La natura giuridica di ANAS S.p.A. in relazione all’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003

La Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, si è pronunciata, con sentenza n. 5102 del 15 dicembre 2017, in merito all’applicabilità dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 alla società a partecipazione pubblica quale è ANAS S.p.A..

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La Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, si è pronunciata, con sentenza n. 5102 del 15 dicembre 2017, in merito all’applicabilità dell’art. 29 del D.Lgs. n. 276/2003 alla società a partecipazione pubblica quale è ANAS S.p.A..

Nel caso in disamina la disposizione presa in considerazione corrisponde a quella contenuta nel comma 2 in virtù del quale: “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e può esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.

Orbene, prima della modifica operata dal D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, (art. 9, comma 1) era controversa la possibilità di applicare la disposizione di cui all’art. 29, del d.lgs. n. 276 del 2003 ad appalti commissionati da una pubblica amministrazione.

Con la nuova disposizione citata è stato chiarito che la garanzia di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, non trova applicazione in relazione ai contratti di appalto stipulati dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Tanto premesso, è stato escluso che ad ANAS S.p.A. si potesse estendere la disciplina propria della pubblica amministrazione, ciò in quanto non rientrano nella disciplina di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 le società partecipate.

In particolare, è stato enunciato il seguente principio: “per le società per azioni eventualmente partecipate da un ente pubblico è lo Stato medesimo che si assoggetta alla legge delle società per azioni per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di forme e nuove possibilità realizzatrici, per cui la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Pertanto, in difetto di norme esplicite che introducano puntuali deroghe, è ai principi generali ed alle linee portanti del sistema che occorre aver riguardo.

Anas S.p.A., pur essendo soggetta a varie forme di controllo ed indirizzi pubblici, resta pur sempre una società per azioni, come tale soggetta alle regole privatistiche ove dalla legge non diversamente disposto”.

Ciò ha portato il Collegio a concludere che “le evidenziate connotazioni pubblicistiche che caratterizzano una società per azioni a partecipazione pubblica non incidono in alcun modo sulla natura privatistica del committente che rimane in assenza deroghe, integralmente assoggettato alla normativa di diritto privato, alla stregua di tutte le altre società per azioni private”.

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Corte d’Appello di Roma, Sez. Lavoro, sentenza n. 5102 del 15 dicembre 2017

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