Sulla rilevanza temporale dell’obbligo dichiarativo delle condanne non automaticamente escludenti ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016

Ovvero, sul termine di durata dell’efficacia escludente di tali condanne e sul dies a quo per il relativo computo

Ernesto Papponetti 23 Dicembre 2021
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Ovvero, sul termine di durata dell’efficacia escludente di tali condanne e sul dies a quo per il relativo computo

Di grande interesse, per i risvolti applicativi che potranno discenderne e per il sicuro impatto nel governo dei procedimenti di gara che è destinata a produrre (sempre che le sue conclusioni siano condivise dalla giurisprudenza successiva) è la recente sentenza del TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 2.12.2021, n. 1108, che ha fornito un’originale e ragionata lettura interpretativa della normativa codicistica sulla rilevanza temporale dell’obbligo dichiarativo delle sentenza penali di condanna non tipizzate dall’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 (ossia, delle sentenze penali di condanne diverse dal quelle indicate dall’art. 80, comma 1 e che potrebbero assumere rilievo come “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c)).

1. La fattispecie esaminata dal TAR concerneva l’esclusione di una società (già aggiudicataria) da una gara indetta nel giugno 2021 disposta a seguito della verifica dell’insussistenza dei motivi di esclusione ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.

In particolare, il provvedimento espulsivo veniva comminato essendo emerso a carico del procuratore speciale e direttore generale della società la condanna, non dichiarata, a due mesi e venti giorni di reclusione <<per il reato di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in autorizzazioni amministrative ex art. 477 c.p. – commesso in epoca anteriore e prossima al 5 dicembre 2008 – accertato con sentenza irrevocabile del 17 dicembre 2018>>.

La stazione appaltante riteneva, infatti, che il mancato adempimento dichiarativo rilevasse ai fini escludenti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis) del d.lgs. n. 50/2016.

2. In sede di impugnazione, la società ricorrente contestava l’illegittimità dell’espulsione, opponendo – tra gli altri motivi – che la supposta omissione dichiarativa potesse, invece, rilevare eventualmente ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. c), il quale – come è noto – <<postula una valutazione in punto di integrità ed affidabilità del concorrente>>.

 3. Il TAR del Piemonte ha giudicato tale doglianza dirimente ai fini della definizione della controversia, precisando, innanzitutto, come la fattispecie oggetto di esame – alla luce dei principi dettati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato in tema di perimetrazione degli obblighi dichiarativi (sentenza n. 16 del 20.8.2020) – dovesse inquadrarsi <<all’interno delle ipotesi contemplate dalla lett. c) del comma 5 dell’art. 80>>, nelle quali rientrano <<tutte le omissioni di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione>>.

L’omissione dichiarativa non avrebbe potuto, quindi, determinare l’automatismo espulsivo proprio dell’ipotesi residuale del falso dichiarativo di cui alla lett. f-bis), ma avrebbe imposto alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente la congruità e l’affidabilità dell’operatore economico alla luce della circostanza omessa.

Una volta accertata l’illegittimità, per le ragioni appena esposte, del provvedimento di esclusione, il TAR si è soffermato “ai fini conformativi” sulla problematica della rilevanza temporale dell’obbligo dichiarativo delle condanne non automaticamente escludenti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016

4. Ed è proprio in questa sua seconda parte che la decisione in commento tratteggia le conclusioni di maggiore interesse.

L’assunto da cui prende avvio il percorso argomentativo del TAR è che, in tema di precedenti penali, non si possa logicamente consentire un trattamento giuridico più favorevole alle situazioni nelle quali intervengano condanne automaticamente ostative alla partecipazione alla gara (cfr. art. 80, comma 1) rispetto a situazioni diverse, assoggettabili ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante (cfr. art. 80, comma 5, lett. c)).

L’indagine dei giudici si è concentrata, pertanto, sulla durata dell’efficacia escludente delle condanne penali potenzialmente rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e sull’individuazione del dies a quo per il computo del relativo termine, trattandosi di profili che incidono in maniera diretta sulla rilevanza temporale dell’obbligo di dichiarare tali condanne in sede di partecipazione alla gara.

Con riferimento al tema del dies a quo, il TAR ha evidenziato come il termine di rilevanza della condanna debba necessariamente decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza <<come peraltro espressamente imposto dal medesimo art. 80 in tutti i casi in cui menziona esplicitamente la rilevanza di condanne penali>>.

