Sui “controlimiti” all’onere di motivazione “attenuato” dei provvedimenti di ammissione

A cura di Luca Cialone

25 Settembre 2024
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Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6520 del 19 luglio 2024
 
Ammissione degli operatori – D.lgs. n. 50/2016 – onere di motivazione – affidabilità professionale dell’impresa – motivazione implicita – discrezionalità tecnica – separazione dei poteri – sindacato giurisdizionale – grave illecito professionale – principio di imparzialità – principio di trasparenza – verifica della ragionevolezza e della logicità dell’attività amministrativa – principio di effettività della tutela giurisdizionale
 
Se è vero che per costante giurisprudenza (Cons. Stato, V, n. 2580 del 2020; Cons. Stato, VI, n. 8081 del 2021) la stazione appaltante deve motivare puntualmente le esclusioni, e non anche le ammissioni, ciò non vuol dire che la mancanza dell’obbligo di esplicitare in maniera analitica le ragioni del convincimento sotteso alla ammissione la esenti integralmente da qualsiasi tipo di motivazione, anche a fronte della molteplicità o della particolare gravità degli illeciti professionali dichiarati dall’operatore economico.
Come è stato condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato il principio dell’onere motivazionale “attenuato” in caso di ammissione trova un controlimite in presenza di motivi ostativi di particolare intensità e va declinato nel senso che la stazione appaltante non possa esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile, pena l’insindacabilità delle scelte operate in questa fase (Cons. Stato, V, n. 10607 del 2022; Cons. Stato, V, n. 1500 del 2021).
A fronte di un’attività pacificamente connotata da un ampio margine di discrezionalità, se la stazione appaltante fosse sempre e comunque esentata da qualsiasi onere motivazionale in fase di ammissione alla procedura di gara, a prescindere alla intensità e dalla molteplicità degli illeciti professionali dichiarati dagli operatori economici, ne discenderebbe l’impossibilità per il giudice amministrativo di verificare la logicità, la congruità e la ragionevolezza delle scelte operate in tale fase che costituirebbe un’inammissibile zona “franca” da qualunque tipo di sindacato giurisdizionale.

Indice

Il fatto

In data 2 febbraio 2023 veniva indetta una procedura aperta ai sensi dell’art. 60 del d.lgs. n. 50/2016, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento di un appalto integrato di progettazione definitiva, esecutiva ed esecuzione dei lavori di costruzione di un edificio pubblico da destinare ad asilo nido, il cui bando di gara era successivamente pubblicato in data 7 febbraio 2023.
La procedura di selezione si concludeva con l’aggiudicazione in favore di un consorzio stabile disposta il 25 maggio 2023 e resa efficace il 7 giugno 2023.
In data 5 luglio 2023 veniva proposto ricorso avverso l’aggiudicazione, con il quale la società ricorrente contestava, per quanto di interesse in questa sede, la legittimità dell’ammissione in gara del consorzio stabile e l’aggiudicazione disposta in suo favore dall’amministrazione.
In particolare, la società ricorrente contestava alla stazione appaltante di non aver motivato il provvedimento di ammissione e di non aver effettuato un’adeguata istruttoria sull’affidabilità professionale del consorzio stabile, alla luce della sussistenza a suo carico di molteplici vicende sussumibili nelle fattispecie dei gravi illeciti professionali.
Con sentenza n. 313 del 30 gennaio 2024, il Tar Campania, Salerno, accoglieva il motivo di ricorso sull’illegittimità dell’ammissione per omessa motivazione sull’affidabilità professionale del consorzio stabile, disponendo l’annullamento dell’aggiudicazione in suo favore.
Avverso la sentenza del Tar il consorzio stabile promuoveva ricorso in appello.

