Nel quadro del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016, secondo una recente pronuncia del TAR Genova è compatibile con la disciplina eurounitaria la disposizione ex art. 80, comma 5, del Codice che impone l’esclusione del concorrente per accertata carenza dei requisiti di uno dei subappaltatori indicati in gara, senza possibilità di rimediarvi tramite sostituzione del subappaltatore interessato. Tale sostituzione è infatti consentita dall’art. 105, comma 6, del Codice medesimo esclusivamente in fase di esecuzione del contratto, in conformità proprio a quanto previsto dalla direttiva n. 2014/24/UE, nella misura in cui l’art. 71, par. 6, lett. b), della stessa richiama espressamente, al riguardo, gli obblighi di cui all’art. 18, par. 2, il quale a sua volta fa esplicito riferimento alle misure adeguate da assumere “nell’esecuzione di appalti pubblici”.
La pronuncia in esame – che dirime una controversia relativa ad una procedura di gara bandita prima della riforma introdotta dal Decreto Sblocca Cantieri – si inscrive nel più ampio ed accesso dibattito che da tempo interessa diversi profili della disciplina del subappalto e che, anche alla luce della detta riforma del Codice, attende l’intervento della Corte di Giustizia UE.
La disciplina normativa del subappalto è da tempo al centro di un vivace dibattito che continua ad alimentare incertezze (negli operatori di settore) e ripensamenti (del legislatore), condizionandone sensibilmente l’applicazione pratica, e ha condotto a recenti e incisive modifiche delle norme di riferimento.
In tale contesto, la controversia qui in rilievo e sottoposta al vaglio del TAR Genova trae origine dall’esperimento di una procedura di affidamento indetta – prima della riforma introdotta con il DL 18 aprile 2019, n. 23 (cd. “Decreto Sblocca Cantieri”), poi convertito con modificazioni in legge 14 giugno 2019, n. 55 – ai sensi del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici, per la realizzazione di un sistema di bigliettazione elettronica afferente al trasporto pubblico regionale.
Nel caso di specie, il raggruppamento ricorrente, classificatosi primo in graduatoria in esito allo svolgimento della suddetta procedura, era stato poi escluso per la riscontrata carenza di un requisito ex art. 80, comma 5, del Codice (mancata dichiarazione di una condanna definitiva per reati tributari e previdenziali dei tre amministratori della società) in capo ad una delle imprese subappaltatrici indicate in gara nell’ambito della terna di cui all’art. 105, comma 6, del medesimo Codice. Sicché, a mezzo del suddetto giudizio incardinato presso il TAR Liguria, il ricorrente aveva contestato la propria estromissione, assumendo tra l’altro l’incompatibilità, col diritto europeo, delle previsioni di cui al citato art. 80, commi 1 e 5, del d.lgs. n. 50/2016, “(…) laddove lette nel senso di disconoscere all’operatore economico la possibilità di sostituire il subappaltatore carente dei requisiti, risulterebbero incompatibili con l’art. 71, par. 6, lett. b della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014” e precisando all’uopo che “Inoltre, l’interpretazione seguita dalla stazione appaltante si porrebbe in contrasto con altre disposizioni del codice dei contratti pubblici che espressamente consentono, anche in fase di gara, la sostituzione di operatori economici che risultino sprovvisti dei requisiti di ammissione (artt. 89 comma 3 in materia di avvalimento e art. 48 comma 19-ter in materia di perdita dei requisiti da parte della mandante di R.T.I.), viepiù trattandosi di subappalto meramente facoltativo”.
In proposito, il Giudice adito ha tuttavia respinto le censure del raggruppamento e ha perciò confermato la legittimità delle determinazioni della stazione appaltante, chiarendo che deve al contrario affermarsi la compatibilità dell’art. 80, comma 5, del Codice con le norme eurounitarie, nella parte in cui prescrive l’esclusione del concorrente per accertata carenza dei requisiti di uno dei subappaltatori indicati in gara, senza vi si possa porre rimedio attraverso la sostituzione del subappaltatore interessato. Tale sostituzione, ha specificato il TAR, è infatti consentita dall’art. 105, comma 6, del Codice medesimo unicamente in fase di esecuzione del contratto, in conformità proprio a quanto previsto dalla direttiva n. 2014/24/UE e in particolare dall’art. 71, par. 6, lett. b), della stessa, ove si richiamano espressamente, al riguardo, gli obblighi di cui all’art. 18, par. 2, il quale a sua volta fa esplicito riferimento alle misure adeguate da assumere “nell’esecuzione di appalti pubblici”.
