Questioni di giurisdizione in tema di mancata nomina del collegio tecnico consultivo

Commento a Consiglio di Stato, Sez. V, 7 giugno 2022, n. 4650

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Commento a Consiglio di Stato, Sez. V, 7 giugno 2022, n. 4650

È stata posta dinanzi al Giudice Amministrativo la questione di giurisdizione inerente alla mancata nomina e costituzione del Collegio Consultivo Tecnico deputato a fornire pareri ovvero ad assumere determinazioni in ipotesi di “conflitto” tra Committente e Appaltatore.

Il tema si è intrecciato con quello della risoluzione contrattuale, avendo nel caso di specie l’Appaltatore subito l’avvio del relativo procedimento in conseguenza dell’imputato grave inadempimento denunciato dalla parte committente.

A parere dell’Appaltatore, a seguito dell’entrata in vigore della normativa sulla costituzione del collegio consultivo tecnico, non potrebbe trovare avvio il procedimento risolutivo, dovendo invece essere rimessa ogni questione al predetto collegio per la risoluzione delle questioni controverse: il diritto soggettivo del privato sarebbe recessivo al cospetto del potere autoritativo della committente di costituzione del collegio, sicché le parti non agirebbero più iure privatorum, con conseguente impossibilità per l’Amministrazione di procedere con la risoluzione del contratto.

Le argomentazioni sopra riportate – legate alla censura del difetto di giurisdizione del Giudice adito sollevata dalle Amministrazioni resistenti – non sono state ritenute convincenti dal Supremo Consesso che, invece, ha effettuato una puntuale disamina della fattispecie osservando che, in primo luogo, quando ci si trovi al cospetto di un appalto sotto soglia comunitaria (come nel caso concreto oggetto di disamina) non sussiste un obbligo, ma solo una facoltà, di nominare il collegio consultivo tecnico.

A prescindere dal citato dato, è stato ritenuto dal Collegio essenziale sottolineare la funzione assolta dal Collegio, ovvero quella consultiva, ex art. 5, comma 4, del D.L. n. 76/2020, deputata alla risoluzione di problematiche esecutive insorte in corso d’opera, tra le quali non si annovera il caso del grave inadempimento dell’Appaltatore agli obblighi di contratto, che possono dar luogo a pareri.

Ed ancora, ai sensi del successivo art. 6, al collegio sono riservate “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”, con il compito di adottare delle “determinazioni” volte appunto a risolvere tali dispute e controversie. Determinazioni che la norma stessa equipara a lodo contrattuale ex art. 808 ter, comma 2, c.p.c. all’esito di un c.d. arbitrato irrituale.

A prescindere, quindi, da come si voglia interpretare il compito e la funzione cui il collegio consultivo tecnico è deputato, il provvedimento di risoluzione non vedrebbe intaccata la propria natura di esercizio di diritto soggettivo nell’ambito di un rapporto contrattuale e in ogni caso i risultati cui darebbe luogo il predetto collegio non potrebbero che condurre a incardinare la controversia dinanzi al giudice ordinario, essendo questo il giudice naturale deputato a dirimere il contenzioso all’esito della stipula del contratto e in fase esecutiva.

Il procedimento principale

Successivamente alla stipula del contratto d’appalto e alla richiesta da parte dell’Appaltatore di conseguire l’anticipazione ai sensi dell’art. 207 del D.L. n. 34/2020, la Committente opponeva il relativo rifiuto e avviava una procedura di risoluzione contrattuale in danno dell’esecutore ai sensi dell’art. 108 del D.Lgs. n. 50/2016 per grave, plurimo e perdurante inadempimento.

La determina di risoluzione veniva impugnata dinanzi al Giudice Amministrativo per violazione degli articoli 5, comma 4, e 6 del D.L. n. 76/2020 in relazione alla obbligatorietà della nomina del collegio consultivo tecnico per gli appalti, al fine di assumere decisioni rispetto alle ipotesi in cui l’appalto non possa proseguire con l’operatore designato, ivi compreso il caso della risoluzione contrattuale.

Già il Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima), con sentenza n. 01008/2022, aveva dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, reputando che le questioni relative alla risoluzione del contratto, essendo incardinate a valle dell’aggiudicazione, dovessero rientrare nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario, attenendo la normativa sul collegio consultivo tecnico a questioni diverse e scisse da quelle relative alla cessazione del rapporto.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha confermato la pronuncia del TAR Campania, sottolineando che il collegio consultivo tecnico previsto dagli artt. 5 e 6 del d.l. n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, interviene con funzione consultiva nelle sole ipotesi previste dall’art. 5, comma 1, lett. a) – d), tra le quali non rientra quella del grave inadempimento dell’appaltatore ad obblighi contrattuali, nonché nell’ipotesi dello stesso art. 5, comma 4, quando “la prosecuzione dei lavori … non possa procedere con il soggetto designato”.

Il Consiglio di Stato ha altresì precisato che allo stesso collegio consultivo tecnico l’art. 6, comma 1, riserva “funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie o delle dispute tecniche di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso”, con il compito di adottare delle “determinazioni” volte appunto a risolvere tali dispute e controversie.

Il Supremo Consesso ha chiaramente distinto gli esiti cui possono pervenire i collegi consultivi tecnici deputati a rispondere ai quesiti: nel primo caso pareri, nel secondo determinazioni.

A queste ultime, in particolare, viene conferita natura di “lodo contrattuale previsto dall’articolo 808 ter del codice di procedura civile, salva la diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”. Si tratta, cioè, di un arbitrato irrituale che, salvo tale diversa volontà delle parti (e salvo ricorra una delle cause di annullabilità dell’art. 808 ter, comma 2, c.p.c.), sottrae la controversia alla giurisdizione ordinaria.

La distinzione, ritenuta essenziale dal Consiglio di Stato, ha lo scopo di rappresentare che, sia nell’uno che nell’altro caso, il provvedimento di risoluzione contrattuale non vede modificata la propria natura di esercizio di diritto soggettivo di natura contrattuale e non di potere autoritativo.

In ogni caso, infatti, la cognizione del giudice ordinario andrebbe affermata essendo il caso di specie “paradigmatico di una controversia relativa alla corretta esecuzione del rapporto”, quale la risoluzione per grave inadempimento ed essendo tale determinazione rimessa esclusivamente alla valutazione del giudice ordinario.

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