L’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione Sez. I, 20 settembre 2024, n. 25256 sulla forma e sulle proroghe dei contratti pubblici

A cura di Ornella Cutajar e Carla Ragionieri

4 Ottobre 2024
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“Il contratto con la pubblica amministrazione deve rivestire forma scritta ad substantiam e l’osservanza di tale forma richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del contraente privato e dell’organo della P.A. legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, nonché l’indicazione dell’oggetto della prestazione e dell’entità del compenso (Cass. 8574/2023, con la quale si è ritenuto, sebbene in un caso solo analogo al presente, che la mancanza di contratto scritto non è supplita nemmeno dell’autorizzazione al conferimento di un incarico da parte dell’organo collegiale dell’ente conferente, trattandosi di mero atto interno)” 

“La proroga dei contratti pubblici è generalmente vietata dall’art. 6, secondo comma, della legge n° 537/1993 (sul che si veda Cass. 29988/2018 in caso analogo al presente), essendo ammessa solo nei casi particolari delle cdd “proroghe tecniche”, oggi disciplinate dall’art. 120, comma undicesimo del dlgs n° 36/2023 e prima ancora dall’art. 106, comma undicesimo, del dlgs n° 50/2016. Nel periodo ancora anteriore, ossia nella vigenza del dlgs n° 163/2006, qui applicabile ratione temporis, non erano espressamente disciplinati i casi di proroga del contratto pubblico, vigendo, dunque, il generale divieto previsto dal citato art. 6, secondo comma, della legge n° 537/1993, legittimamente superabile solo nei casi previsti dall’art. 57 del dlgs n° 163/2006, ossia, per quello che qui interessa, nel caso previsto dal quinto comma, lettera c), i cui presupposti, però, qui manifestamente difettano”

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