Quello strano no agli obblighi di trasparenza per gli uffici in staff alla politica

29 Marzo 2017
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La deliberazione 241/2017 dell’ANAC sull’applicazione dell’articolo 14 del d.lgs. 33/2013 non può non destare più di una perplessità, nel regolare gli obblighi di pubblicazione per i dirigenti

a cura di Luigi Oliveri

Si deve dare atto all’Autorità che essa, come riferisce nella delibera, “ha espresso forti perplessità sulla disposizione in esame, specie per quel che concerne l’ostensione dei dati reddituali e patrimoniali, tenuto conto che ai dirigenti comunque si applica la norma che stabilisce la pubblicazione degli emolumenti percepiti a carico della finanza pubblica”.

Perplessità più che condivisibili. L’ANAC osserva argutamente che, in effetti, “con le modifiche apportate al d.lgs. 33/2013 dal d.lgs. 97/2016 si è introdotto un principio di tendenziale allineamento in tema di trasparenza tra organi politici e dirigenti”.

Non è chi non veda l’irragionevolezza di questo principio. O, almeno, tale irragionevolezza è stata ravvisata dal TAR Lazio, con l’ordinanza della Sezione I-quater 2 marzo 2017, n. 1030, che ha accolto il ricorso di alcuni dirigenti dell’Autorità Garante della privacy proprio contro la pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi e della situazione patrimoniale, imposta ai dirigenti pubblici dall’articolo 14 del d.lgs. 33/2013, avendo il TAR riscontrato:
– la consistenza delle questioni di costituzionalità e di compatibilità con le norme di diritto comunitario sollevate in ricorso;
– l’irreparabilità del danno paventato dai ricorrenti, discendente dalla pubblicazione online, anche temporanea, dei dati per cui è causa, da cui l’esigenza di salvaguardare la res adhuc integra nelle more della decisione del merito della controversia.

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