TAR Napoli, sez. VII, 4 settembre 2024, n. 4816
Premessa
Il T.a.r. Napoli, con una recente pronuncia, si è espresso sui principi di pari opportunità e trasparenza che costituiscono attuazione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità, ex art. 97 Cost.
Si tratta di principi cardine che orientano l’attività della pubblica amministrazione, volti a garantire da un lato efficienza, efficacia ed economicità dell’azione pubblica, e dall’altro lato parità di trattamento di tutti i soggetti con cui l’amministrazione si rapporta (in ossequio all’art. 3 della Costituzione).
I principi di cui si discorre assumono profonda importanza nell’ambito delle procedure volte ad affidare concessioni demaniali marittime. Infatti, le aree marittime sono caratterizzate da notevole scarsità, per cui ne discende che l’affidamento delle stesse ai diversi operatori economici presenti nel mercato debba avvenire tramite procedure di gara, nel rispetto del principio di concorrenza di derivazione comunitaria.
Tale principio implica che a tutti i soggetti interessati siano concesse pari opportunità di partecipazione alle procedure di affidamento, da svolgersi con adeguata pubblicità e trasparenza (volte a garantire la sindacabilità dell’operato della P.A.).
Il Collegio, con la presente pronuncia, ha messo in luce che i principi testé richiamati devono sovraintendere tutta l’attività amministrativa (ivi comprese le procedure di gara ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di contratti pubblici) e devono, dunque, essere puntualmente osservati dall’amministrazione anche nella elaborazione e predisposizione della documentazione di gara.
Il caso di specie
La ricorrente promuove ricorso contro la Regione Campania per il mancato rinnovo di una concessione demaniale marittima, rilasciata nel 2013, relativa al mantenimento di un impianto di distribuzione di gasolio, costituito da due serbatoi della capacità di mc 15 ciascuno e da due gruppi di elettropompe e tubazioni amovibili.
Di seguito, sia consentito ripercorrere brevemente i fatti di causa.
Con nota n. 73839 del 10 febbraio 2021 la Direzione Generale per la Mobilità della Regione Campania – Demanio Marittimo Portuale ha comunicato alla ricorrente “che, nelle more del perfezionamento del procedimento di rinnovo della concessione demaniale marittima in oggetto”, [la stessa] Società [veniva] legittimata all’utilizzazione delle aree demaniali ricadenti nell’atto concessorio, con i conseguenti oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria come indicati all’art. 3, comma 7 del richiamato titolo” .
Il 27 maggio 2021 la stessa Direzione Generale invitava la società ricorrente e altri due operatori, “a presentare una relazione tecnico-illustrativa, corredata da idonei elaborati grafici, che preved[esse] anche la descrizione delle modalità di organizzazione e gestione del servizio offerto…e della concessione rispetto ai … parametri di valutazione … indicati”.
All’esito delle operazioni di gara, la Commissione proponeva di aggiudicare la concessione alla ditta Omissis.
L’amministrazione aggiudicatrice approvava le operazioni valutative condotte della Commissione e per gli effetti decretava, in data 18 maggio 2023, di aggiudicare la procedura per l’affidamento della concessione demaniale marittima per la gestione dell’impianto di distribuzione di gasolio alla Omissis.
Avverso il suddetto provvedimento insorgeva la Omissis deducendo diversi motivi di ricorso.
Per quanto di interesse, risulta opportuno mettere in luce le doglianze della ricorrente afferenti l’asserita violazione dell’art. 49 del R.D. n. 327/1942 (Codice della navigazione) e della legge di gara.
Secondo parte ricorrente, l’offerta della controinteressata sarebbe “palesemente inattendibile e contraddittoria” poiché: a) non sarebbe chiaro se l’offerta abbia a oggetto una “ristrutturazione” o una “manutenzione straordinaria”; b) si fonderebbe “sull’errato presupposto che tutti gli interventi proposti possano essere eseguiti sull’impianto esistente che, però, è di proprietà della ricorrente ed i cui elementi amovibili impiantati (su tutti, i serbatoi e le tubazioni) vanno rimossi alla scadenza della concessione”.
A sua volta, la società aggiudicataria ha promosso ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 104/2010, eccependo la violazione dei principi di par condicio (mutando l’oggetto della gara per il concessionario uscente rispetto agli altri concorrenti) e del clare loqui in quanto la normativa di gara non recava alcuna previsione che chiarisse che tutte o alcune parti dell’impianto oggetto di concessione dovessero o potessero essere rimosse dal concessionario uscente.
La decisione del TAR
Il T.a.r. ha ritenuto fondato il ricorso principale e i motivi aggiunti nella parte in cui censurano che l’offerta della controparte postuli, erroneamente, la permanenza dell’impianto in sede.
