Rilevanti indizi che giustificano l’esclusione dalla gara per la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale

Virginia Ventura 7 Aprile 2025
Modifica zoom
100%

Appalti di lavori – Imputazione offerta a unico centro decisionale – Rilevanti indizi che giustificano l’esclusione dalla gara – Art. 95 D. lgs. n. 36/2023 – Segnalazione all’ANAC – Partecipazione a procedure di evidenza pubblico al fine di aggirare il principio di rotazione

“Tanto premesso, nel caso di specie l’amministrazione procedente ha evidenziato una serie di elementi che, complessivamente considerati, portano a ritenere la esistenza di un unico centro decisionale, così come delineato dall’art. 95, comma 1, lett. d, del d.lgs. 36/23.
La stazione appaltante ha evidenziato, in primo luogo, che dagli accertamenti effettuati è emerso che le offerte delle ricorrenti provenivano dal medesimo IP pubblico e che, quindi, erano state trasmesse quanto meno della medesima rete.
La stazione appaltante ha, poi, evidenziato che in ben tre documenti della Omissis è stata indicata la P.IVA della Omissis (istanza di ammissione e dichiarazioni sostitutive del casellario giudiziale dei carichi pendenti firmati rispettivamente da -OMISSIS-e -OMISSIS-)
Ulteriori indici della sussistenza di un unico centro decisionale sono, poi, dati dall’intreccio di relazioni lavorative e famigliari intercorrenti tra i legali rappresentati e i vari collaboratori delle due società.
La stazione appaltante ha, poi, evidenziato che le ricorrenti fanno parte del medesimo consorzio (…), che avrebbe come obiettivo anche quello di indirizzare la condotta delle consorziate per evitare che entrino in concorrenza tra loro.
La stazione appaltante ha, poi, evidenziato che dall’analisi delle attività degli ultimi tre anni sarebbe emerso che le ricorrenti avrebbero partecipato a procedure di evidenza pubblica in modo, congiunto, disgiunto o alternato, anche al fine di aggirare il principio di rotazione.
L’amministrazione procedente ha, poi, evidenziato che le società ricorrenti hanno utilizzato dei modelli DGUE diversi da quello messo a disposizione dalla Stazione Appaltante ma analoghi tra loro.
Ebbene, è evidente che tale elemento non è di per sé idoneo a individuare la presenza di un unico centro decisionale ma è certamente rilevante in una valutazione complessiva e, pertanto, esso ben può concorrere alla formazione del convincimento dell’amministrazione procedente.
Non appare idoneo, infine, a inficiare la validità del provvedimento di esclusione il fatto che l’amministrazione non abbia aperto le buste contenenti le offerte economiche perché, come visto, il convincimento dell’amministrazione procedente prescinde dall’esame concreto delle offerte purché ovviamente esso sia, come nel caso di specie, ragionevole e immune da censure di orine logico.
I plurimi elementi indicati dall’amministrazione inducono a ritenere fondata la sussistenza di un unico centro decisionale”.

TAR Piemonte, sez. I, 24 febbraio 2025, n. 435

Indice

Premessa

Con la sentenza in commento, il T.a.r. Piemonte si è pronunciato su due questioni di estremo interesse, ossia: (i) sulla causa di esclusione dalle gare d’appalto per la riconducibilità di due o più offerte ad un unico centro decisionale, ex art. 95, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 36/2023; (ii) sui “rilevanti indizi” che la Stazione Appaltante deve valutare in concreto per accertare il ricorrere di tale fattispecie escludente.

Il caso di specie

La vicenda in esame ha avuto ad oggetto una procedura negoziata per l’affidamento dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria riguardanti la salvaguardia della sicurezza e della salubrità del patrimonio alloggiativo demaniale, concesso in uso governativo nelle regioni Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, suddivisa in quattro lotti, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo più basso.

In seguito ad apposito avviso pubblico sollecitatorio della presentazione delle manifestazioni d’interesse, la Stazione appaltante invitava le due società interessate per il lotto 1 a presentare le proprie offerte. Tuttavia, successivamente, escludeva entrambi gli operatori dalla procedura in quanto ritenuti controllati da un unico centro decisionale, segnalando conseguentemente l’evento all’ANAC.

