La mancata dichiarazione in gara di un precedente penale, benché risalente, comporta comunque l’esclusione del concorrente che vi sia incorso

Commento alla sentenza del TAR Toscana, sez. II, 17 luglio 2018, n. 1041

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È legittima l’esclusione dalla gara di un impresa che abbia omesso di dichiarare  l’esistenza di un precedente penale in capo al suo legale rappresentante – nella specie, una sentenza di condanna penale per il reato di allontanamento illecito ex art. 147, comma 2, del codice penale militare di pace – benché risalente. Ciò in quanto nelle procedure ad evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni costituisce già di per sé un valore da perseguire, poiché consente la celere decisione sull’ammissione dell’operatore economico alla gara; sicché una dichiarazione inaffidabile, perché falsa o incompleta, è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti o meno di partecipare alla procedura competitiva.

Con tale pronuncia il TAR Toscana ha definito una controversia sorta intorno alla esclusione di una impresa che, nell’ambito di  una procedura di gara per l’affidamento di servizi di igiene e pulizia ambientale ai sensi del d.lgs. 18 aprile 2018, n. 50 (recante il Codice dei contratti pubblici), aveva omesso di dichiarare l’esistenza di una sentenza di applicazione della pena su richiesta, in capo all’amministratore unico della società cooperativa, per il reato di allontanamento illecito ex art. 147, comma 2, del codice penale militare di pace commesso circa 25 anni addietro.

A fronte di ciò, siffatta impresa ha così impugnato la suddetta esclusione innanzi al Giudice Amministrativo, invocando la teoria del c.d. “falso innocuo” – essendo peraltro, a suo dire, il reato di che trattasi estinto per decorso del termine ex art. 445, comma 2, c.p.p. – e richiamando allo scopo un orientamento del Consiglio di Stato (sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704; sez. V, 13 novembre 2015, n. 5192).

Il ricorso in esame è stato tuttavia rigettato dal TAR adito, il quale ha valutato quale sufficientemente motivata e legittima la determinazione di esclusione assunta dalla stazione appaltante. In particolare, ha chiarito sul punto che:

  • “la tesi del “falso innocuo” non può trovare applicazione nella materia degli appalti pubblici poiché il falso è innocuo quando non incide neppure minimamente sugli interessi tutelati, mentre nelle procedure di evidenza pubblica la completezza delle dichiarazioni già di per sé costituisce un valore da perseguire perché consente la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara ed una dichiarazione inaffidabile, perché falsa o incompleta, è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti o meno di partecipare alla procedura competitiva (C.d.S. V, 3 giugno 2013 n. 3045; T.A.R. Trentino Alto Adige – Trento I, 12 marzo 2014 n. 89; T.A.R. Abruzzo – Pescara I, 12 ottobre 2015 n. 387; T.A.R. Calabria – Catanzaro I, 20 novembre 2017 n. 1753);
  • il mero decorso del tempo previsto dall’art. 445 c.p.p. per le sentenze di applicazione della pena costituisce presupposto per chiedere al giudice dell’esecuzione penale la dichiarazione di estinzione del reato, ma solo dopo il suo ottenimento il partecipante a procedure di affidamento di appalti pubblici è esonerato dal relativo obbligo dichiarativo (C.d.S. V, 23 marzo 2015 n. 1557) e la pronuncia, pur se riferita all’art. 38, comma 1, lett. c) del d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 conserva attualità, tanto più che l’’art. 80, comma 3, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 dispone che l’esclusione dalle gare di appalto per l’affidamento dei contratti pubblici “non va disposta e il divieto (di partecipazione) non si applica quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna…”, richiedendo quindi esplicitamente una pronuncia di estinzione ai fini che qui rilevano;
  • la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2018 n. 2704 prodotta dalla ricorrente a sostegno delle proprie ragioni esplicitamente si discosta dalla precedente giurisprudenza del Giudice di appello e stabilisce un principio che non è condivisibile, alla luce del chiaro disposto sopracitato dell’art. 80, comma 3, d.lgs. n. 50/2018;
  • la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2015 n. 5192, anch’essa prodotta dalla ricorrente a sostegno delle proprie ragioni, non è pertinente, poiché si basa su una norma del codice di procedura penale (l’art. 587) nella versione non più vigente; (…)”.

Sulla scorta di tali elementi e considerazioni il TAR Toscana ha pertanto confermato l’esclusione e respinto le doglianze della ricorrente.

Sullo stesso argomento si era espressa anche la II Sezione del T.A.R. Liguria con la senetnza n.580/2018 che ha considerato l’omessa dichiarazione di un decreto penale di condanna per guida in stato di ebrezza a carico di un precedente amministratore della società (cessato da meno di un anno) ragione giustificativa sufficiente per l’esclusione, trattandosi di falsa dichiarazione (qui l’articolo in cui ne parliamo).

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>> CONSULTA IL TESTO DELLA SENTENZA DEL TAR TOSCANA N.1041/2018

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