La ricorrente, nelle proprie doglianze, ha sottolineato che l’aggiudicataria non possedeva alcun titolo per utilizzare i serbatoi esistenti poiché non aveva “la disponibilità giuridica e materiale dei beni che ha proposto di ristrutturare/manutenere, né ha stimato i costi per l’acquisto ed installazione dei nuovi serbatoi”.
Il g.a. ha condiviso quanto sostenuto dalla ricorrente e, a tal riguardo, richiamava la previsione contenuta nell’art. 49 del Codice della navigazione che prevedeva la devoluzione all’amministrazione delle sole opere inamovibili realizzate sulla zona demaniale, fatta salva “la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino”.
Nello stesso senso deponeva anche l’articolo 3, co. 3 del precedente provvedimento di concessione che imponeva al concessionario – alla scadenza del contratto – il dovere di liberare l’aria occupata “asportando i manufatti impiantati e quindi consegnarla nello stato originario all’Amministrazione regionale”.
Il quadro delineato chiariva che la rimozione dell’impianto da parte della concessionaria uscente fosse prevista e, dunque, in presenza di un eventuale nuovo gestore, quest’ultimo non avrebbe potuto disporre delle opere realizzate dal concessionario uscente.
Il Collegio, ravvisata la fondatezza del ricorso principale, procedeva successivamente alla disamina del ricorso incidentale, posto che da un suo accoglimento non avrebbe potuto che conseguire la declaratoria di improcedibilità del gravame principale.
Il giudice ha ritenuto fondato il ricorso incidentale nella parte in cui contesta la legittimità degli atti di gara per violazione dei principi di par condicio e dell’onus clare loquendi.
Prima di approfondire le ragioni della fondatezza del suddetto gravame, il Collegio ha chiarito che “per giurisprudenza consolidata, in base al principio comunitario di concorrenzialità, le concessioni demaniali, in quanto concernenti beni economicamente contendibili, devono essere affidate mediante procedura di gara (C.d.S. V, 11 giugno 2018). Pertanto, per l’affidamento del relativo contratto (attivo e non passivo) è necessario (…) il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica (Consiglio di Stato, sezione settima, sentenza 4 dicembre 2023, n. 10455)”.
Alla luce della disamina di tutta la documentazione di gara e del provvedimento di aggiudicazione (di cui al decreto dirigenziale n. 75 del 18 maggio 2023), il Tribunale ha ritenuto che in nessun atto fosse rappresentata la circostanza che “tutte o alcune parti dell’impianto, così come rappresentato, dovessero o potessero essere rimosse dalla concessionaria uscente”.
D’altra parte, il Collegio ha sottolineato che non vi era però neanche alcuna indicazione volta a rimuovere il vantaggio competitivo ricadente in capo alla concessionaria uscente; infatti, quest’ultima aveva la possibilità “di presentare un’offerta non comprensiva dei costi di realizzazione dell’impianto, che, nella sua posizione, ben avrebbe potuto non rimuovere”.
Ne consegue che la partecipazione della ricorrente ha configurato, a detta del T.a.r., “una di quelle ipotesi che determinano una differente posizione di partenza nella partecipazione alla procedura per l’affidamento della concessione o, in altri termini, una disomogeneità di partenza per la particolare posizione in cui tale concorrente veniva a trovarsi”.
Così asserendo, il g.a. ha fatto applicazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità, i quali “oltre che essere il cardine del Trattato e delle direttive comunitarie in materia, costituiscono altresì inveramento dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, ex art. 97 Cost., che sovrintendono all’azione amministrativa, nonché della stessa libertà di iniziativa economica, ex art. 41 Cost., che non potrebbe essere seriamente tale laddove l’ordinamento ammettesse, in generale e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, posizioni di vantaggio ovvero squilibri e/o disomogeneità di trattamento e di rapporti” (Consiglio di Stato, sezione IV, 3 maggio 2011, n. 2650).
Sul punto, ricorda il T.a.r. Napoli, “è stato affermato che il principio delle pari opportunità impone, secondo la giurisprudenza, che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica dunque che queste ultime siano soggette alle stesse condizioni per tutti tali offerenti. Il principio di trasparenza, che ne rappresenta un corollario, ha fondamentalmente lo scopo di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà da parte dell’autorità aggiudicatrice. Esso implica che tutte le condizioni e modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca, nel bando di gara o nel capitolato d’oneri(Tribunale di I grado Unione Europea, sezione seconda, sentenza 13 ottobre 2015 n. 403/12; in termini, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna sezione II, sentenza 10 aprile 2017, n. 295)”.
Il Collegio, dunque, ha accolto le censure formulate nel ricorso incidentale, sottolineando che la procedura indetta dall’amministrazione non presentasse “strumenti di eliminazione delle circostanze che minavano la par condicio dei concorrenti”.