In esito al riscontro negativo dato dall’Amministrazione all’istanza di autotutela presentata da una delle società, entrambe impugnavano dinanzi al giudice amministrativo i provvedimenti di esclusione adottati nei propri confronti, perché asseritamente illegittimi.
Il T.a.r. riteneva fondate le doglianze delle ricorrenti, censurando la mancata instaurazione da parte dell’amministrazione procedente di un valido contraddittorio procedimentale con le interessate.

In ottemperanza alla decisione del g.a., la Stazione appaltante riapriva il procedimento e confermava l’esclusione delle società, segnalando nuovamente all’ANAC la propria determinazione.

Con due distinti ricorsi, le società impugnavano dunque anche i provvedimenti da ultimo adottati ed in particolare: la nota con cui l’Amministrazione aveva riavviato in contraddittorio il procedimento di esclusione; il provvedimento di conferma dell’esclusione (sia nella parte in cui la Stazione Appaltante aveva ritenuto sussistente la causa di esclusione della riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale, sia nella parte in cui la stessa aveva riscontrato false ed omesse dichiarazioni da parte degli operatori economici); le successive segnalazioni all’ANAC.

A quel punto, l’Amministrazione procedente avviava il procedimento per l’annullamento dell’intera gara, a causa della possibile commissione del reato di turbativa d’asta.
In seguito all’annullamento formale della procedura, le predette società, con motivi aggiunti di ricorso, impugnavano anche tale ultimo provvedimento.

L’Amministrazione intimata si costituiva in entrambi i procedimenti, chiedendo la riunione dei ricorsi ed eccependo, tra l’altro, la loro l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.

Considerato che i motivi delle impugnazioni erano in parte coincidenti e comunque interconnessi, e parimenti vi era coincidenza dei soggetti processuali coinvolti, il T.a.r. disponeva la riunione dei ricorsi.

La decisione del TAR

Il T.a.r. si è pronunciato sui ricorsi previamente riuniti e li ha respinti.
Preliminarmente, il Collegio si è pronunciato sull’eccezione di improcedibilità dei ricorsi introduttivi, sollevata dall’amministrazione resistente e ne ha dedotto l’infondatezza, partendo dall’orientamento della giurisprudenza secondo cui “la declaratoria di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse postula l’accertamento dell’inutilità della sentenza, e cioè che la modificazione della situazione di fatto e di diritto intervenuta in corso di causa impedisce di riconoscere in capo al ricorrente alcun interesse, anche meramente strumentale e morale, alla decisione” (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 9 settembre 2024, n. 7497), con la precisazione, a mente della quale, “al fine di evitare l’improcedibilità del ricorso l’eventuale interesse morale può essere rilevato solo in presenza di una espressa dichiarazione della parte ricorrente” (Cfr. Consiglio di Stato, sez. I, 30 agosto 2024, n. 99).

Secondo il T.a.r., le ricorrenti vantavano un concreto interesse morale e materiale all’esame del merito del ricorso introduttivo, poiché l’eventuale illegittimità del contenuto di tali atti era idoneo ad inficiare, in via derivata, la validità degli atti impugnati con i successivi motivi aggiunti e poiché l’omessa pronuncia sulla legittimità dell’esclusione avrebbe impedito alle ricorrenti la possibilità di partecipare e aggiudicarsi la gara, anche in caso di eventuale accoglimento dei motivi aggiunti.

Sempre in via preliminare, il Collegio ha dichiarato inammissibile l’impugnazione delle segnalazioni all’ANAC, sulla base del consolidato orientamento in giurisprudenza secondo cui è “inammissibile l’impugnazione della segnalazione ad Anac, trattandosi di un atto prodromico ed endoprocedimentale e, come tale, non impugnabile, poiché esso non è dotato di autonoma lesività, potendo essere fatti valere eventuali suoi vizi, unicamente in via derivata, impugnando il provvedimento finale dell’Autorità di vigilanza, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo” (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2518).

Quanto al merito, ai fini che qui interessano, il giudice amministrativo si è occupato di dirimere la questione giuridica relativa alla sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti da cui desumere la riconducibilità delle offerte presentate dai concorrenti ad un unico centro decisionale, nonché quella relativa al ricorrere della causa di esclusione di cui agli artt. 95, comma 1, lett. e), 98 comma 3 lett. b), e 96, comma 14 del d.lgs. 36/2023 (i.e. omessa/falsa dichiarazione).

