Indice
Premessa
La sentenza n. 9212/2024 del 18 novembre 2024 della sez. V del Consiglio di Stato offre l’occasione per tornare a soffermarsi sull’istituto della revisione prezzi, anche alla luce delle novità introdotte, da ultimo, dal d.lgs. n. 209/2024, recante “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”, in vigore dal 31 dicembre 2024.
I fatti in causa
La pronuncia origina dall’appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, sez. I-bis, n. 12851/2023, che ha respinto il ricorso proposto dalla società affidataria di un appalto triennale per la somministrazione di derrate alimentari, con scadenza naturale in data 31 dicembre 2022, al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti con cui il Ministero della Difesa aveva respinto la propria istanza di aggiornamento/revisione dei prezzi, unitamente all’accertamento del diritto della ricorrente alla revisione prezzi e all’accertamento, anche in via incidentale ex art. 8 c.p.a., della nullità dell’art. 4 del contratto di appalto, nella parte in cui dispone che “i prezzi contrattuali s’intendono accettati dall’esecutore a suo rischio e sono invariabili e indipendenti da qualsiasi eventualità o circostanza che l’esecutore non abbia tenuto presente”.
Nei confronti della decisione del T.A.R. Lazio – Roma, la società ha proposto sei motivi di appello, sintetizzabili come segue: (a) violazione dell’art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, letto congiuntamente all’art. 1, comma 511, della l. n. 208/2015 che, in tesi, conterrebbe una normativa cogente in ordine alla necessità di prevedere l’avvio di un procedimento per la revisione dei prezzi in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto; (b) violazione dell’art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 1374 e 1375 del cod. civ., nella misura in cui consentirebbero l’integrazione contrattuale di natura civilistica; (c) eccesso di potere, sotto i profili della disparità di trattamento e dell’irragionevolezza delle valutazioni della stazione appaltante; (d) accertamento del diritto alla revisione dei prezzi da parte della stazione appaltante; (e) nullità della summenzionata clausola di cui all’art. 4 del contratto di appalto; (f) prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 per contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione.
A quest’ultimo riguardo, l’appellante ha lamentato che il citato art. 106, comma 1, lett. a) – rimettendo alla discrezionalità delle stazioni appaltanti la possibilità di riconoscere o meno la revisione dei prezzi in corso di esecuzione – genererebbe una situazione di svantaggio ingiustificata a danno degli operatori economici nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 e l’entrata in vigore, prima, della normativa speciale (i.e. art. 29 del d.l. n. 4/2022 [c.d. decreto Sostegni-ter] e art. 26 del d.l. n. 50/2022 [c.d. decreto Aiuti]) e, poi, del d.lgs. n. 36/2023 (c.d. nuovo Codice dei contratti pubblici), che porrebbe l’operatore economico in una posizione di netto svantaggio anche rispetto all’Amministrazione.
La decisione del Consiglio di Stato
I. Sulla discrezionalità della stazione appaltante in materia di revisione prezzi
Il Consiglio di Stato ha, in primo luogo, respinto le pretese dell’appellante di imporre all’Amministrazione, da un lato, di svolgere un’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale e, dall’altro, di valutare le richieste di modifica delle condizioni contrattuali avanzate dall’esecutore ai sensi dell’art. 106, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 (e del comma 1, lett. c) dello stesso articolo).
Secondo il Consiglio di Stato, in particolare, al di “fuori di una disciplina contrattuale o normativa specifica più stringente, la revisione dei prezzi non costituisce né un dovere in capo all’amministrazione, né un diritto del fornitore ma un’evenienza rimessa al raggiungimento di un comune accordo delle parti” (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1844/2023).
