Stando alla ratio della revisione del prezzo, solo la proroga contrattuale è evenienza con essa astrattamente compatibile.
Mentre un rinnovo del medesimo contratto, epilogo di una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali, non ammette la possibilità della revisione del corrispettivo.
È quanto stabilisce il Consiglio di Stato sez. V con la Sentenza del 03 gennaio 2025 n. 23.
I fatti in causa
La questione giunta all’attenzione del Consiglio di Stato ha riguardato la domanda per l’accertamento del diritto, ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, alla revisione del corrispettivo, relativo al contratto di appalto del servizio di vigilanza e custodia, presso una installazione militare, intercorso con il Ministero della Difesa.
Nella fattispecie il contratto inziale, a seguito dell’originaria scadenza era stato successivamente più volte prorogato.
Mentre nell’ambito del contratto originario non era prevista alcuna clausola di adeguamento, e neanche nei distinti atti di proroga.
Il giudice amministrativo sia in primo che in secondo grado ha respinto il ricorso proposto dall’impresa contro il diniego dell’amministrazione sul presupposto che al contratto originario (di durata annuale) si sono succedute pattuizioni differenti di durata variabile (mensile o semestrale), autonome tra loro e frutto di singole manifestazioni negoziali delle parti : sostenendo quindi la non configurabilità nella fattispecie di un rapporto giuridico unitario ma una serie di obbligazioni succedutesi nel tempo, di fatto senza soluzione di continuità rispetto alle quali la stessa parte ricorrente ha negoziato le relative condizioni, ritenendo quindi non applicabile la disciplina della revisione dei prezzi.
La decisione
La questione giuridica giunta all’attenzione del Consiglio di Stato è la seguente:
successive manifestazioni di volontà, e dunque nuovi ed autonomi rapporti giuridici, quando possono intendersi proroghe contrattuali, alla stregua dell’insegnamento giurisprudenziale che, al fine di distinguere tra proroga e rinnovo, guarda al dato dell’invarianza delle condizioni contrattuali, con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto.
Per rispondere al quesito la decisione in esame muove preliminarmente dalla ratio dell’istituto della revisione dei prezzi, sostenendo che essa è quella, da un lato, di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle amministrazioni non siano esposte con il tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse e della conseguente incapacità dell’appaltatore di farvi compiutamente fronte; dall’altro lato, è finalizzata ad evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere l’equilibrio finanziario alla base della stipulazione del contratto (Cons. Stato, II, 6 maggio 2020, n. 2860). Dunque, può dirsi che la revisione periodica dei prezzi sia funzionale all’esigenza di assicurare un costante equilibrio tra le prestazioni dedotte in contratto, mantenendo inalterato il sinallagma funzionale.
Poi il Consiglio di Stato spiega che la clausola di revisione dei prezzi opera in caso di mera proroga del contratto, e non anche di rinnovo del medesimo (Cons. Stato, III, 10 ottobre 2023, n. 8830; III, 5 marzo 2018, n. 1337); ed infatti mentre la proroga del termine finale di un appalto pubblico di servizi sposta solo in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, il quale resta regolato dalla sua fonte originaria, il rinnovo del contratto comporta una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, ossia un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale, che rende incompatibile l’immediata applicazione imperativa della clausola di revisione prezzi (Cons. Stato, III, 9 gennaio 2017, n. 25; V, 22 giugno 2010, n. 3892; V, 14 maggio 2010, n. 3019).
A fronte delle esposte coordinate interpretative, quanto alla fattispecie di causa si è presentata l’esigenza di comprendere se si verta al cospetto di una proroga contrattuale (evenienza astrattamente compatibile con la revisione), ovvero di un rinnovo, epilogo di una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse se non più attuali.
Sul tema il Consiglio di Stato quindi ha chiarito che le nuove manifestazioni di volontà danno corso tra le parti a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto identico a quello originario, pur in assenza di una proposta di modifica del corrispettivo (Cons. Stato, V, 30 novembre 2021, n. 7959).
Nel caso di specie i giudici di Palazzo Spada hanno accertato come si fosse al cospetto di una, seppure minimale, negoziazione tra le parti, che si è trasfusa in una pluralità di contratti, peraltro tutti di breve durata, escludendola configurazione di un rapporto giuridico unitario.
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