Per quanto concerne il primo aspetto, il Collegio ha rammentato che ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. d) del Codice la Stazione appaltante è tenuta ad escludere dalla gara un operatore economico nel caso in cui accerti la sussistenza di “rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti alla stessa gara”, ribadendo, a tal proposito, quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza 19 maggio 2009 ( C – 538/07), secondo cui gli indizi che la stazione appaltante deve a tal fine considerare devono essere “rilevanti per influenzare l’offerta e l’esito della gara”.

Sul punto, il Collegio ha riportato l’orientamento prevalente della giurisprudenza nazionale, secondo cui “la sussistenza di una più generica “relazione, anche di fatto” tra due concorrenti è condizione necessaria, ma non anche sufficiente perché si possa inferire il reciproco condizionamento fra le offerte formulate. A tal fine, è necessario che venga fornita adeguata prova circa il fatto che la situazione di controllo o la relazione comporti l’imputabilità delle offerte a un unico centro decisionale. Al riguardo, ciò che va provato è solo l’unicità del centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale in quanto la riconducibilità di due o più offerte a un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte. Ne deriva che, sulla stazione appaltante grava il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche il compito di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, ovvero il compito di indagare le ragioni di convenienza che possono aver indotto l’unitario centro di imputazione ad articolare offerte in parte diverse tra loro» (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 12 giugno 2023, n. 9987). In tale ottica, onere della Stazione appaltante è, dunque, quello di individuare gli indici dell’esistenza di una situazione di controllo sostanziale ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, che devono essere accertati mediante un’attività istruttoria approfondita.

In caso di esito negativo, l’Amministrazione dovrà approfondire l’indagine verificando se sussista  un’eventuale relazione, anche di fatto, tra le due imprese dalla quale derivi un reciproco condizionamento nella formulazione delle offerte o, in subordine, l’esistenza “di un unico centro decisionale mediante una verifica da effettuare sugli elementi strutturali o funzionali delle società o, ancora, tramite l’analisi del contenuto delle offerte da cui possa evincersi l’unicità soggettiva sostanziale” (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 maggio 2024, n. 4165).
Sul punto, il Collegio ha richiamato la giurisprudenza formatasi sulla disciplina in materia di esclusione in caso di collegamento tra gli operatori economici sotto il vigore del previgente Codice dei contratti pubblici, ma ancora del tutto attuale, e ha precisato che, nonostante incomba “sulla stazione appaltante l’accertamento della sussistenza di un unico centro decisionale d’imputazione delle offerte sulla base degli indici presuntivi concreti, non è richiesta anche la prova che il collegamento fra i concorrenti sia poi pervenuto a risultati effettivi in relazione ai contenuti delle offerte e all’artificiale condizionamento degli esiti della gara; nel percorso presuntivo che conduce a ricavare un fatto ignoto da circostanze note ai sensi dell’art. 2727 cod. civ., il fatto che occorre desumere dagli indici presuntivi è, infatti, la sussistenza dell’unicità del centro decisionale cui siano riconducibili le offerte – tale da integrare ex se la fattispecie di pericolo astratto giuridicamente rilevante – non già il contenuto effettivamente coordinato di queste, né le conseguenze anticoncorrenziali concretamente derivatene” (cfr., ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 2024, n. 7607).

Tuttavia, il Collegio ha chiarito che “in base alle regole di esperienza che possono dirsi sufficientemente attendibili sotto il profilo della ragionevolezza e della logica, esiste un centro decisionale unitario laddove tra imprese concorrenti vi sia intreccio, anche parentale, tra organi rappresentativi o tra soci o direttori tecnici, contiguità di sede, utenze in comune (c.d. indici soggettivi), oppure, anche in aggiunta, identiche modalità formali di redazione delle offerte, strette relazioni temporali e locali nelle modalità di spedizione dei plichi, significative vicinanze cronologiche tra gli attestati SOA o tra le polizze assicurative a garanzia delle offerte (c.d. indici oggettivi)” (ex multis T.A.R. Campania, Napoli sez. III, 15 aprile 2024, n. 2504).
Ciò premesso in punto di diritto, il T.a.r. ha esaminato il caso di specie e ha riscontrato una serie di elementi che, complessivamente considerati, portavano a ritenere la sussistenza di un unico centro decisionale, così come delineato dall’art. 95, comma 1, lett. d) del d.lgs. 36/23, evidenziando, peraltro, come le conclusioni della stazione appaltante fossero state anche avvalorate dal comportamento non collaborativo tenuto dalle ricorrenti.

