Principio di risultato: da criterio interpretativo del codice a parametro di validità degli atti della stazione appaltante (e non solo)

A cura di Morris Montalti

Morris Montalti 8 Aprile 2024
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Ad un anno dall’entrata in vigore del “nuovo” Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 31.3.2023, n. 36), il (super) principio di risultato di cui al suo primo articolo – intriso di tanto valore assiologico (e aspettative), ma anche per ciò apparentemente indeterminato nel suo contenuto normativo – inizia a concretizzarsi nel diritto vivente, operando come presupposto fondante di un sistema di regole giuridiche derivate, costruite sulla base del singolo caso concreto, vincolanti sia per le stazioni appaltanti sia per gli operatori economici.

E come ogni altro principio, anche per il risultato la questione della sua indeterminatezza – per alcuni foriera di intollerabile incertezza giuridica nel rapporto amministrativo – si dissolve nel procedimento razionalizzante di applicazione del medesimo al fatto concreto; o meglio, nel processo di sussunzione del fatto ad una delle possibili regole giuridiche contenute nel principio in questione.

E’ con la pronuncia del 26 marzo 2024, n. 2866, che il Consiglio di Stato conferma la sentenza del T.A.R. lombardo di annullamento dell’aggiudicazione di un appalto di forniture ospedaliere, ritenuto illegittimo in quanto non adeguato alle necessità della stazione appaltante.

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