Il Collegio ha avuto, poi, cura di precisare che (i) ai sensi dell’art. 14 disp. prel. cod. civ., considerata la natura eccezionale delle previsioni in materia di revisione prezzi previste dalla legislazione speciale successiva al d.lgs. n. 50/2016 (tra cui il d.l. n. 4/2022 e ild.l. n. 50/2022), non è possibile optare per un’interpretazione analogica o estensiva delle summenzionate disposizioni oltre i casi ivi previsti; (ii) la portata innovativa della revisione obbligatoria dei prezzi contrattuali introdotta dall’art. 60 del d.lgs. n. 36/2023 “impedisce che la stessa fornisca un criterio interpretativo della previgente disciplina, volta a rendere facoltativo l’inserimento di clausole revisionali nei contratti stipulati nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016” (punto 4.1.2.); (iii) ai sensi dell’art. 1339 cod. civ., l’inserzione automatica di una clausola di revisione dei prezzi nel contratto opera esclusivamente in presenza di un obbligo legale di previsione contrattuale della revisione dei prezzi dell’appalto (che non si ravvisa nelle disposizioni normative applicabili al contratto de quo); (iv) i principi di buona fede e di leale collaborazione non possono essere “spinti” fino ad imporre ad una delle parti obbligazioni che vanno oltre le previsioni contrattuali o, addirittura, contro queste ultime; (v) le modifiche di cui all’art. 106, comma 2 (nonché quelle di cui al comma 1, lett. c) dello stesso articolo) sono “modifiche possibili, ma (…) presuppongono l’accordo tra le parti, promosso però dalla stazione appaltante e regolato dalla legge nel preminente interesse del mercato e della concorrenza, nonché al fine di delimitare lo ius variandi del committente pubblico” (punto 4.2.).
Ne deriva che, come chiarito nel prosieguo della sentenza in commento, nel caso di specie, anche laddove si ipotizzasse, in linea teorica, la nullità della clausola di cui all’art. 4 del contratto de quo, permarrebbe comunque l’ostacolo giuridico all’accoglimento della domanda di revisione dei prezzi, che consiste, infatti, nella mancata previsione nel contratto d’appalto di un’apposita clausola revisionale ex art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016.
II. Sulla possibile integrazione contrattuale di natura civilistica
Il Collegio ha, anche, chiarito che il rinvio alle norme del codice civile ex art. 30, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 implica che ai contratti pubblici possa essere applicato il solo rimedio risolutorio disciplinato dall’art. 1467 del cod. civ. (fatta salva la facoltà dell’Amministrazione di optare per la conservazione del contratto), dato che, per i restanti aspetti, l’art. 106, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 – quale norma speciale – prevale sulla disciplina del codice civile in materia (i.e. sull’art. 1664, comma 1, cod. civ.).
Conseguentemente, né la buona fede ex art. 1375 cod. civ. (come già visto sopra) né l’integrazione del contratto secondo equità ex art. 1374 cod. civ. “possono valere ad imporre obblighi di rinegoziazione non previsti specificatamente, laddove la regola [di cui all’art. 1467 cod. civ.] non è la conservazione del contratto, bensì la sua risoluzione” (punto 6.2.2.).
III. Sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 106, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016
Infine, sulla prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 106, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 per contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost., il Consiglio di Stato ha rilevato che la medesima “non merita di essere sottoposta all’esame della Corte Costituzionale, dato che attiene allo spazio di discrezionalità del legislatore, riguardo alla disciplina delle modifiche contrattuali che il Codice previgente conteneva, in termini di piena compatibilità (…) col diritto euro-unitario di tutela della concorrenza, nonché di coerenza con la finalità di contenimento della spesa pubblica” (punto 13).
Sempre nella sentenza in commento il Collegio ha ribadito che la stessa Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che le direttive europee in materia non ostano a norme di diritto nazionale che escludano la revisione dei prezzi nel corso dell’esecuzione del contratto (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 19 aprile 2018, causa C-152/17).
Del resto, prosegue il Consiglio di Stato, a fronte di sopravvenienze straordinarie e imprevedibili e in mancanza di un’apposita clausola revisionale, l’operatore economico può comunque beneficiare del rimedio civilistico di cui all’art. 1467 cod. civ. Resta fermo che, anche in tal caso, la facoltà di “modificare equamente le condizioni del rapporto” (cfr. art. 1467, comma 3, cod. civ.) è rimessa alla sola discrezionalità della stazione appaltante.
Le novità in materia di revisione prezzi introdotte dal Correttivo al d.lgs. n. 36/2023
La pronuncia in commento ricorda come l’introduzione, nell’ordinamento, di un principio generale di rinegoziazione contrattuale su iniziativa della parte svantaggiata si debba all’art. 9 del d.lgs. n. 36/2023, rubricato “Principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale”.