Nel dettaglio, il giudice amministrativo ha rilevato come la riconducibilità delle offerte presentate dalle ricorrenti ad un unico centro decisionale potesse desumersi da una serie di elementi ed in particolare:

– le offerte erano state trasmesse dallo stesso IP pubblico – quindi quanto meno dalla medesima rete – e dalla stessa sede fisica (elementi che rendevano verosimile che le offerte fossero state formulate nel medesimo stabile per rendere più facile il loro coordinamento);
– gli errori nei documenti, in particolare, l’inserimento della P.IVA di una società nei documenti dell’altra;
-l’intreccio di relazioni lavorative e famigliari intercorrenti tra i legali rappresentati e i vari collaboratori delle due società;
– l’appartenenza delle due società ricorrenti al medesimo consorzio avente, fra l’altro, come obiettivo quello di indirizzare la condotta delle consorziate per evitare la concorrenza tra queste ultime;
 -la partecipazione alternata delle due società a gare pubbliche negli ultimi anni, potenzialmente per aggirare il principio di rotazione e per assicurare al “gruppo” l’aggiudicazione. Sul punto, il Collegio ha rammentato che “il collegamento tra imprese riconducibili ad un unico centro decisionale, espressamente previsto come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. m), D.lgs. n. 50/2016, assume rilevanza anche ai fini dell’applicabilità del principio di rotazione nelle procedure ristrette. L’art. 36, comma 1, D.lgs. n. 50/2016, enuncia, infatti, un principio a tutela della libera concorrenza, finalizzato a prevenire asimmetrie informative che rischiano di determinare una disparità di trattamento tra gli operatori economici mediante il consolidamento di rendite a vantaggio di precedenti affidatari. Pertanto, si ritiene che una situazione di controllo e influenza, inquadrabile nelle fattispecie di cui all’art. 2359, comma 1, nn. 1 e 2, c.c., sia ostativa all’effettiva possibilità di partecipazione richiamata dal legislatore, integrando una sostanziale elusione del principio di rotazione, come chiarito dalle stesse Linee guida Anac, che, a titolo esemplificativo, inseriscono anche tale ipotesi tra i meccanismi di aggiramento del suddetto limite, rispetto al quale sono ammesse deroghe eccezionali solo in presenza di giustificate ragioni in ordine alle quali l’amministrazione è tenuta a motivare puntualmente”  (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 17 luglio 2020, n. 4627).
-l’utilizzo dei modelli DGUE diversi da quelli messi a disposizione dalla Stazione appaltante ma analoghi tra loro, elemento che, sebbene non sufficiente di per sé a individuare la presenza di un unico centro decisionale, secondo il T.a.r. sarebbe certamente rilevante in una valutazione complessiva (e, pertanto, ben potrebbe concorrere alla formazione del convincimento dell’amministrazione procedente).

Alla luce di quanto esposto, il Collegio ha ritenuto fondate le valutazioni dell’Amministrazione in ordine alla sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 95, comma 1, lett. d) del d.lgs. 36/2023 e ha, dunque, ritenuto legittima l’esclusione nei confronti delle due società dalla procedura in oggetto, ravvisando la riconducibilità delle offerte presentate dalle ricorrenti ad un unico centro decisionale.

Infine, il Collegio ha dichiarato i motivi aggiunti proposti da entrambe le ricorrenti improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse in quanto, anche se l’annullamento in autotutela dell’intera gara fosse stato dichiarato illegittimo e, quindi, annullato, i ricorrenti non avrebbero comunque ottenuto alcun concreto vantaggio dalla pronuncia in quanto legittimamente escluse dalla procedura.

Considerazioni conclusive

La sentenza in esame è di notevole interesse in quanto fornisce un’analisi approfondita sull’imputabilità delle offerte degli operatori economici ad un unico centro decisionale e sugli indizi mediante i quali le Stazioni appaltanti possono inferire l’esistenza di un collegamento societario.

Come noto, ai sensi dell’art. 95, co.1, lett. d) del Codice, tra le cause di esclusione non automatica è prevista l’ipotesi delle offerte riconducibili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti alla stessa gara.
In assenza di indicazioni normative circa gli elementi che devono concorrere per delineare siffatta causa di esclusione, è intervenuta la giurisprudenza.