Segnatamente, il TAR Genova ha così illustrato e motivato la propria statuizione sul punto:
“Il provvedimento di esclusione impugnato ha fatto applicazione dell’art. 80 comma 5 del D. Lgs. n. 50/2016, a mente del quale “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: […] f-bis) l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Si tratta di vedere se tale normativa nazionale sia conforme alla direttiva europea 2014/24/UE di cui costituisce recepimento e, segnatamente, all’art. 71 comma 6 lett. b) della direttiva n. 2014/24/UE, che è del seguente tenore: “Al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2, possono essere adottate misure adeguate quali le seguenti: […] b) le amministrazioni aggiudicatrici possono, conformemente agli articoli 59, 60 e 61, verificare o essere obbligate dagli Stati membri a verificare se sussistono motivi di esclusione dei subappaltatori a norma dell’articolo 57. In tali casi le amministrazioni aggiudicatrici impongono all’operatore economico di sostituire i subappaltatori in merito ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi obbligatori di esclusione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre o essere obbligate da uno Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca i subappaltatori in relazione ai quali la verifica ha dimostrato che sussistono motivi non obbligatori di esclusione”.
Giova rilevare, in proposito, come il TAR Lazio, sezione II, con ordinanza, 24 maggio 2018 n. 6010, abbia rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione “se gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l’esclusione dell’operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all’offerente la sostituzione del subappaltatore designato”.
Orbene, il collegio ritiene che non si configuri il contrasto con la superiore normativa europea, nei termini prospettati dalla società ricorrente.
Dirimente è il richiamo, contenuto in apertura dell’art. 71 comma 6 lett. b) (rubricato: subappalto) della direttiva n. 2014/24/UE, “al fine di evitare violazioni degli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 2” (a mente del quale: “Gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro elencate nell’allegato X”).
Il chiaro riferimento alla fase di “esecuzione” di appalti pubblici di cui all’articolo 18, paragrafo 2 della direttiva n. 2014/24/UE, unitamente al richiamo ai “subappaltatori” – piuttosto che ai “subappaltatori proposti”, come invece specificato nel precedente comma 2 dell’art. 71 – chiarisce che la disposizione, laddove impone la sostituzione del subappaltatore nei confronti del quale sussistano motivi obbligatori di esclusione, ha esclusivo riguardo alla successiva fase di esecuzione del contratto, come peraltro specificato dall’art. 105 comma 12 del d.lgs. 50/2016 (“L’affidatario deve provvedere a sostituire i subappaltatori relativamente ai quali apposita verifica abbia dimostrato la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80”).
Deve pertanto ritenersi che, nel caso di obbligatoria indicazione della terna di subappaltatori, le conseguenze del riscontro di un motivo di esclusione relativamente ad un subappaltatore siano differenti a seconda che tale situazione venga accertata in corso di gara (con esclusione dell’offerente), ovvero in un momento successivo alla stipulazione del contratto (con sostituzione del subappaltatore), e che tale doppio regime sia conforme alla direttiva n. 2014/24/UE.
Né appare violato il principio di proporzionalità – che, peraltro, ai sensi del considerando 101 della direttiva n. 2014/24/UE, concerne soltanto il carattere lieve o grave delle irregolarità accertate nell’applicare motivi di esclusione “facoltativi” – giacché la disciplina di maggior rigore (esclusione) meglio risponde, in termini di adeguatezza, ai principi di imparzialità e parità di trattamento che permeano la fase di selezione delle offerte, ma non quella di esecuzione dell’appalto, laddove non vengono in discussione interessi legittimi di terzi (art. 1372 cod. civ.), mentre l’interesse pubblico della stazione appaltante – che è ormai avvinta da un vincolo contrattuale – appare adeguatamente protetto con l’imposizione dell’obbligo di sostituzione del subappaltatore.
Nel caso di specie, al di là della riferita questione di diritto, in punto di fatto è pacifico e non contestato che tutti i tre amministratori della società (…), subappaltatore proposto dalla mandante (…) nell’ambito della terna ai sensi dell’art. 105 d.lgs. n. 50/2016, sono stati condannati definitivamente per reati tributari e previdenziali, e che le condanne non risultano dichiarate nel relativo D.G.U.E..
Donde il ricorrere della specifica causa di esclusione di cui agli artt. 80 comma 5 lettere c) ed f-bis) e 105 comma 12 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, contestata al R.T.I. ricorrente”.