La disposizione in esame non ha portata retroattiva, “poiché non è norma interpretativa né applicativa di un principio generale già presente nell’ordinamento, ma introduce ex novo il rimedio generale di manutenzione del contratto che, come si legge nella Relazione al Nuovo Codice dei contratti pubblici, è maggiormente conforme all’interesse dei contraenti in considerazione dell’inadeguatezza della tutela meramente demolitoria apprestata dall’art. 1467 c.c. (norma quest’ultima applicabile fino all’entrata in vigore del nuovo Codice)” (punto 6.2.3. Sulla portata innovativa dell’art. 9 v., anche, Cons. Stato, sez. IV, n. 5989/2023).
Costituiscono diretta applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale le disposizioni contenute negli artt. 60 e 120 in materia di revisione prezzi.
Ed è proprio su questa tematica che si è concentrato il Governo nell’avvalersi della facoltà prevista dall’art. 1, comma 4, della legge delega n. 78/2022 di apportare al Codice dei contratti pubblici – entro due anni dalla data di entrata in vigore – “le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune (…)”.
Segnatamente, con comunicato stampa n. 101 del 21 ottobre 2024 il Consiglio dei Ministri ha annunciato di aver approvato, in via preliminare, lo “Schema di decreto legislativo recante «Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36»”, poi sottoposto – una volta bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato – all’esame del Consiglio di Stato, della Conferenza Unificata e delle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione dei pareri di loro competenza.
Il d.lgs. n. 209/2024 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale n. 305, Suppl. ordinario n. 45/L, il 31 dicembre 2024, ed è entrato in vigore in pari data (cfr. art. 97).
Il Correttivo è stato presentato come “strumento di ulteriore razionalizzazione e semplificazione” della disciplina recata dal d.lgs. n. 36/2023 (che, come si ricorderà, è entrata in vigore il 1° aprile 2023 e ha acquistato efficacia il 1° luglio 2023), che tiene conto: (i) delle principali esigenze rappresentate dagli stakeholders del settore, (ii) delle richieste, presentate in sede europea, di modifica e integrazione di taluni istituti giuridici introdotti, al fine sia di scongiurare l’avvio di nuove procedure di infrazione da parte della Commissione europea sia di risolvere quelle eventualmente già in essere e (iii) delle principali affermazioni giurisprudenziali formatesi all’indomani dell’acquisto di efficacia del vigente Codice, assicurando, in tal modo, un’uniforme applicazione di tali principi soprattutto relativamente ad alcune aree tematiche e applicative particolarmente rilevanti, quali, ai fini che qui interessano, la revisione prezzi (cfr. Relazione illustrativa allo schema di Correttivo).
A quest’ultimo riguardo, il d.lgs. n. 209/2024 ha apportato delle modifiche rilevanti all’art. 60 del d.lgs. n. 36/2023 e ha introdotto un nuovo Allegato II.2-bis, disciplinante le modalità di applicazione/attuazione delle clausole di revisione dei prezzi.
I. Sull’art. 23, comma 1, lett. a), b) e c), del Correttivo
Anzitutto, l’art. 23, comma 1, lett. a), della novella in esame ha modificato il comma 1 dell’art. 60, al fine di specificare che le clausole di revisione dei prezzi da inserire obbligatoriamente nei documenti di gara inziali si riferiscono esclusivamente alle “prestazioni oggetto del contratto”. È stato, dunque, accolto sul punto il suggerimento contenuto nel parere n. 1463 reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato in data 27 novembre 2024 e pubblicato il successivo 2 dicembre, che suggeriva l’espunzione del riferimento al concetto di “lavorazioni” presente nello schema di decreto, dal momento che esso “è, peraltro, superfluo, perché nulla aggiunge al riferimento comprensivo alle «prestazioni» che costituiscono, volta a volta, oggetto del contratto, anche relativamente agli appalti di lavori” (punto 16.1.).
La successiva lett. b) ha, invece, riscritto il comma 2 dell’art. 60, prevedendo l’attivazione delle clausole di revisione dei prezzi al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva che determinino:
a)una variazione del costo dell’opera, in aumento o in diminuzione, superiore al 3% dell’importo complessivo e operano nella misura del 90% del valore eccedente la variazione del 3% applicata alle prestazioni da eseguire;
b) una variazione del costo della fornitura o del servizio, in aumento o in diminuzione, superiore al 5% dell’importo complessivo e operano nella misura dell’80% del valore eccedente la variazione del 5% applicata alle prestazioni da eseguire.