Quest’ultima continua a fornire chiarimenti e indicazioni sulla identificazione di situazioni che concretizzano fattispecie di collegamento, individuando una serie di indici, che per assurgere a presupposti del provvedimento di esclusione devono avere le caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, che spetta all’amministrazione valutare in concreto.
Nel dettaglio, la Corte di Giustizia (19 maggio 2009, in causa C – 538/07) ha sottolineato come l’amministrazione debba valutare il concreto impatto, in termini di influenza sulla procedura di gara, del comportamento dei soggetti che hanno presentato le offerte. Al contrario “ la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo dalle imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero di diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura”.

Alla stregua di quanto affermato dal giudice europeo, è da escludere «che rapporti di mero collegamento formale possano dimostrare di per sé l’esistenza e/o la potenzialità del condizionamento, dovendo alle imprese sempre essere consentito dimostrare l’inefficacia di tali rapporti» (Cons. Stato, VI, 22 febbraio 2013, n. 1091), dovendo quindi sempre ammettersi la possibilità alle interessate di offrire la prova contraria in contraddittorio.
E, infatti, la sussistenza di un rapporto di controllo tra società, ai sensi dell’art. 2359 c.c., non inficia ex se l’esito della gara ove non sia dimostrata l’influenza negativa sul corretto andamento della stessa.
Infatti, ove la stazione appaltante riscontri una situazione di collegamento o di controllo, spetterà poi alle imprese delle quali si ipotizza il collegamento sostanziale dimostrare che il rapporto di collegamento non abbia influito sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara (Cfr. ex multis T.a.r. Campania, Napoli, sez. III, 26 settembre 2022 n. 5925; T.a.r. Puglia, Bari, sez. I, 15 marzo 2022, n. 380; T.a.r. Sardegna, sez. II, 4 dicembre 2019, n. 869).

Pertanto, in base alle regole di esperienza, la giurisprudenza riconosce quali elementi indiziari: intrecci azionari, medesima identità dei soggetti titolari di organi amministrativi o tecnici, rapporti di parentela tra soci o amministratori, ubicazione nello stesso edificio delle sedi della società, medesimo giorno di spedizione dei plichi dallo stesso ufficio postale e progressiva numerazione delle buste, unicità dell’agenzia assicurativa che ha rilasciato le polizze fideiussorie, progressività immediata della relativa numerazione, identità della data di legalizzazione delle sottoscrizioni, identità di sede sociale, di casella di posta elettronica, di fax o di altri elementi (Cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli sez. III, 15 aprile 2024, n. 2504; Cons. Stato, sez. V, 30 giugno 2022, n. 5438; Consiglio di Stato, Sez. III, 7 giugno 2022 n. 4625; TAR Campania, Napoli, Sez. I, 30 settembre 2021 n. 6116; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 luglio 2016 n. 3057; TAR Sicilia Catania, Sez. I, 5 maggio 2020 n. 950).

Alla stregua di quanto ribadito a più riprese dalla giurisprudenza amministrativa, la pronuncia in esame ha fornito ulteriori spunti su quali siano gli indici rilevanti, in presenza dei quali la Stazione appaltante deve considerare sussistente un unico centro decisionale come: la contiguità di sedi ed utenze (ad esempio quando le offerte sono trasmesse dallo stesso IP pubblico o sono trasmesse quanto meno dalla medesima rete e dalla stessa sede fisica), l’intreccio di relazioni lavorative e famigliari intercorrenti tra i legali rappresentati e i vari collaboratori delle due società, l’appartenenza ad un medesimo consorzio ecc.

Tali elementi non bastano di per sé a individuare la presenza di un unico centro decisionale, ma sono rilevanti in una valutazione complessiva, essendo necessario ai fini dell’esclusione che si raggiunga un grado di verosimiglianza della sussistenza di un unico centro decisionale sulla base di elementi che indirizzino a favore di un collegamento di carattere societario, commerciale o comunque relazionale.

Tali indici concorrono a formare il convincimento dell’amministrazione procedente, che valutando l’unicità del centro decisionale degli operatori economici, garantisce la giusta tutela ai principi generali di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte nonché della serietà del confronto concorrenziale e della parità di trattamento delle imprese concorrenti; con la precisazione che, come ribadito anche dal T.a.r. Piemonte nella pronuncia in esame, sulla stazione appaltante grava il solo compito di individuare gli indici dell’esistenza di un unico centro decisionale e non anche quello di provare in concreto l’avvenuta alterazione del gioco concorrenziale, atteso che la riconducibilità di due o più offerte ad un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo ad alterare il regolare svolgimento del confronto concorrenziale.

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento