La revisione dei prezzi in tanto è concepibile in quanto si riferisca alle annualità di contratto successive alla prima; per quest’ultima deve infatti presumersi che i prezzi utilizzati per raggiungere l’equilibrio contrattuale siano quelli attuali e che dunque nessuna onerosità eccessiva per la parte privata possa configurarsi; pertanto, l’alterazione dell’equilibrio economico del contratto può configurarsi solo con il decorso del tempo e quindi a partire dalle annualità successive alla prima; ad opinare diversamente dovrebbe invece assumersi un contratto già oneroso al momento della sua sottoscrizione; ma di fronte a questa evenienza — in ipotesi configurabile laddove la stipula seguisse di molto tempo la conclusione della procedura di affidamento — il privato sarebbe tutelato dai limiti di validità della propria offerta e dalla conseguente facoltà di rifiuto a sottoscrivere il contratto.
È quanto stabilisce il Consiglio di Stato sezione Quinta, con la sentenza n. 9611 del 02 dicembre 2024.
I fatti in causa
La questione giunta all’attenzione del Consiglio di Stato riguarda l’applicabilità delle disposizioni in materia di revisione del prezzo, ed in particolare le misure straordinarie previste dai “decreti aiuti”, con particolare riferimento al primo anno di esecuzione dei lavori coincidente con l’anno di presentazione dell’offerta.
L’impresa affidataria dei lavori, appellandosi anche alla normativa emergenziale, chiedeva in via amministrativa la revisione del prezzo, anche riguardo le lavorazioni eseguite nel primo anno di contratto corrispondente all’anno di presentazione dell’offerta, tuttavia vedendosi opporre il provvedimento di diniego della P.A., che restringeva l’ambito di operatività dell’istituto soltanto agli anni successivi al primo.
Senonché l’impresa insorgeva contro la decisione negativa ottenendo in primo grado l’accoglimento del ricorso.
Infatti, Il Tar Marche accoglieva il ricorso mostrando piena adesione all’interpretazione delle norme sulla revisione straordinaria dei prezzi effettuata dalla ricorrente e, dunque, ritenendo che le stesse includessero nel proprio ambito di applicazione anche gli aumenti dei prezzi relativi alle lavorazioni effettuate nell’anno di presentazione dell’offerta (nella fattispecie anno 2021), e, di conseguenza, annullava i provvedimenti impugnati e accertava il diritto dell’appaltatrice a vedersi corrisposta la somma dalla stessa richiesta.
Ma in appello il Consiglio di Stato si è detto di diverso avviso, e riformando la sentenza ha statuito l’inapplicabilità di tale istituto con riferimento agli aumenti verificatisi nello stesso anno di presentazione dell’offerta.
La decisione
La decisione in esame principia dalla considerazione che dall’insieme delle disposizioni normative adottate negli anni 2021 e 2022 per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi di alcuni materiali da costruzione verificatisi in conseguenza del Covid 19 e del conflitto russo-ucraino, si ricaverebbero gli stessi principi vigenti nel regime ordinario di revisione prezzi.
Di conseguenza troverebbe applicazione anche per le ipotesi regolate dalla normativa emergenziale la regola dell’inapplicabilità della revisione con riferimento agli aumenti verificatisi nello stesso anno di presentazione dell’offerta.
La sentenza quindi prosegue nella disamina della disposizione recata nel c.d. “decreto aiuti” – d.l. 73 del 2021, rilevando che dall’esame della stessa, e degli interventi modificativi e integrativi che l’hanno riguardata, se ne ricava appunto che tale normativa si occupava solo delle offerte del 2020 e degli anni precedenti, per gli aumenti registrati nel 2021, quindi non era necessario prevedere espressamente l’esclusione delle compensazioni per i lavori eseguiti nel 2021 riferiti ad offerte dello stesso anno; solo con i decreti legge successivi, con i quali il meccanismo è stato esteso anche per le maggiorazioni rilevate per le lavorazioni di competenza degli anni 2022 e seguenti, atteso il mancato riassorbimento del fenomeno dell’incremento dei prezzi, vi è stata la necessità di indicare espressamente la non operatività dell’istituto per le maggiorazioni delle lavorazioni relative all’anno di presentazione dell’offerta.
Il Consiglio di Stato ricorda poi che riguardo alle variazioni pertinenti le lavorazioni eseguite nel primo semestre 2021 è intervenuto il d.M. MIMS dell’11 novembre 2021 e, per quelle relative al secondo semestre 2021, il d.M. MIMS del 4 aprile 2022 ed entrambi riconoscono e applicano le variazioni concernenti il 2021 esclusivamente con riferimento alle offerte presentate nell’anno 2020 e negli anni precedenti al 2020 (sempre che i contratti di appalto siano ancora in corso di svolgimento nel 2021).
Per i giudici amministrativi la ratio di tale posizione ermeneutica risponde a ragioni di coerenza interpretativa, atteso che il meccanismo di revisione disciplinato con riferimento agli anni successivi al 2021 dall’art. 29 del d.l. n. 4/2022 esclude espressamente i lavori contabilizzati nell’anno solare di presentazione dell’offerta.
Per il giudice amministrativo se ne trae che l’intenzione del legislatore è stata quella di escludere la revisione per gli aumenti dei prezzi verificatisi nello stesso anno in cui è stata presentata l’offerta.
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