Lex specialis di gara: sull’interpretazione secondo i criteri del codice civile in materia di contratti

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. v, 13 settembre 2024, n. 7570

Sandro Mento 24 Settembre 2024
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Gare pubbliche – lex specialis di gara – interpretazione – applicazione delle norme in materia di contratti – codice civile – criteri letterale e sistematico – art. 1362 c.c. – art. 1363 c.c.

Nelle gare pubbliche, nell’interpretazione della lex specialis di gara, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti e, dunque, anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ.
 
Nell’interpretazione della lex specialis di gara deve reputarsi preferibile, a tutela dell’affidamento dei destinatari e dei canoni di trasparenza e di “par condicio”, l’interpretazione letterale delle previsioni contenute nella legge di gara, evitando che in sede interpretativa si possano integrare le regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale.
 
Ai fini dell’interpretazione della lex specialis, devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto. Pertanto, se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole.

Indice

Il caso di specie

La controversia decisa dal Consiglio di Stato nasce dalle contestazioni mosse da un costituendo RTI di cooperative avverso la sentenza del TAR Sardegna che aveva respinto il ricorso da esse proposto per l’annullamento della determinazione dirigenziale di approvazione dei verbali della commissione di gara e di affidamento di un servizio scolastico per gli anni 2023/2024, 2024/2025, 2025/2026 (nel ricorso era stato richiesto, in via subordinata, anche l’annullamento di altri atti, quali: determina di indizione della gara, bando, disciplinare, chiarimenti forniti in corso di procedura).

Nel 2023, un comune della Sardegna indiceva una gara per l’aggiudicazione di un appalto di assistenza educativa specialistica. Alla gara partecipavano, oltre all’aggiudicataria ed altre due imprese, anche il predetto costituendo RTI (il quale poi – come accennato – contesterà le determinazioni della stazione appaltante dinanzi ai giudici).

L’RTI, in esito alla procedura, si collocava al quarto posto, ma ciò nonostante adiva il TAR ritenendo che la stazione appaltante avesse erroneamente applicato i criteri fissati dalla lex specialis per la determinazione del punteggio dell’offerta economica (errata determinazione della base d’asta da prendere in considerazione ai fini dell’attribuzione del punteggio dell’offerta economica, secondo la formula matematica indicata nel disciplinare) e che pertanto, qualora fosse stata correttamente interpretata ed applicata la legge di gara (rectius, la formula matematica contenuta nel disciplinare), sarebbe risultato aggiudicatario e non quarto in graduatoria.

In sede giudiziaria, quindi, l’operatore economico formulava in via principale le relative censure, rivolte contro l’interpretazione e l’applicazione delle norme indicate nel predetto disciplinare, impugnando nel contempo (però solo in via subordinata) la lex specialis (ove da interpretarsi nel senso sostenuto dalla P.A.), che tuttavia riteneva poter essere “emendata” (dinanzi al giudice) in chiave interpretativa, nel senso (da egli) prospettato nel ricorso e ritenuto conforme dalla normativa di riferimento (art. 23, comma 16 e 95, comma 10 d.lgs. n. 50/2016), senza necessità di annullamento dell’intera gara.

La decisione del Consiglio di Stato

Di seguito all’integrale rigetto del ricorso in primo grado, proposto l’appello, il Consiglio di Stato ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile l’impugnazione, e per l’effetto, ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

Per quanto concerne l’esito del giudizio, bisogna subito sottolineare come il Collegio, in sostanza, abbia riconosciuto l’incoerenza della formula matematica prevista nel disciplinare rispetto al criterio scelto dalla P.A. ai fini della valorizzazione dell’offerta economica (e non viceversa), in base alle norme dettate per lo svolgimento del confronto.

Di conseguenza, l’amministrazione, ha evidenziato il Collegio: “…al contrario di quanto ritenuto da parte appellante, giammai avrebbe potuto applicare tale formula avendo riguardo al prezzo offerto (correlato al ribasso sull’intera base d’asta), ma avrebbe dovuto semmai annullare l’intera gara, onde rendere coerente la formula matematica con il criterio prescelto per la valorizzazione dell’offerta economica”.

Quindi, la prospettazione del TAR (che viceversa, nel rigettare la censura dell’impresa ricorrente, aveva avallato l’interpretazione del disciplinare fornita dalla commissione di gara, tendente, in sostanza, a rimediare alle aporie riscontrate tramite l’applicazione della differente formula – rispetto a quella cristallizzata nella legge di gara – basata sui ribassi e non sui prezzi) non è stata condivisa dal Giudice.
Ciò in considerazione del rilievo per cui: “…per consolidata giurisprudenza, la lex specialis di una procedura pubblica costituisce un vincolo da cui l’amministrazione non può sottrarsi: in particolare, per effetto del rigoroso principio formale che la assiste, a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 29 settembre 2015, n. 4441; Id., sez. III, 20 aprile 2015, n. 1993; Id., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154), le prescrizioni ivi stabilite impegnano non solo i privati interessati, ma, ancora prima, la stessa amministrazione, che non conserva margini di discrezionalità nella loro concreta attuazione, né può disapplicarle, neppure quando alcune di queste regole risultino inopportune o incongrue o comunque superate, fatta salva naturalmente, in tale ultimo caso, la possibilità di procedere all’annullamento del bando nell’esercizio del potere di autotutela (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2020, n. 1604; Id., 13 settembre 2016, n. 3859; Id., 28 aprile 2014, n. 2201; Id., 30 settembre 2010, n. 7217; Id., 22 marzo 2010, n. 1652; Id., ad. plen., 25 aprile 2014, n. 9)”.
Purtuttavia, sul punto, il ricorso e l’appello sono stati dichiarati inammissibili, in ragione del fatto che l’appellante: “…non ha in alcun modo richiesto l’annullamento dell’intera procedura di gara, come evincibile dalla piana lettura del ricorso di prime cure e dalle conclusioni rassegnate relativamente al secondo e al terzo motivo”.