Segnatamente, (i) con riferimento all’an, l’attivazione della clausola revisionale nell’ambito dei contratti di servizi o forniture si conferma condizionata all’accertato superamento della soglia del 5%, mentre, nell’ambito dei contratti di lavori, viene rimessa all’accertato superamento della soglia, non più del 5%, ma del 3%; (ii) relativamente al quantum la variazione delle condizioni è commisurata al 90% o all’80% (anche in tal caso, a seconda che si tratti di lavori oppure di servizi o forniture), non più “della variazione stessa in relazione alle prestazioni da eseguire”, ma del solo “valore eccedente la variazione [sopra richiamata] applicata alle prestazioni da eseguire”.
Non hanno, dunque, trovato integrale accoglimento le osservazioni (“condizioni”, se si esamina il Parere del Senato – v. lett. b) elaborate dalle competenti Commissioni parlamentari e, nello specifico, né la proposta di lasciare che la revisione prezzi operi nella misura dell’80% dell’intera variazione, mantenendo il valore del 5% unicamente come soglia oltre la quale scatta il meccanismo revisionale, né la proposta di ridurre la percentuale del 5% fino al 2% dell’importo complessivo del contratto – come soglia oltre la quale scatta la revisione prezzi – e di innalzare la percentuale dell’80% fino al 90% – come misura della variazione dei prezzi da riconoscere agli operatori economici.
Con riferimento agli appalti di servizi e forniture è stato poi previsto, attraverso l’inserimento del nuovo comma 2-bis nel testo dell’art. 60 del d.lgs. n. 36/2023, che resta ferma la facoltà di inserire nel contratto, oltre alle clausole di revisione dei prezzi, “meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto all’indice inflattivo convenzionalmente individuato tra le parti” ed è stato, altresì, specificato che “In tale ipotesi, l’incremento di prezzo riconosciuto in virtù dei meccanismi ordinari di adeguamento del prezzo del contratto non è considerato nel calcolo della variazione del costo del servizio o della fornitura rilevante, ai sensi del comma 2, lettera b), ai fini dell’attivazione delle clausole di revisione prezzi”.
II. Sugli indici sintetici da utilizzare ai fini della determinazione delle variazioni
Alla luce delle numerose difficoltà applicative emerse in sede di confronto con gli stakeholders, il Correttivo è intervenuto sulle modalità attuative delle clausole revisionali, al fine di garantire, per ogni tipologia di affidamento, l’operatività di un indice quanto più specifico possibile, oltre che aderente alle dinamiche concrete del mercato di riferimento.
In particolare, i commi 3 e 4 dell’art. 60 sono stati modificati sotto due distinti profili:
a) relativamente ai contratti di lavori, affidando a un emanando provvedimento ministeriale, da adottare sentito l’ISTAT, l’individuazione dei singoli indici di costo delle lavorazioni, sulla base delle tipologie omogenee all’uopo individuate nella tabella A del nuovo allegato II.2-bis. A completamento, e al fine di non pregiudicare l’automatica e l’immediata applicazione delle clausole revisionali, il Correttivo ha introdotto una disciplina transitoria all’art. 16 del nuovo Allegato II.2-bis, il quale: (i) prevede che le disposizioni di nuovo conio si applichino alle sole procedure di affidamento di contratti di lavori “avviate a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento di cui all’articolo 60, comma 4, primo periodo, del codice” (cfr. art. 16, comma 1, lett. a); (ii) chiarisce che, alle procedure avviate fino alla data di pubblicazione del predetto provvedimento, continuano ad applicarsi, in via transitoria, le “disposizioni dell’articolo 60, comma 3, lettera a) e comma 4 del codice, nel testo vigente alla data del 1° luglio 2023” (cfr. art. 16, comma 2), che a regime assumeranno valenza, quanto agli indici di costo pubblicati sul portale istituzionale dell’ISTAT, solo “a fini statistici” e non operativi (cfr. art. 16, comma 3);
b) relativamente ai contratti di servizi e forniture, precisando che gli indici di cui all’art. 60, comma 3, lett. b), del d.lgs. n. 36/2023 (e, dunque, gli indici dei prezzi al consumo, dei prezzi alla produzione dell’industria e dei servizi e degli indici delle retribuzioni contrattuali orarie) possono essere valorizzati, all’occorrenza, anche in forma disaggregata, così da coprire l’ipotesi in cui un servizio o una fornitura rientri in due o più categorie, individuate secondo il sistema unico europeo di classificazione (CPV). Sempre con riguardo ai contratti di servizi e forniture, inoltre, il nuovo comma 4-ter dell’art. 60 precisa, da un lato, che resta ferma la possibilità di utilizzare gli indici settoriali anche in sostituzione degli indici previsti dal citato comma 3, lett. b) laddove, in ragione dei settori di riferimento, sussistano indici maggiormente aderenti e corrispondenti alla realtà economica del comparto rilevante e, dall’altro, che viene meno l’obbligo di inserimento nei documenti di gara delle clausole di revisione dei prezzi in relazione ai contratti il cui prezzo è già determinato sulla base di una propria indicizzazione operante settorialmente.
