Per la proroga al 2025 delle concessioni di gestione di strutture sportive già affidate alle associazioni dilettantistiche senza scopo di lucro e in scadenza prima del 31 dicembre 2021 è necessario che le associazioni dimostrino un’esigenza di riequilibrio economico?

A cura di Daniele Passigli

Daniele Passigli 17 Novembre 2022
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Breve commento a sentenza 10 novembre 2022, n. 276 della sezione autonoma di Bolzano del TRGA

La pandemia prima e la congiuntura economica che ne è derivata e resa ancora più complicata dal contesto internazionale ha posto, tra le tante problematiche, anche quella della gestione delle strutture sportive che si trovino sul demanio o siano di proprietà comunale.

L’ultimo intervento legislativo è costituito dal “decreto milleproroghe” che ha fatto slittare fino a fine 2025 la proroga delle concessioni, in origine stabilita a fine 2023.

La normativa di base di riferimento è il comma 1 dell’articolo 10-ter del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (cosiddetto Decreto sostegni bis) che, nella versione vigente, così statuisce:

Art. 10-ter (Proroga delle concessioni di impianti sportivi per le associazioni sportive dilettantistiche).

1. All’articolo 100, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Al fine di sostenere le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro colpite dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, le concessioni a tali associazioni degli impianti sportivi ubicati su terreni demaniali o comunali, che siano in attesa di rinnovo o scadute ovvero in scadenza entro il 31 dicembre 2021, sono prorogate fino al 31 dicembre 2025, allo scopo di consentire il riequilibrio economico-finanziario delle associazioni stesse, in vista delle procedure di affidamento che saranno espletate ai sensi delle vigenti disposizioni legislative“.

Sotto il profilo della tecnica legislativa adottata si possono, ovviamente, fare molti rilievi, anche di natura critica.

Ad esempio l’enunciazione di una finalità di una norma è, in principio, inutile: tutte le norme giuridiche che appartengano al rango delle fonti primarie costituiscono espressione di una potestà “politica” del governo (in sede di decretazione d’urgenza, come nella fattispecie) e del parlamento (in sede di conversione del DL in legge) che, pertanto, è “libera nei fini”.

A che scopo, pertanto, si enunciano dei “fini” all’interno di una norma?

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