Come noto, la questione appena richiamata si pone nel solco dell’acceso dibattito che ha da subito accompagnato l’introduzione, nel quadro del nuovo Codice del 2016, delle predette previsioni ex artt. 80, commi 1 e 5, e 105, comma 6, le quali dispongono l’indicazione della terna di subappaltatori già in gara da parte dei concorrenti che intendono far ricorso al subappalto, con correlato onere delle stazioni appaltanti di scrutinare in quella sede i requisiti in possesso dei suddetti subappaltatori indicati. Siffatte previsioni hanno infatti suscitato incertezze e criticità in sede di attuazione, con crescente disappunto degli operatori del settore, così da indurre il legislatore, di recente, ad un incisivo ripensamento in materia.
Difatti, con l’avvento della riforma del Codice operata dal succitato Decreto Sblocca Cantieri:
- dapprima, in sede di decretazione di urgenza, si era stabilito di rimuovere tali previsioni dal quadro normativo di riferimento, eliminando in radice, per l’appunto, l’obbligo di cui ai citati artt. 80, commi 1 e 5, e 105, comma 6, del Codice, di indicare in gara la predetta terna di subappaltatori così come la verifica dei relativi requisiti in tale sede (cfr. art. 1, comma 1, lett. n), nn. 1) e 5), e lett. v), n. 5), del DL 18 aprile 2019, n. 23);
- successivamente, in occasione della conversione in legge 14 giugno 2019, n. 55 del citato DL n. 23/2019, le previsioni di che trattasi sono state ripristinate, sospendendone tuttavia, al contempo, l’applicazione sino al 31 dicembre 2020 (v. art. 1, comma 18, della citata legge di conversione n. 55/2019).
Va detto inoltre che medio tempore, come peraltro ricordato dalla stessa pronuncia del TAR Liguria qui in commento, le medesime norme di legge sono state portate all’attenzione del Giudice europeo al fine di verificarne la conformità rispetto alla disciplina eurounitaria.
Nella specie, giova rammentare che il TAR Lazio, Roma, sez. II, con l’ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, ha rimesso alla Corte di Giustizia UE le seguenti questioni interpretative in tema di motivi di esclusione afferenti alla terna di subappaltatori indicati in gara (art. 80 c. 5 del d.lgs. n. 50/2016):
“I) se gli articoli 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE, ostino a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede l’esclusione dell’operatore economico offerente nel caso di accertamento, in fase di gara, di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore facente parte della terna indicata in sede di offerta, in luogo di imporre all’offerente la sostituzione del subappaltatore designato;
II) in subordine, laddove la Corte di Giustizia ritenga che l’opzione dell’esclusione dell’offerente rientri tra quelle consentite allo Stato membro, se il principio di proporzionalità, enunciato all’articolo 5 del Trattato UE, richiamato al “considerando” 101 della direttiva 2014/24/UE e indicato quale principio generale del diritto dell’Unione Europea dalla Corte di Giustizia, osti a una normativa nazionale, quale quella di cui all’articolo 80, comma 5, del decreto legislativo n. 50 del 2016, la quale prevede che, in caso di accertamento in fase di gara di un motivo di esclusione relativo a un subappaltatore designato, venga disposta l’esclusione dell’operatore economico offerente in ogni caso, anche laddove vi siano altri subappaltatori non esclusi e in possesso dei requisiti per eseguire le prestazioni da subappaltare oppure l’operatore economico offerente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni”.
A tutt’oggi si è ancora in attesa del responso della Corte; ciononostante, il TAR Genova si è comunque incaricato, nelle more, di tracciare una linea risolutiva della questione, accreditando la tesi della compatibilità delle citate previsioni rispetto al quadro normativo europeo, nei termini sopra ricordati.
Non resta dunque che attendere l’intervento della Corte di Giustizia UE – nonché l’eventuale giudizio del Consiglio di Stato in caso di appello – per poter poi valutare se “l’anticipazione” offerta dal TAR Genova abbia effettivamente colto nel segno, o debba invece essere rimessa in discussione da un pronuncia di segno differente e superiore.
Nel frattempo, per completezza, vale infine evidenziare che i profili inerenti alla indicazione della terna dei subappaltatori e al connesso scrutinio dei requisiti da questi posseduti in sede di gara non costituiscono invero l’unico tema critico che investe la disciplina del subappalto nella cornice normativa del Codice dei contratti pubblici. Di pari momento e sostanza, infatti, è quello che attiene ai limiti di subappalto (im)posti dall’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, in continuità con le precedenti legislazioni interne che hanno sempre circoscritto la quota subappaltabile delle prestazioni di un contratto pubblico ad una determinata (e contenuta) percentuale (cfr. art. 18 legge n. 55/1990, art. 34 della legge n. 109/1994, art. 118 del d.lgs. n. 163/2006).