È stato, pertanto, accolto il ricorso incidentale e disposto l’annullamento della lettera d’invito e di tutti gli atti della procedura paraconcorsuale.
Conseguentemente, il ricorso principale e i motivi aggiunti sono stati dichiarati improcedibili per carenza di interesse.
Brevi considerazioni conclusive
Il Giudice, tramite l’analisi delle censure formulate da entrambe le parti, ha rilevato che la procedura di gara, come predisposta dalla Regione Campania, determinava una posizione di chiaro vantaggio competitivo in capo a una delle due società concorrenti di talché la ricorrente, concessionaria uscente, aveva la possibilità “di presentare un’offerta non comprensiva dei costi di realizzazione dell’impianto, che, nella sua posizione, ben avrebbe potuto non rimuovere”.
Diversa, invece, la posizione dell’aggiudicataria, che di fronte alla rimozione degli impianti da parte della società uscente avrebbe dovuto mettere in conto i costi di realizzazione di un’opera ex novo.
Di conseguenza, ciò che è risultato leso è il principio di pari opportunità che postula “che tutti gli offerenti dispongano delle stesse opportunità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implica dunque che queste ultime siano soggette alle stesse condizioni per tutti tali offerenti” (Tribunale di I grado Unione Europea, sezione seconda, sentenza 13 ottobre 2015 n. 403/12; in termini anche T.a.r. Emilia-Romagna, Bologna, sezione II, 10 aprile 2017, n. 295).
Questo principio, rileva il Collegio, non solo è imposto a livello comunitario dai Trattati e dalle Direttive, ma discende prima di tutto dai principi di buon andamento e imparzialità ex art. 97 Cost.
Con questa pronuncia si è voluto ribadire, ancora una volta, l’importanza del rispetto di tali principi, soprattutto in relazione alle concessioni demaniali marittime, caratterizzate da scarsità di risorse, e quindi considerate “beni economicamente contendibili” (C.d.S. V, 11 giugno 2018), per cui si rende necessario l’affidamento mediante procedura di gara.
Questa pronuncia si inserisce all’interno di un contesto caratterizzato da un continuo contrasto tra le norme comunitarie, gli orientamenti giurisprudenziali interni e sovranazionali e la normativa italiana.
Invero, l’ordinamento sovranazionale è da sempre orientato nel senso di ritenere necessaria l’indizione di procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente che deve gestire un’area demaniale marittima.
Al contrario, il contesto normativo interno si è contraddistinto nel tempo per il continuo ricorso a previsioni legislative che hanno disposto continue proroghe automatiche delle concessioni già esistenti sul territorio (si v. da ultimo il recentissimo d.l. 16 settembre 2024, n. 131 che, all’articolo 1, co. 1, lett. a), n. 1.1), ha prorogato ulteriormente la durata delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive fino al 30 settembre 2027).
Tuttavia, occorre precisare che se da un lato è innegabile che la normativa unionale prescrive l’indizione di gare ad evidenza pubblica per l’affidamento delle concessioni demaniali marittime, è del pari vero che la stessa non impone il ricorso a specifici modelli procedimentali, come delineati dal Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023.
Del resto, ciò che conta è che le procedura di gara rispettino le ineludibili garanzie di imparzialità e di trasparenza e prevedano un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura stessa e del suo svolgimento e completamento (art. 12 della Dir. 12/12/2006, n. 123), così da porre tutti gli operatori economici nelle medesime condizioni di conoscere l’oggetto dell’affidamento e le modalità con cui partecipare alla selezione
Ciononostante, oramai la giurisprudenza è ferma nel ritenere che ogni regolamentazione che fino ad ora abbia in qualunque modo disposto una proroga automatica delle concessioni demaniali marittime (anche per quelle precedentemente affidate con gara pubblica, ma attualmente scadute) sia da ritenersi “tamquam non esset” in quanto l’effetto fino ad ora creatosi è stato determinato dalla normativa nazionale, la cui mancata applicazione condurrebbe ad una totale assenza degli effetti prodotti dalla stessa, come se non fossero mai esistiti (Cons. St., Ad. Plen., n. 17, 9 novembre 2021). Pertanto, è necessario dare attuazione alla previsione di cui all’articolo 12 della direttiva 2006/123 CE e dell’articolo 49 del TFUE al fine di tutelare l’assetto concorrenziale del mercato, da troppo tempo pregiudicato a causa dell’illegittimo e ripetuto ricorso al meccanismo della proroga automatica (Cons. Stato, sez. VII, 20 maggio 2024, n. 4481).
Assistiamo oggi, quindi, a un forte “braccio di ferro” tra la normativa comunitaria e la legislazione interna, restìa a recepire gli orientamenti della giurisprudenza europea e nazionale.
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