La decisione del Consiglio di Stato

Il consorzio stabile appellante contestava la decisione di primo grado per non aver considerato, dal punto di vista quantitativo, la presenza di 84 consorziate all’interno del Consorzio stabile, nonché l’avvenuta esecuzione negli anni di numerosi contratti di appalto.
Dal punto di vista qualitativo, le censure riguardavano invece la mancata valorizzazione di una serie di elementi: il carattere antecedente al triennio rilevante ex art. 10 bis del d.lgs. n. 50/2016 delle risoluzioni contrattuali con tre comuni, e quindi la loro irrilevanza ai fini della disciplina delle cause di esclusione di cui al Codice dei contratti pubblici; la presenza di una risoluzione disposta da un comune definita in via transattiva nelle more del giudizio, con svincolo delle polizze e rilascio del certificato di esecuzione lavori; la pendenza del giudizio di impugnazione di una risoluzione contrattuale presso il Tribunale di Roma, rispetto alla quale l’ANAC aveva proceduto ad archiviare l’annotazione avendo ritenuto che la vicenda non consentisse di ricavare indicazioni rilevanti sull’inaffidabilità professionale dell’operatore.
Infine, il consorzio stabile evidenziava la puntuale dichiarazione di tutte le fattispecie integranti gli illeciti professionali contestati e l’adozione di misure di self cleaning, le quali a suo dire avrebbero legittimato l’ammissione dell’operatore con motivazione implicita in ragione della doverosità del supplemento istruttorio soltanto in presenza di misure valutate come inidonee a superare i profili di apparente inaffidabilità professionale dell’impresa.
Le censure formulate dall’appellante sono state respinte dal Consiglio di Stato sulla base delle seguenti considerazioni.
Il giudice ha rilevato che i costanti orientamenti giurisprudenziali affermano che l’amministrazione è tenuta a fornire una motivazione espressa e puntuale dei provvedimenti di esclusione e non anche delle ammissioni: in questi ultimi casi la motivazione di non gravità dell’illecito può risultare anche implicita o per facta concludentia, ossia mediante l’ammissione dell’impresa nella gara.
Tuttavia, all’assenza di un onere generale di motivazione analitica delle decisioni della SA in favore dell’ammissione dell’operatore fanno da contraltare quelle ipotesi nelle quali la molteplicità o la particolare gravità delle contestazioni riguardanti la professionalità dell’O.E. non consentono di sollevare sempre e comunque l’amministrazione dal dovere di esporre le ragioni alla base della propria decisione.
Secondo il Consiglio di Stato, l’esenzione assoluta della stazione appaltante dall’assolvimento di qualunque onere di motivazione in sede di ammissione alla competizione – senza considerare la quantità e la qualità delle vicende addebitate all’operatore – impedirebbe del tutto al giudice amministrativo di sindacare le scelte compiute in tale fase della procedura, così delineando un’inammissibile area “franca” da qualsivoglia controllo giurisdizionale.
Il giudice ha poi rilevato che le contestazioni relative all’affidabilità professionale del consorzio stabile – in particolare, i numerosi provvedimenti di risoluzione per “grave inadempimento” – risultavano idonee ad integrare degli indizi pregnanti sulla sua inaffidabilità, così delineandosi in capo alla SA l’onere di esplicitare le ragioni alla base della propria decisione di segno contrario.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha sottolineato, da un lato, di non condividere quanto affermato dall’appellante circa l’irrilevanza degli illeciti professionali contestati per superamento della finestra temporale triennale poiché, ad eccezione delle vicende verificatesi nel 2019, le altre ipotesi erano avvenute entro il triennio rilevante ai sensi del d.lgs. n. 50/2016, e, dall’altro, di non poter ritenere esclusa la sussistenza dell’onere motivazionale sulla base della pendenza di conteziosi riguardanti taluni degli illeciti, ovvero in ragione dell’adozione da parte dell’operatore di misure di self cleaning in corso di gara.

