Il Consiglio di Stato, sez. V 25/3/2016 n. 1242, ribadisce una serie di principi sulla legittimazione al ricorso contro l’esito di una gara.
La regola: la necessaria partecipazione alla gara
Secondo i giudici amministrativi, che ribadiscono concetti già formulati da Consiglio di Stato, Ad. Pl., 7 aprile 2011, n. 4, condizione essenziale per poter contestare in sede giudiziaria la determinazione negativa della stazione appaltante e per essa della commissione di gara, è l’avvenuta presentazione nei termini fissati dal bando o dalla lettera d’invito della domanda di partecipazione.
L’eccezione: l’impugnazione del non partecipante
Una deroga a tali principi, con il riconoscimento della legittimazione a ricorrere anche al non partecipante alla gara, si ha solo in tre specifiche ipotesi:
– quando, a prescindere, dalla partecipazione alla stessa, il ricorrente abbia specificatamente impugnato la scelta dell’amministrazione di indire la gara;
– quando il ricorrente non abbia potuto partecipare alla gara per mancanza della stessa in quanto l’Amministrazione ha proceduto ad affidamento diretto;
– infine, quando il bando di gara contenga clausole escludenti per il ricorrente.
Nel caso di specie, invece, la ricorrente aveva impugnato l’aggiudicazione definitiva di una gara alla quale la medesima non ha mai partecipato, senza peraltro avere impugnato gli atti presupposti e immediatamente lesivi della posizione della ricorrente e cioè la deliberazione indicata e gli atti d’indizione della nuova gara.
In questa ipotesi, secondo il Collegio, l’impresa che non ha partecipato alla gara e, quindi, non ha alcun interesse giuridicamente rilevante a censurarne l’esito al fine di ottenerne la ripetizione, in quanto titolare di un mero interesse di fatto (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Pl., 7 aprile 2011, n. 4).
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