Ricorso cumulativo e limiti di ammissibilità: il perdurante sfavore per l’istituto non può essere risolto in via giurisprudenziale

Il Consiglio di Stato, V Sezione, con sentenza n. 6385 del 22 ottobre 2020, è tornato ad occuparsi di ricorso cumulativo

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Il Consiglio di Stato, V Sezione, con sentenza n. 6385 del 22 ottobre 2020, è tornato ad occuparsi di ricorso cumulativo.

Consiglio di Stato, Sez. V, 22 ottobre 2020, n. 6385

La pronuncia, nel dichiarare l’inammissibilità di un ricorso cumulativo introduttivo e conseguentemente dell’appello, si inserisce nel solco della precedente giurisprudenza in materia, particolarmente attenta ad evitare abusi di questo particolare strumento processuale. La sentenza, dunque, delimita in modo preciso e puntuale i limiti di ammissibilità del ricorso cumulativo e prova a trarre una sintesi dalle precedenti pronunce sul tema.

Il ricorso cumulativo, come è noto, è lo strumento processuale che permette di impugnare, con un unico ricorso, distinti provvedimenti tra i quali sussista una connessione. L’istituto consentirebbe di tutelare il principio di economia processuale, che trova la sua copertura costituzionale nell’art. 111 della Costituzione, riallacciandosi anche al principio di ragionevole durata del processo oltre che all’esigenza di prevenzione del pericolo di giudicati contraddittori. L’istituto, inoltre, potenzierebbe il diritto di difesa, di cui all’art. 24 della Costituzione, evitando, ove possibile, ulteriori oneri derivanti dalla corresponsione di distinti contributi unificati, particolarmente gravosi in materia di appalti.

L’istituto, peraltro, rispondendo al principio di concentrazione dei giudizi quale strumento di tutela giurisdizionale, risulterebbe funzionale al principio di effettività della tutela giurisdizionale nel processo amministrativo ancora più di quanto avviene nel giudizio civile: nel quadro del processo amministrativo, dunque, «la centralità dell’esigenza della concentrazione si spiegherebbe […] alla luce dell’unitarietà della vicenda sostanziale e della strumentalità della tutela delle posizioni azionate rispetto al conseguimento del bene della vita» (così, da ultimo, R. Musone, L’appello cumulativo nel processo amministrativo, in Diritto processuale amministrativo, 2020, fasc. 2, pagg. 421 ss., con osservazioni valevoli tanto per il ricorso cumulativo quanto per l’appello cumulativo).

Come è noto, la possibilità di un ricorso cumulativo è oggi espressamente prevista dal Codice del processo amministrativo sia pure con alcuni stringenti limiti.

Infatti, in base all’art. 120, comma 11-bis, c.p.a., aggiunto dall’art. 204, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nel caso di procedure contraddistinte dalla presentazione di «offerte per più lotti l’impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto».

Dunque, se la proponibilità di un ricorso cumulativo è in linea teorica ormai pacifica, tale disposizione parrebbe comunque improntata ad un netto sfavore per l’istituto, ritenuto probabilmente elusivo delle disposizioni fiscali in tema di contributo unificato e comunque foriero di indebite confusioni tra controversie in realtà da distinguere.

Come ricordato dalla pronuncia in commento, la disposizione riaffermerebbe la regola, già emersa in giurisprudenza, secondo cui il ricorso cumulativo, pur non essendo precluso ab origine, costituirebbe pur sempre un’ipotesi di carattere eccezionale, giustificabile soltanto nel caso in cui ricorra una connessione oggettiva tra gli atti impugnati (da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2019, n. 4569). Si evidenzierebbe, in sostanza, il carattere derogatorio rispetto alla regola generale secondo cui il ricorso giurisdizionale amministrativo deve avere ad oggetto un solo provvedimento.

Affinché il ricorso cumulativo possa essere considerato ammissibile, secondo il Consiglio di Stato, la connessione deve essere data dall’identità dei motivi di ricorso, per cui essi devono essere comuni a tutti i lotti di gara impugnati.

Più in particolare, l’ipotesi tipica individuata dalla V Sezione è quella in cui vengano impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando. In tal caso, l’ammissibilità del ricorso cumulativo sarebbe subordinata all’articolazione di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti e, quindi, a caducare le pertinenti aggiudicazioni.

A rafforzare quanto sopra chiarito, il Collegio richiama un proprio precedente ove si affermava già che «il ricorso cumulativo è ammissibile a condizione che ricorrano congiuntamente i requisiti della identità di situazioni sostanziali e processuali, che le domande siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che identiche siano altresì le censure» (Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2019 n. 4096).

Quanto affermato viene poi ricondotto nel quadro di quanto chiarito dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 5 del 27 aprile 2015, che costituisce tuttora il più rilevante precedente in materia, ancora non superato nelle sue affermazioni di principio dalla successiva giurisprudenza.

La perdurante validità delle affermazioni della Plenaria, pur in un contesto normativo ormai mutato, si spiega se si pensa che è stato quanto maturato in giurisprudenza a ispirare le stesse novità a livello normativo, intervenute nel 2016.

La Plenaria allora aveva avuto modo di stabilire i rigidi confini in cui può essere proposto un ricorso cumulativo. Già quella sentenza, infatti, richiamava la regola generale del processo amministrativo secondo cui il ricorso debba avere ad oggetto un solo provvedimento e i motivi debbano essere correlati strettamente a quest’ultimo, prevedendo un’unica eccezione nel caso in cui tra i diversi atti impugnati sussista una stretta connessione procedimentale o funzionale.

La sussistenza di tale stretta connessione, ad avviso della Plenaria e anche della sentenza oggi in commento, va accertata in modo rigoroso: tale accertamento, infatti, consentirebbe di evitare abusi dello strumento processuale del ricorso cumulativo e, dunque, la confusione di controversie con conseguente aggravio dei tempi del processo ovvero l’elusione delle disposizioni fiscali in materia di contributo unificato.

La pronuncia oggi in esame, come quella dell’Adunanza Plenaria del 2015, risulta ispirata dal medesimo sfavore nei confronti dello strumento del ricorso cumulativo, visto come strumento essenzialmente foriero di confusione a livello processuale (senza i pretesi benefici in termini di economia processuale) e potenzialmente elusivo in materia di contributo unificato.

È certo, però, che, dalla lettura di questa giurisprudenza ormai granitica, gli spazi di operatività dello strumento risultano allo stato estremamente ridotti, al punto da renderlo del tutto marginale e inadeguato rispetto agli scopi che pure si proporrebbe.

Va anche detto che, nell’attuale quadro normativo, altresì ispirato a questa concezione nettamente negativa dell’istituto, difficilmente si sarebbe potuta immaginare una pronuncia di stampo diverso. In definitiva, è chiaro che l’eventuale rivalutazione dello strumento processuale del ricorso cumulativo, in un’ottica anche costituzionale, dovrà necessariamente passare da un intervento normativo prima ancora che da un revirement giurisprudenziale.

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