Brevi considerazioni conclusive

Come visto, sebbene la giurisprudenza distingua gli oneri motivazionali a carico della stazione appaltante nei casi di ammissione e di esclusione rilevando che, nella prima ipotesi, qualora la SA ritenga il soggetto affidabile essa non è obbligata ad offrire una motivazione puntuale ed esaustiva delle ragioni alla base della scelta, tale principio generale non trova applicazione in presenza di vicende professionali contestate all’O.E. che per qualità o quantità risultino tali da non consentire all’amministrazione di non esplicitare i motivi alla base dell’ammissione (sul punto v. anche Consiglio di Stato, Sezione V, 19 febbraio 2021 n. 1500; Consiglio di Stato, Sezione III, 26 ottobre 2020 n. 6530; Consiglio di Stato, Sezione V, 5 maggio 2020).
Poiché l’amministrazione gode di ampia discrezionalità tecnica nel valutare la sussistenza in capo all’operatore del requisito generale dell’affidabilità professionale, la giurisprudenza valorizza l’istituto della motivazione del provvedimento amministrativo per garantire ai concorrenti di ottenere una tutela nei confronti di ammissioni disposte in favore di imprese coinvolte in situazioni idonee a far sorgere quello che potrebbe definirsi un “ragionevole dubbio” sulla professionalità del soggetto.  
La presenza di una sorta di “sospetto consistente” sull’affidabilità dell’O.E. comporta, cioè, il recupero della motivazione quale strumento di controllo della razionalità e della logicità della decisione amministrativa: data l’ampia discrezionalità in capo alla SA, il giudice adito si troverebbe – in virtù dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali imposto dall’ordinamento – ad “esporre lui stesso e per la prima volta in sentenza, le ragioni rispettivamente dell’ammissione o dell’esclusione dell’impresa dalla procedura” (Consiglio di Stato, 19 febbraio 2021, n. 1500) sia nel caso in cui si trovi d’accordo con la scelta compiuta dalla SA, sia nel caso contrario.
Alla luce del divieto di pronuncia sui poteri amministrativi non ancora esercitati ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., e in ragione del carattere eccezionale della giurisdizione di merito, il giudice amministrativo non può sostituirsi alla SA nell’attività di valutazione dell’affidabilità professionale dell’O.E. (sul punto, Consiglio di Stato, sez. V, 5 dicembre 2022 n. 10607), potendo solo controllare successivamente la legittimità del suo operato entro i limiti che caratterizzano il sindacato sull’esercizio della discrezionalità tecnica.
È infatti un compito riservato all’amministrazione quello di verificare la sussistenza delle ipotesi di illecito professionale, di vagliare la loro rilevanza ai fini della decisione sull’affidabilità/inaffidabilità del concorrente, nonché di valutare la portata delle misure di self cleaning eventualmente predisposte dall’impresa per dimostrare alla SA il possesso dei requisiti generali.
Pertanto, nei casi analoghi a quello di specie grava sulla stazione appaltante l’onere di esporre i motivi che l’hanno condotta a decidere in favore della non incidenza delle ipotesi di illecito professionale sul requisito di integrità professionalità dell’operatore, e dell’eventuale peso delle misure di self cleaning sulla propria valutazione, così da permettere al giudice di verificare la legittimità del risultato dell’esercizio dei poteri amministrativi, e da consentire all’interessato di contraddire in giudizio sull’istruttoria effettuata dalla SA e sugli elementi valorizzati nel decidere per l’ammissione dell’impresa.
In sintesi, l’assetto delineato dal Consiglio di Stato appare rispettoso tanto del principio generale di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. (che impone ai poteri pubblici di agire con particolare diligenza di fronte a vicende professionali particolarmente pregnanti per quantità o qualità), quanto del principio di effettività della tutela giurisdizionale ex art 113 Cost. (a norma del quale “contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione”) e del diritto ad agire in giudizio per la difesa delle proprie ragioni ex art. 24, comma 1, Cost.
In conclusione, dall’orientamento giurisprudenziale sopra esaminato emerge l’aspetto eminentemente difensivo di un istituto tipicamente polifunzionale come quello della motivazione, il quale, garantendo l’accesso all’iter seguito dalla Pubblica Amministrazione nello svolgimento della propria attività, consente al potenziale ricorrente di valutare l’opportunità di adire il giudice, e permette al potere giurisdizionale di controllare la correttezza del percorso logico-giuridico compiuto dalla SA nel rispetto degli spazi riservati dall’ordinamento al potere amministrativo.
Alla soddisfazione delle istanze di tutela giurisdizionale delle pretese degli operatori si unisce anche la valorizzazione dei principi di imparzialità e trasparenza (invero dequotati in favore della celerità e del non aggravio dell’azione amministrativa in assenza di “indizi” pregnanti sulla non affidabilità dell’operatore), che legittimano l’esercizio del potere agli occhi dei soggetti attivi nel settore della contrattualistica pubblica.

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