Non è stata, viceversa, accolta la condizione (v. lett. c) posta dall’VIII Commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica del Senato della Repubblica nel parere reso in data 17 dicembre 2024, con riferimento alla possibilità, per le stazioni appaltanti operanti nei settori speciali “che dispongono, in base alla disciplina e alla prassi settoriale, di specifici prezziari o indici settoriali di determinazione della variazione del prezzo” di utilizzare i predetti meccanismi in alternativa agli indici ISTAT e a quelli redatti transitoriamente secondo le disposizioni del nuovo Allegato II.2-bis per la revisione prezzi dei contratti di lavori.
Da ultimo, il nuovo comma 4-quater dell’art. 60 dispone che il nuovo Allegato II.2-bis disciplina le modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi, “tenuto conto della natura e del settore merceologico dell’appalto, e degli indici disponibili e ne specifica le modalità di corresponsione, anche in considerazione dell’eventuale ricorso al subappalto”.
La parte finale della disposizione in esame si raccorda con il nuovo comma 2-bis dell’art. 119, introdotto dall’art. 41, comma 1, lett. b), del Correttivo, che rende obbligatorio l’inserimento, all’interno dei contratti di subappalto e dei subcontratti comunicati alla stazione appaltante, di clausole di revisione dei prezzi, “riferite alle prestazioni o lavorazioni oggetto del subappalto o del subcontratto e determinate in coerenza con quanto previsto dagli articoli 8 e 14 dell’allegato II.2-bis, che si attivano al verificarsi delle particolari condizioni di natura oggettiva di cui all’articolo 60, comma 2”.
Saranno, nello specifico, le parti a definire i contenuti delle suddette clausole “tenuto conto dei meccanismi revisionali e dei limiti di spesa di cui all’articolo 60 del codice, delle specifiche prestazioni oggetto del contratto di subappalto o del sub-contratto e delle modalità di determinazione degli indici sintetici disciplinate dal presente Allegato” (art. 8, comma 1, Allegato II.2-bis) e l’appaltatore sarà responsabile della corretta attuazione degli obblighi di cui all’art. 119, comma 2-bis, del d.lgs. n. 36/2023.
III. Sul nuovo Allegato II.2-bis
Come anticipato, in raccordo con le modifiche introdotte all’art. 60 del d.lgs. n. 36/2023, l’art. 86 del d.lgs. n. 209/2024 ha introdotto il nuovo Allegato II.2-bis, rubricato “Modalità di applicazione delle clausole di revisione dei prezzi (articolo 60, comma 4-ter)”.
L’Allegato si articola in quattro sezioni e, segnatamente:
(i) Sezione I “Disposizioni generali”: artt. da 1 a 3;
(ii) Sezione II “Revisione prezzi per i contratti di lavori”: artt. da 4 a 9;
(iii) Sezione III “Revisione prezzi per i contratti di servizi e forniture”: artt. da 10 a 14;
(iv) Sezione IV “Disposizioni economico-finanziarie e finali”: artt. 15 e 16.
