Sulla distinzione fra atto “di conferma in senso proprio” e atto “meramente confermativo”

Non può considerarsi “meramente confermativo” l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione all’origine del primo provvedimento, giacché l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, conduce ad un atto “propriamente confermativo”

irene picardi 7 Ottobre 2021
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Non può considerarsi “meramente confermativo” l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione all’origine del primo provvedimento, giacché l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, conduce ad un atto “propriamente confermativo”

La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 6606/2021 offre l’occasione di tornare su uno dei temi tradizionali del diritto amministrativo, quello della distinzione fra atto “di conferma in senso proprio” e atto “meramente confermativo”, applicata in questo caso al settore dei contratti pubblici.

All’esito di una gara indetta dal Prefetto di Bari e dall’Agenzia del demanio – Direzione regionale Puglia e Basilicata, per l’affidamento del servizio triennale di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto di sequestro o confisca nell’ambito territoriale della Città metropolitana di Bari, il contratto di appalto veniva aggiudicato al RTI classificatosi al primo posto della graduatoria. Il raggruppamento secondo classificato impugnava detta aggiudicazione per presunta carenza, in capo al soggetto affidatario, di taluni requisiti tecnici richiesti dalla legge di gara. Nelle more dello svolgimento del giudizio, le stazioni appaltanti depositavano un ulteriore atto con il quale, all’esito di nuova attività istruttoria e accertamenti, confermavano la legittimità del provvedimento impugnato.

In primo grado, il T.a.r. per la Puglia (sez. II, n. 1059/2019) rigettava il ricorso esperito avverso l’aggiudicazione; nell’ambito del giudizio di appello contro detta decisione, l’affidatario ha a sua volta proposto appello incidentale, deducendo l’inammissibilità dell’impugnativa ex adverso proposta per difetto di interesse e mancata contestazione dell’atto sopravvenuto. Mentre per l’appellante incidentale tale atto sarebbe, infatti, da qualificarsi come atto confermativo in senso proprio dell’aggiudicazione, e la sua mancata impugnazione da parte dell’appellante principale eliderebbe qualsiasi interesse all’eventuale annullamento dell’aggiudicazione originaria, per l’appellante principale esso costituirebbe invece un atto meramente interlocutorio, inidoneo in quanto tale a ledere la sua sfera giuridica.

All’esito del giudizio di secondo grado, i giudici del Consiglio di Stato hanno accolto l’impostazione dell’appellante incidentale. La soluzione della controversia è ruotata intorno all’esatta qualificazione del provvedimento adottato dalle amministrazioni aggiudicatrici nel corso del giudizio di primo grado. Il ragionamento del Consiglio di Stato si è, quindi, inizialmente incentrato sulla distinzione fra le categorie di atti sopra richiamati.

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Al riguardo, si è anzitutto ricordato che con l’atto “meramente confermativo” l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un precedente provvedimento, senza compiere nuova attività istruttoria e senza una nuova motivazione. Tale atto si connota, quindi, per la sola funzione di illustrare all’interessato che la questione è stata già decisa con precedente provvedimento, di cui si opera un integrale richiamo. In ragione di tali caratteristiche, l’atto meramente confermativo risulta privo di spessore provvedimentale e insuscettibile, sul piano processuale, di essere impugnato autonomamente.

Invece, l’atto “di conferma in senso proprio” viene adottato dall’amministrazione all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi in gioco, essendo connotato anche da una nuova motivazione. In particolare, non può considerarsi “meramente confermativo” l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al primo provvedimento, giacché l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto, può condurre ad un atto “propriamente confermativo”, in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente, suscettibile di autonoma impugnazione.

In altri termini, gli atti meramente confermativi, a differenza di quelli di conferma, “si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione; mancando detta riapertura e la conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. «provvedimenti di secondo grado», essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo”.

Alla luce di tali considerazioni e dell’effettivo contenuto dell’atto emesso dall’Agenzia del demanio e dalla Prefettura di Bari nel corso del giudizio di primo grado, il Consiglio di Stato ha qualificato lo stesso come atto di conferma in senso proprio dell’aggiudicazione gravata, poiché adottato all’esito di una nuova e articolata istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi in gioco. Le amministrazioni aggiudicatrici avevano, infatti, compiuto ulteriori accertamenti in ordine al possesso da parte del raggruppamento aggiudicatario dei necessari requisiti di capacità tecnico-organizzativa.

La decisione in commento dimostra come la distinzione fra atto confermativo in senso proprio e atto meramente confermativo, pur essendo ormai consolidata a livello teorico nella giurisprudenza amministrativa, si ponga in termini problematici nella prassi. Come evidenziato anche dai giudici del Consiglio di Stato all’interno della sentenza, l’esatta qualificazione di un provvedimento va, infatti, effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuitogli dall’amministrazione.

Tale circostanza può non rendere sempre agevole, soprattutto in presenza di atti di dubbia natura – come quello in rilievo nel caso di specie, adottato a conferma di una precedente aggiudicazione, già disposta dalla stazione appaltante all’esito della valutazione della domanda di partecipazione e dell’offerta del concorrente – ricondurre il provvedimento all’una o all’altra categoria di atti. Ciò anche in ragione del fatto che la fattispecie oggetto di riesame è la medesima sottesa al provvedimento originario e che il secondo atto giunge allo stesso esito del precedente.

Nell’ambito di tale operazione di qualificazione, occorre quindi verificare con attenzione se l’amministrazione, attraverso l’adozione del nuovo atto, abbia o meno rinnovato l’esercizio del potere, utilizzando a tal fine gli indici elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, quali ad esempio l’andamento logico-giuridico dell’atto, la conclusione assunta dall’amministrazione e se quest’ultima abbia o meno svolto ulteriore attività istruttoria, acquisito nuova documentazione e valutato nuovamente gli interessi in gioco, dando vita così ad un provvedimento che si sostituisce al precedente nel disciplinare il rapporto amministrativo. Come dimostrato anche dalla sentenza del Consiglio di Stato, l’esatta qualificazione del nuovo provvedimento, in termini di atto confermativo in senso proprio ovvero di atto meramente confermativo, assume rilievo soprattutto sul versante processuale, poiché solo nel primo caso il provvedimento può essere autonomamente contestato in giudizio.

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