del Consiglio di Stato (ordinanza, Sez. V, 24.1.2023, n. 787) e analizza il rapporto – più volte indagato dalla giurisprudenza – tra diritto di difesa e diritto alla tutela del know how.
La seconda, resa dal TAR Piemonte (sentenza, Sez. II, 24.11.2022, n. 1019), esamina il delicato tema relativo al momento in cui può considerarsi integrata la piena conoscenza di un atto o di un documento al qual viene richiesto di accedere, ai fini della relativa contestazione.
1.- Cons. Stato, Sez. V, ordinanza 24.1.2023, n. 787
Nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato, si controverteva sulla fondatezza di una contestazione, mossa ai sensi dell’art.116, comma 2, c.p.a., avverso il parziale rigetto dell’istanza di accesso all’offerta tecnica della società aggiudicataria/controinteressata formulata dall’operatore economico/ricorrente, secondo classificato in gara.
La questione oggetto di scrutinio concerneva, in sostanza, la verifica della configurabilità dei presupposti per l’integrale accoglimento della richiesta di ostensione, in presenza di una motivata dichiarazione da parte del soggetto vincitore circa la sussistenza di segreti tecnici e commerciali da tutelare.
Ebbene, il Consiglio di Stato ha mostrato, anzitutto, di aderire al costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la ratio dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 (norma speciale rispetto all’art. 24 della l. 241/1990) consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al know how del singolo concorrente (vale a dire l’insieme delle competenze e delle esperienze – il c.d. “saper fare”); ciò che occorre evitare – sottolineano, al riguardo, i Giudici di Palazzo Spada – è un “uso emulativo” del diritto di accesso, ovvero un ricorso all’istituto finalizzato esclusivamente a giovarsi delle specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri.
Ora, affinché tale esclusione dall’accesso sia effettivamente operativa, deve tuttavia sussistere una motivata e comprovata dichiarazione del concorrente interessato a far valere il suindicato segreto commerciale o industriale (<<sono esclusi il diritto di accesso e ogni altra forma di divulgazione in relazione … a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali>>: cfr. art. 53, comma 5, cit.:).
Tale condizione di esclusione, in ogni caso, non opera qualora un altro concorrente dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi (<<in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a) è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto>>: cfr. art. 53, comma 6, cit.).
In questa direzione – evidenzia il Consiglio di Stato, richiamando i principi espressi dall’Adunanza Plenaria (cfr. Cons St., Ad. Plen. 18.3.2021, n. 4, già segnalata su questa Rivista: <<Il diritto di accesso c.d. “difensivo” ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990 presuppone il “collegamento” tra la “situazione legittimante l’accesso” ed il “documento” al quale è chiesto l’accesso.>> 22 aprile 2021) – è essenziale dimostrare, non un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti quanto piuttosto “la stretta indispensabilità” della documentazione richiesta per la predisposizione di determinate difese nell’ambito di uno specifico giudizio.
Ne deriva che:
- la valutazione di stretta indispensabilità costituisce il criterio che regola il rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale;
- una simile valutazione va effettuata in concreto e verte, in particolare, sull’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate.
In applicazione di tali principi, il Consiglio di Stato ha, pertanto, respinto l’appello, evidenziando che mentre la controinteressata aveva adeguatamente motivato le proprie ragioni di riservatezza tecnica (know how), l’istante/appellante non aveva allegato quel minimo nesso di strumentalità (c.d. stretta indispensabilità) tra censure proposte e documenti da ostendere.
In altre parole, l’appellante non aveva dimostrato l’assoluta indispensabilità degli elementi coperti da segreto per poter corroborare i propri motivi di ricorso.
2.- TAR-Piemonte, Torino, Sez. II, 24.11.2022, n. 1019
Con la seconda decisione in rassegna, il TAR piemontese ha sanzionato la tardività di un ricorso per motivi aggiunti nella parte in cui veniva censurata la positiva valutazione da parte della stazione appaltante del PEF presentato a corredo dell’offerta aggiudicataria e alla quale la ricorrente aveva avuto la possibilità di accedere attraverso la semplice visione, prima del rilascio della relativa copia.
Nella fattispecie esaminata dal TAR Piemonte si verificava nello specifico che, a seguito di un istanza di accesso agli atti formulata dalla ricorrente, la centrale di committenza avesse dapprima differito e poi concesso l’accesso con alcune limitazioni.
In particolare, l’amministrazione concedeva esplicitamente l’accesso al PEF della aggiudicataria, inizialmente nella sola forma della visione senza tuttavia che la ricorrente si avvalesse di tale possibilità.
In un secondo momento, l’amministrazione autorizzava il rilascio integrale delle copie dell’offerta della società aggiudicataria, incluso il PEF.
Ebbene, il TAR ha affermato come la messa a disposizione del PEF, nella forma della visione, avrebbe già consentito di formulare le censure e i motivi di ricorso ad esso afferenti sin dal giorno in cui era maturata per il ricorrente la possibilità della piena conoscibilità del documento.
Da qui la declaratoria di irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti con riferimento a tutte quelle contestazioni che riguardavano il PEF e che avrebbero dovuto essere sollevate già in sede di ricorso introduttivo nei termini di impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, essendo tale documento accessibile e pienamente conoscibile già prima della notificazione del ricorso originario.
Ad avviso del TAR, la conoscenza utile ai fini della decorrenza del termine per impugnare coincide con la cognizione acquisita in sede di accesso agli atti senza che sia necessaria l’estrazione delle relative copie posto che <<anche alla luce delle finalità acceleratorie poste a base dell’art. 120 c.p.a. … si deve ritenere che la visione degli atti consenta, ai sensi dell’inciso finale del suo comma 5, la cognizione integrale degli stessi con conseguente piena conoscenza degli elementi ritenuti rilevati e decorrenza del termine per impugnare>>.
In nessun caso, dunque, il termine per la proposizione dell’impugnativa potrebbe essere procrastinato per scelta dei concorrenti mediante la proposizione di istanze di accesso ad effetto dilatorio e mediante l’assunzione di comportamenti dilatori (come la mancata presa visione degli atti messi a disposizione dall’amministrazione) venendo altrimenti vanificata la ratio del termine stesso, posto a presidio del più generale principio della certezza del diritto (cfr. Cons Stato Sez. V, 28/06/2022, n. 5352).
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