L’art. 2, al comma 1, chiarisce che le clausole di revisione dei prezzi devono essere redatte conformemente ai requisiti dell’Allegato in esame, “al fine di fornire meccanismi automatici di riequilibrio contrattuale al verificarsi delle particolari condizioni di cui all’articolo 60, comma 2, del codice”.
Il successivo comma 2 chiarisce, poi, che “Quando l’applicazione dell’articolo 60 del codice non garantisce il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale e non è possibile garantire il medesimo principio mediante rinegoziazione secondo buona fede, è sempre fatta salva, ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lett. b), la possibilità per la stazione appaltante o l’appaltatore di invocare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto. In tutti i casi di risoluzione del contratto ai sensi del presente comma, si applica l’articolo 122, comma 5, del codice” e, dunque, l’appaltatore ha diritto soltanto al pagamento delle prestazioni regolarmente eseguite.
L’art. 3 precisa, al comma 2, che le clausole di revisione dei prezzi sono attivate automaticamente dalla stazione appaltante, anche in assenza di istanza di parte, quando la variazione supera, in aumento o in diminuzione, rispettivamente le soglie del 3% (per i lavori) e del 5% (per i servizi e le forniture) dell’importo del contratto quale risultante dal provvedimento di aggiudicazione.
L’art. 4, comma 2 e l’art. 12, comma 1 chiariscono, infine, che il riferimento temporale per la determinazione della variazione del prezzo va individuato nel “mese del provvedimento di aggiudicazione”, con l’ulteriore precisazione per cui “(…) in caso di sospensione o proroga dei termini di aggiudicazione nelle ipotesi di cui all’articolo 1, commi 3, 4 e 5 dell’Allegato I.3.” il valore di riferimento per il calcolo della variazione è quello relativo al “mese di scadenza del termine massimo per l’aggiudicazione, come individuato dall’articolo 1, commi 1 e 2 del predetto Allegato”.
Anche in questo caso non ha trovato accoglimento la condizione di cui alla lett. o), posta dall’VIII Commissione Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica del Senato della Repubblica, secondo cui sarebbe stato più opportuno che il momento di riferimento per il calcolo della variazione dei prezzi fosse individuato nel mese del termine finale di presentazione delle offerte, in ragione del rischio (non così remoto) che tra il termine per la presentazione delle offerte e il provvedimento di aggiudicazione intercorra un considerevole arco temporale, visto che i termini indicati nel menzionato Allegato I.3 sembrano avere carattere sollecitatorio (sulla natura del termine di sei mesi previsto dall’art. 2, comma 1, del d.l. n. 76/2020, cfr. T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, n. 554/2023).
IV. Profili ancora aperti
Fermo quanto sin qui rappresentato, paiono essere rimaste irrisolte quantomeno due tematiche, già segnalate dall’ANAC nel corso delle audizioni alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica il 26 e il 27 novembre 2024, ovverosia:
(i) l’applicabilità o meno dell’istituto agli appalti di progettazione, stante la dubbia natura di contratto istantaneo che questi presentano;
(ii) la durata minima dei contratti ai fini dell’applicazione dell’istituto della revisione prezzi.
In relazione al profilo sub (i), l’Authority aveva proposto di precisare quanto segue: “Le clausole di cui al comma 1 non si applicano agli appalti di progettazione, con esclusione delle ipotesi in cui l’impegno del progettista si protragga per il tempo necessario alle verifiche della stazione appaltante e per l’esecuzione dei conseguenti interventi di adeguamento e modifica dei documenti progettuali, ferma restando l’applicabilità del comma 1 agli accordi quadro conclusi ai sensi dell’articolo 59 aventi ad oggetto servizi di progettazione”, mentre in relazione al profilo sub (ii) la medesima aveva segnalato di chiarire che l’istituto opera nel caso di contratti di durata “superiore ad un anno”.
Nessuna delle due proposte è stata recepita nella versione definitiva del testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ragion per cui anche rispetto a questi temi occorrerà attendere gli esiti che la prassi applicativa restituirà per “misurare” l’efficacia della nuova disciplina.
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Revisione prezzi e riequilibrio del contratto: le novità introdotte dal Decreto correttivo e dal Decreto ministeriale
Martedì 21 gennaio 2025, ore 9.00 – 13.00
Docente: Antonio Bertelli
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