Sulla derogabilità dell’obbligo della stazione appaltante di fornire all’appaltatore un progetto esecutivo immediatamente cantierabile

Commento all’Ordinanza 16 giugno 2020, n. 11658 la Corte di cassazione, sezione civile

Federica Casciaro 12 Agosto 2020
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Con ordinanza 16 giugno 2020, n. 11658 la Corte di cassazione ha trattato il tema dei limiti in cui l’appaltatore può essere onerato della progettazione in un appalto di lavori, aprendo alla derogabilità all’obbligo della stazione appaltante di redigere un progetto esecutivo immediatamente cantierabile ed alla possibilità che l’appaltatore venga incaricato della progettazione di aspetti non marginali dell’appalto

La fattispecie scrutinata

Nella fattispecie sottesa alla pronuncia, l’ATI appaltatrice aveva attivato il giudizio affinché venisse dichiarata la risoluzione contrattuale per inadempimento della stazione appaltante. La domanda giurisdizionale, accolta in primo grado, era stata invece rigettata dalla Corte di appello di Roma con sentenza 4724 del 14 luglio 2014, la quale ha poi costituito oggetto di impugnazione innanzi alla Corte di cassazione per aver sottovalutato – secondo la tesi attorea – le carenze del progetto esecutivo della committente, con l’effetto di porre impropriamente a carico dell’appaltatore l’obbligo di provvedere ad attività sostitutive di quelle proprie del committente, in violazione degli artt. 16, commi 5, 17 e 19 della legge n. 109 del 1994.

Con la decisione in commento, la Corte di cassazione ha confermato la pronuncia della Corte d’appello, ritenendo che quest’ultima avesse diffusamente argomentato nel senso che l’inadempimento contrattuale era riscontrabile in capo all’ATI appaltatrice, la quale aveva disatteso l’obbligo di fornire una idonea progettazione costruttiva, posto a suo carico ad opera del bando e del contratto; in particolare, l’ATI appaltatrice era stata incaricata dell’individuazione della metodologia da attuare per la migliore composizione delle miscele (definita “mix design”) e la Corte territoriale aveva altresì ritenuto che tale attività non consistesse in una ulteriore progettazione esecutiva.

Così ripercorsi gli aspetti di merito, in quanto tali estranei allo scrutinio della Suprema Corte, la Cassazione ha concluso che “l’esito decisorio non è dissonante dal principio secondo cui l’amministrazione committente di opera pubblica, al di fuori dei casi e dei modi specificamente previsti, ha di regola l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo immediatamente <<cantierabile>>, non bisognoso cioè di ulteriori specificazioni (cfr. Cass. n. 8779 del 2012, n. 28799 del 2018). Il suddetto principio è evidentemente derogabile dalle parti nell’esercizio dell’autonomia privata, come avvenuto nel caso in esame, in cui l’appaltatore aveva assunto l’obbligo di predisporre il <<progetto costruttivo o di cantiere>>. La corte territoriale ha verificato la correttezza ed eseguibilità del progetto appaltato, l’ininfluenza dell’asserita carenza di ulteriori norme tecniche di dettaglio e, dunque, ha accertato la responsabilità dell’ATI per il mancato raggiungimento dei risultati progettuali, essendo stato rimesso all’esecutore qualificato di risolvere aspetti non marginali dell’appalto mediante un maggior impegno organizzativo, ancorché economicamente più dispendioso ma non per questo sproporzionato e, dunque, con uno sforzo organizzativo da parte di tutte le imprese associate” (Cassazione civile, sez. I, 16 giugno 2020, n. 11658).

Il quadro normativo

La disciplina ratione temporis applicabile è quella di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. legge Merloni), sebbene le norme di interesse per l’ordinanza in commento siano state sostanzialmente replicate sia nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (artt. 90, 91 e 93) sia, da ultimo, nel decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (artt. 23-24).

Specificamente, l’art. 16, comma 5, legge 11 febbraio 1994, n. 109 stabilisce che “il progetto esecutivo, redatto in conformità al progetto definitivo, determina in ogni dettaglio i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto e deve essere sviluppato ad un livello di definizione tale da consentire che ogni elemento sia identificabile in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo. In particolare il progetto è costituito dall’insieme delle relazioni, dei calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti e degli elaborati grafici nelle scale adeguate, compresi gli eventuali particolari costruttivi, dal capitolato speciale di appalto, prestazionale o descrittivo, dal computo metrico estimativo e dall’elenco dei prezzi unitari. Esso è redatto sulla base degli studi e delle indagini compiuti nelle fasi precedenti e degli eventuali ulteriori studi ed indagini, di dettaglio o di verifica delle ipotesi progettuali, che risultino necessari e sulla base di rilievi planoaltimetrici, di misurazioni e picchettazioni, di rilievi della rete dei servizi del sottosuolo […]”.

A seguire, l’articolo 17 della stessa legge imputa la redazione del progetto esecutivo alla stazione appaltante, ad eccezione dei casi ivi specificamente previsti.