Sul piano concreto, infatti, la soluzione (nella fattispecie propugnata dalla ricorrente) secondo cui andrebbe preso in considerazione il fatto storico da cui la condanna scaturisce condurrebbe ad escludere “pressoché in ogni caso” la rilevanza di sentenze penali ai sensi dell’art. 80, comma 5, in quanto l’accertamento penale del fatto (e talvolta anche la sua scoperta in sede di indagini) si cristallizza oltre il triennio dalle condotte.

Quanto alla durata degli effetti escludenti derivanti dalle ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016, il TAR, dopo aver precisato di conoscere l’indirizzo ermeneutico secondo cui, mediante il generico riferimento “al comma 5”, contenuto nel nuovo comma 10-bis dell’art. 80 il limite di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” viene indicato come triennale in ogni caso, ivi incluse le condanne e decorrente, appunto in tal caso, dalla data del passaggio in giudicato, ha affermato di volersene discostare in quanto tale soluzione avrebbe ingenerato, nel caso concreto, effetti obiettivamente sproporzionati.

Richiamato dunque il disposto di commi 10 e 10 bis dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 (“10. Se la sentenza penale di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la durata della esclusione dalla procedura d’appalto o concessione è:

a) perpetua, nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell’articolo 317-bis, primo periodo, del codice penale, salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell’articolo 179, settimo comma, del codice penale;

b) pari a sette anni nei casi previsti dall’articolo 317-bis, secondo periodo, del codice penale, salvo che sia intervenuta riabilitazione;

c) pari a cinque anni nei casi diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione.

10-bis. Nei casi di cui alle lettere b) e c) del comma 10, se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, la durata della esclusione è pari alla durata della pena principale. Nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso”), il Giudice ha evidenziato come l’applicazione delle suindicate prescrizioni normative al caso in esame avrebbe dovuto condurre all’applicazione di un termine di rilevanza triennale decorrente dal passaggio in giudicato della condanna.

Sennonché, l’applicazione di tale termine avrebbe prodotto <<intollerabili effetti di incoerenza esterna>> rispetto a quanto previsto per le condanne per reati tipicamente escludenti (cfr. art. 80, comma 1), quali ad esempio quelli indicati dall’art. 317 bis c.p..

Per questi ultimi, infatti, il comma 10-bis dell’art. 80 prevede un termine di rilevanza della causa escludente pari alla durata della pena stessa in ipotesi di pene inferiori a sette o cinque anni.

In pratica, quindi, nei casi di condanna a pene inferiori ai tre anni per taluno dei reati, che per la loro gravità tipica addirittura obbligano la stazione appaltante ad escludere il concorrente e possono comportare la pena accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, si avrebbe una efficacia temporale della durata dell’esclusione minore di quella che si avrebbe nel caso – come quello al suo vaglio – in cui sia stata comminata una pena di due mesi e pochi giorni di reclusione soggetta a valutazione discrezionale della stazione appaltante (ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c).

A parere del Collegio, tale evidenza imporrebbe un’interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata della normativa, improntata al canone della ragionevolezza e proporzionalità, non potendosi ritenere che il riferimento contenuto nell’art. 10 bis “al comma 5”, ferma l’individuazione del limite triennale massimo di esclusione per tutte le ipotesi di gravi illeciti professionali, ivi comprese eventuali condanne non tipizzate dal legislatore nella loro valenza escludente, sfoci, per condanne di durata inferiore a tre anni e non corredate dalla pena accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, nella palese violazione del principio di uguaglianza e degli stessi criteri di proporzionalità ed armonizzazione del sistema che hanno guidato il legislatore e la giurisprudenza in materia.

La conclusione è, dunque, che il termine di tre anni di cui al comma 10-bis sia applicabile agli illeciti professionali contrattuali e alle condanne superiori ai tre anni, mentre laddove la durata della condanna comminata sia inferiore ai tre anni non potrà che applicarsi il criterio del primo periodo del citato comma 10-bis, che impone una esclusione pari alla durata della pena dal passaggio in giudicato della sentenza.

Nel caso di specie, il Giudice ha ritenuto che il periodo di rilevanza escludente della condanna per il reato di cui all’art. 477 c.p. fosse quindi già decorso, in quanto trattavasi di condanna di durata pari a due mesi e venti giorni, passata in giudicato nel 2018.

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