Questo aspetto è stato oggetto di specifica contestazione della Commissione UE nei confronti dell’Italia, con la lettera di messa in mora del 24 gennaio 2019 (procedura di infrazione n. 2018/2273), alla luce del dato secondo cui le direttive UE non hanno invece mai posto limiti quantitativi in materia (v. art. 25 della direttiva 2004/18, art. 71 direttiva 2014/24), in linea con i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi all’interno dell’Unione Europea (cfr. artt. 49 e 56 TFUE).
Sul punto, peraltro, va segnalato che il Consiglio di Stato ha espresso un avviso di differente tenore, reputando al contrario che sia possibile porre limiti al subappalto, nei termini suddetti, senza violare il divieto di cd, “gold plating” (ovverosia il “divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive” di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante la legge delega per l’emanazione del citato Codice dei contratti pubblici):
- per motivi di ordine pubblico, tutela della trasparenza e del mercato del lavoro, nel rispetto della concorrenza, a salvaguardia di interessi e valori costituzionali nonché ai sensi dell’art. 36 del TFUE (parere della Commissione speciale n. 855/2016 in data 1 aprile 2016 sulla bozza del d.lgs. n. 50/2016);
- in quanto è d’uopo considerare che la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE si è formata sulla previgente direttiva 2004/18, mentre la nuova direttiva 2014/24/UE consente agli Stati membri di dettare una disciplina più stringente, contemplando oggi specifiche finalità (già presenti nella legislazione italiana) quali la maggiore trasparenza e la tutela giuslavoristica e delle MPMI, attesi anche i principi di sostenibilità sociale espressi dalle stesse direttive e i valori superiori di cui al citato art. 36 TFUE (ordine e sicurezza pubblici) che giustificano eventuali restrizioni della libera concorrenza e del mercato (parere della Commissione speciale n. 782/2017 in data 30 marzo 2017 sulla bozza del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 – decreto cd. “correttivo” del Codice).
Ad ogni modo, in questo contesto il Consiglio di Stato, sez. VI, con ordinanza 11 giugno 2018, n. 3553, ha anch’esso rimesso alla Corte di Giustizia UE, per l’appunto in merito ai limiti di subappalto (e alla riduzione di prezzo praticabile al subappaltatore), la seguente questione interpretativa: “se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), gli artt. 25 della Direttiva 2004/18 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 e 71 della Direttiva 2014//24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che non contemplano limitazioni per quanto concerne la quota subappaltatrice ed il ribasso da applicare ai subappaltatori, nonché il principio euro-unitario di proporzionalità, ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 118 commi 2 e 4 del d. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, secondo la quale il subappalto non può superare la quota del trenta per cento dell’importo complessivo del contratto e l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con un ribasso non superiore al venti per cento”.
Nelle more della pronuncia della Corte invocata altresì sotto tali profili, e sin qui non ancora intervenuta, il limite massimo di subappalto di cui all’art. 105, comma 2, del Codice – indicato nella misura massima del 30% delle prestazioni di contratto nel testo del 2016 – con la succitata riforma introdotta dal Decreto Sblocca Cantieri è stato poi elevato:
- inzialmente al 50%, nella misura specificamente indicata dalle stazioni appaltanti nel bando di gara, in sede di decretazione d’urgenza (v. 1, comma 1, lett. v), n. 1), del DL 18 aprile 2019, n. 23);
- infine al 40%, sempre nella misura specificamente indicata dalle stazioni appaltanti nel bando di gara, seppure stabilendo l’efficacia di tale disposizione novellata fino al 31 dicembre 2020, in sede di conversione in legge 14 giugno 2019, n. 55 del citato DL n. 23/2019, (v. art. 1, comma 18, della citata legge di conversione n. 55/2019).
Ciò posto, allo stato non può che prendersi atto della marcata fluidità che connota la disciplina del subappalto in ordine ad aspetti di evidente rilievo e impatto sulle dinamiche giuridiche ed economiche delle commesse pubbliche, auspicando che la recente riforma normativa e i prossimi interventi della giurisprudenza eurounitaria possano finalmente conferire maggiore chiarezza, sistematicità ed efficacia alle regole di che trattasi, agevolando così una applicazione piana e uniforme delle stesse.
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