Infine, l’art. 19, comma 1 – dopo aver precisato, alla lett. a), che “i contratti d’appalto di lavori pubblici di cui alla presente legge sono contratti a titolo oneroso […], aventi per oggetto: a) la sola esecuzione dei lavori pubblici …” – prevede, alla lett. b), nn. 1) e 2), la possibilità che tali contratti possano avere ad oggetto anche la “progettazione esecutiva”, ma soltanto qualora in essi “sia prevalente la componente impiantistica o tecnologica”, ovvero “riguardino lavori di manutenzione, restauro o scavi archeologici”.

Il quadro giurisprudenziale

L’ordinanza in commento si pone apparentemente in contrasto con precedenti pronunce della Corte di cassazione (Cassazione civile, sez. I, 09 novembre 2018, n. 28799; 31 maggio 2012, n.8779; 12 agosto 2010, n.18644) sui limiti in cui l’appaltatore può essere incaricato della progettazione ai fini della cantierizzazione dell’opera pubblica, in particolare nell’ammettere che l’appaltatore, assumendo l’obbligo di redigere il progetto costruttivo, possa assumersi l’impegno a “risolvere aspetti non marginali” dell’appalto e derogare in via contrattuale all’obbligo della stazione appaltante di predisporre un progetto esecutivo immediatamente cantierabile.

Infatti, la giurisprudenza della Corte di cassazione aveva interpretato le norme sopra menzionate nel senso di porre a carico del committente l’obbligo di fornire all’appaltatore il progetto esecutivo, inteso come progetto immediatamente cantierabile, cioè concernente un’opera che non necessita di ulteriori specificazioni per essere realizzata, in quanto contenente la puntuale e dettagliata descrizione e rappresentazione dell’opera stessa, senza poter rendere necessari ulteriori livelli progettuali in senso proprio, né implicare attività volte a colmare le lacune eventualmente presenti nel progetto esecutivo. Come precisato ancor prima dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con determinazione del 31 marzo 2001 n. 4, “l’attività di progettazione prevista dall’art. 16 della citata legge 109 si pone come cardine fondamentale della riforma ed il progetto – risultato finale di tale attività – assume un ruolo decisivo ed una posizione di effettiva centralità nel procedimento di realizzazione delle opere pubbliche”, in ragione del fatto che il progetto costituisce il contenuto dell’appalto ed identifica l’obbligazione posta a carico dell’appaltatore, ponendosi in correlazione con gli altri istituti dell’esecuzione, come le varianti, le garanzie, gli espropri, i piani di sicurezza, “in un contesto di reciproca influenza, dominato dall’esigenza della chiarezza, fin dall’inizio, dei costi e delle finalità che si intendono raggiungere” (determinazione Avcp del 31 marzo 2001 n. 4).

Alla luce di tale quadro, la Cassazione aveva finora ritenuto che l’obbligo della immediata cantierabilità del progetto esecutivo in capo al committente dell’opera pubblica fosse imposto da disposizioni di legge imperative ed inderogabili, e perciò automaticamente sostituite all’eventuale regola pattizia contraria, da doversi dichiarare nulla.

In tal senso, secondo il filone giurisprudenziale finora affermatosi, l’obbligo dell’appaltatore di provvedere alla cosiddetta “cantierizzazione” non poteva consistere nel completamento del progetto esecutivo, ma doveva intendersi come produzione della documentazione che l’esecutore elaborava per tradurre le indicazioni e scelte contenute nel progetto in istruzioni e piani operativi; infatti, nell’ambito della piena libertà di organizzazione dei lavori che caratterizza l’attività dell’impresa nell’appalto, rientrano gli oneri e i compiti relativi all’organizzazione delle attività costruttive e alle elaborazioni necessarie a ciascun operatore (tecnici, maestranze, fornitori) per assolvere ai propri compiti.

La Cassazione aveva però precisato che, “se è vero che l’appaltatore non è un nudus minister, ma un esecutore qualificato e dotato di adeguate cognizioni tecniche che gli consentono di interpretare correttamente le indicazioni progettuali e, al limite, di sopperire alle eventuali mancanze del progetto esecutivo, deve trattarsi pur sempre di attività marginali di adattamento, precisazione e integrazione di elementi di dettaglio che si rendono necessari, in corso d’opera, nella concreta realizzazione dell’opera” (Cassazione civile, sez. I, 31 maggio 2012, n.8779).

Conclusioni

La formulazione dell’ordinanza in commento non chiarisce del tutto se ed in quale misura la Corte di cassazione abbia inteso adottare un orientamento in contrasto con quello affermato nei precedenti arresti in materia.

A tal proposito, si sottolinea che la decisione in esame richiama le precedenti pronunce, peraltro ascrivibili alla stessa sezione e in un caso persino allo stesso relatore, sicché probabilmente un cambio di orientamento sarebbe stato segnato da una motivazione più esplicita ed approfondita. È pur vero che gli arresti precedenti vengono richiamati in merito alla definizione dell’obbligo del committente di fornire un progetto esecutivo immediatamente cantierabile, per poi sancirne la derogabilità.

In ogni caso, non può non rilevarsi una maggiore responsabilizzazione dell’appaltatore nell’assunzione degli impegni in sede contrattuale per effetto dell’ordinanza in esame, nella misura in cui afferma la legittimità di clausole che investano l’impresa dell’onere progettuale, anche per aspetti non marginali dell’appalto.

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