L’Autorità Nazionale Anticorruzione è tornata ad occuparsi delle criticità quando si introducono clausole nei bandi di gara.
Per esempio, nel caso in cui le stazioni appaltanti – anche al di fuori delle specifiche ipotesi previste dalla legge – pongono a carico degli operatori economici partecipanti le spese a cui le stesse devono far fronte per lo svolgimento della procedura di aggiudicazione.
In particolare, ciò riguarda i costi sostenuti per le attività di committenza ausiliarie previste dall’art. 39 del codice dei contratti.
Si tratta dei corrispettivi che devono essere versati dalle stazioni appaltanti, quando le stesse scelgono di avvalersi delle prestazioni di altri soggetti che forniscono supporto nelle attività di committenza, mediante la messa a disposizione di infrastrutture informatiche, la consulenza sullo svolgimento o sulla progettazione delle procedure di appalto e la preparazione delle stesse.
Pur trattandosi di prestazioni di cui si avvalgono le amministrazioni, non di rado queste ultime impongono ai concorrenti di assumere l’obbligo di corrispondere, in caso di aggiudicazione, quanto da loro dovuto ai soggetti che le hanno fornite, scoraggiando in questo modo una più ampia partecipazione alla procedura di gara. Anche in seguito ad alcuni ricorsi proposti dall’Autorità, la giurisprudenza amministrativa si è espressa in modo conforme a diverse precedenti delibere dell’ANAC dichiarando illegittime le clausole in questione.
Pertanto, mediante il Comunicato del Presidente del 9 giugno 2021, si è inteso scoraggiare l’utilizzo di tali clausole, al fine di evitare l’introduzione di oneri illegittimi a carico dei concorrenti e di prevenire possibili contenziosi.
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