Di conseguenza l’assenza di uno specifico meccanismo di compensazione /revisione dei prezzi anche per tali categorie di appalti comporta che le Stazioni Appaltanti, a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, possono procedere a modifiche dei rapporti contrattuali nei limiti dell’art. 106 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50 del 2016).
È quanto stabilisce l’ANAC con il parere n. 20/22, richiesto in merito all’esecuzione della fornitura di risma di carta formato A/4.
Il parere
L’Autorità Nazionale Anticorruzione con il parere in esame chiarisce come diversamente dalla materia dei lavori, maggiormente interessata dai rincari a causa della pandemia e del conflitto russo – ucraino, il legislatore non ha introdotto una disciplina peculiare per la compensazione / revisione dei prezzi relativi agli appalti di servizi e forniture.
Allo stesso tempo l’Autorità Anticorruzione esclude che negli appalti pubblici possa trovare applicazione il meccanismo revisionale previsto dall’art. 1664 del c.c..
L’Anac infine chiarisce che la compensazione /revisione dei prezzi non si configura come un diritto soggettivo dell’operatore economico, pertanto le richieste delle imprese sono assoggettate ad una attività valutativa ed istruttoria della P.A. che può culminare tanto nell’accoglimento della domanda di revisione, tanto nella reiezione della stessa.
Il parere giunge alle conclusioni accennata attraverso il seguente iter argomentativo.
L’ANAC in primo luogo passa in rassegna la recente disciplina in tema di revisione / compensazione del prezzo, rilevando all’esito dell’esame, l’assenza appunto di una disciplina specifica dedicata agli appalti di servizi e forniture.
Tanto ha indotto l’Autorità Anticorruzione a ritenere applicabile alla fattispecie unicamente l’articolo 106 del d.lgs. 50 del 2016.
Mentre, al fine di escludere l’applicabilità del meccanismo revisionale previsto dall’art. 1664 del c.c., l’ANAC si è rifatta alla giurisprudenza amministrativa che sul punto già da tempo ha chiarito come nel rapporto tra la revisione dei prezzi previsti dall’art. 1664, comma 1, c.c. e quella pubblicistica prevista dall’art. 115 del D.Lgs. 163/06 sussiste un rapporto di specialità, e pertanto, nell’ambito dei contratti pubblici non può applicarsi la normativa civilistica che ha natura dispositiva, essendo rimessa alla volontà delle parti (cfr. CdS n. 3768/2018).
Il parere chiarisce infine che in merito all’istanza di revisione sussiste in capo alla P.A. un potere valutativo discrezionale. Tanto si desume laddove afferma che la clausola di revisione dei prezzi ai sensi del citato art. 106, comma 1, lett. a) non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto di appalto.
In tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), rilevando che la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008 n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato (cfr. CdS n. 3768/2018).
Così anche la giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi che in argomento ha stabilito che se la clausola di revisione prezzi deve essere obbligatoriamente inserita nei contratti ad esecuzione continuata o periodica (art. 115, d.lg. n. 163 del 2006), essa non assume la funzione di eliminare completamente l’alea tipica di un contratto di durata, la quale costituisce proprio oggetto di specifico apprezzamento (al momento della formulazione dell’offerta economica) dei concorrenti che intendono concorrere alla gara d’appalto. Se indubbiamente il meccanismo deve prevedere la correzione dell’importo previsto ab origine in esito al confronto comparativo — per prevenire il pericolo di un’indebita compromissione del sinallagma contrattuale — il riequilibrio non si risolve in un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei valori delle materie prime (o dei quantitativi), che ne snaturerebbe la ratio trasformandolo in una clausola di indicizzazione” (T.A.R. Brescia, sez. II, 20/04/2012, n. 674).
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