Pertanto, secondo il Collegio, alcun rilievo poteva avere il riferimento, operato da parte appellante nel secondo motivo di appello, alla considerazione che l’amministrazione aggiudicatrice, una volta resasi conto dell’impossibilità di applicazione della formula matematica indicata nel disciplinare di gara, avrebbe dovuto (semmai) annullare la gara: “…posto che l’annullamento dell’intera procedura di gara non è stato chiesto da parte appellante, né potrebbe essere richiesto in sede di appello, stante la violazione del divieto dei nova, ex art. 104, comma 1 c.p.a.”.
Secondo un orientamento ormai tradizionale, ha proseguito il giudice: “…il divieto di motivi nuovi in appello nell’ambito del processo amministrativo costituisce la logica conseguenza dell’onere di specificità di quelli di impugnazione (in primo grado) del provvedimento amministrativo, e più in generale dell’onere di specificazione della domanda da parte di chi agisce in giudizio ed è pertanto riferibile, come nella fattispecie de qua all’attore (il ricorrente) e non anche al convenuto (la parte resistente o il controinteressato) (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 11 luglio 2022, n. 5796).

La circostanza che parte appellante non avesse inteso in alcun modo tutelare, neanche in via subordinata, l’interesse strumentale alla reiterazione della procedura ad evidenza pubblica, è risultata vieppiù dimostrata: “…da quanto affermato dalla stessa nella memoria di discussione, nel punto in cui, prendendo posizione sulla motivazione dell’ordinanza cautelare, ha precisato di avere richiesto l’annullamento della lex specialis di gara solo in senso emendativo”.

Sui canoni interpretativi della lex specialis

Con riferimento, invece, al tema di questa nota, e cioè riguardo l’interpretazione della legge di gara secondo i principi civilistici, il Consiglio di Stato ha evidenziato che, secondo la costante giurisprudenza in materia (si citanoCons. Stato, sez. V, 31 ottobre 2022, n. 9386; Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2021, n. 2710), nelle gare pubbliche, nell’interpretazione della lex specialis, devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque innanzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c.

Ciò significa che, ai fini di tale interpretazione: “…devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 c.c., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto. Pertanto, se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole” (sul punto, si v. pure TAR Lazio, Roma, sez. V, 8 luglio 2024, n. 13816, che richiama anche l’art. 1367 c.c., norma che, in ossequio al principio di conservazione degli atti giuridici, nel dubbio, impone di seguire l’interpretazione che consente di mantenerne gli effetti, piuttosto che quella che ne determini la privazione: si v. Cons. Stato, sez. V, 27 dicembre 2019, n. 8820; il principio trova applicazione soprattutto in tema di favor partecipationis, secondo il quale, in caso di clausole di un bando o avviso ambigue o dubbie, occorre privilegiare l’esegesi che estende, per quanto possibile, la platea dei partecipanti alla gara, piuttosto che optare per una soluzione ermeneutica restrittiva della partecipazione, al fine di realizzare l’interesse dell’amministrazione alla selezione della migliore domanda presentata tra quelle concorrenti: si cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2017, n. 4640, richiamata in seguito da Cons. Stato, sez. V, 16 dicembre 2019, n. 8517).

Tornando alla sentenza, quindi, le preminenti esigenze di certezza, connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti, impongono, a detta del Consiglio di Stato, in primis, di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: “…ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale”.
Secondo la stessa logica, per il giudice, sono comunque preferibili, a garanzia dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale (si citano Cons. Stato, sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5367; Id., sez. V, 15 aprile 2004, n. 2162; Id., 12 settembre 2017, n. 4307).
Deve, pertanto, reputarsi preferibile, a tutela dell’affidamento dei destinatari e dei canoni di trasparenza e di “par condicio”: “…l’interpretazione letterale delle previsioni contenute nella legge di gara, evitando che in sede interpretativa si possano integrare le regole di gara, palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale (Cons. Stato, sez. V, 17 giugno 2014, n. 3093)”.

Nella sentenza vengono poi svolte alcune considerazioni sui c.d. “chiarimenti” e cioè sulle risposte fornite dalle stazioni appaltanti (su quesiti posti dagli operatori economici durante la procedura di affidamento) in merito a dubbi pertinenti la legge di gara.
Qui basta solo ricordare, con le parole del Collegio, che i chiarimenti possono avere solo una portata interpretativa e non innovativa.

La portata interpretativa deve rispettare: “…il limite del carattere necessariamente non integrativo né modificativo della disposizione di gara oggetto di interpretazione (limite che deriva dai principi di trasparenza, pubblicità e «par condicio» nelle gare di appalto di matrice comunitaria della regolarità delle procedure di affidamento)”, il quale impone che: “…il chiarimento non possa forzare e andare oltre il possibile ambito semantico della clausola secondo uno dei suoi possibili significati” (Cons. Stato, sez. III, 23 novembre 2022, n. 10301, così anche Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1793).

Nel caso in cui, invece, al chiarimento sia riconosciuta “portata novativa”, si dovrà in ogni caso dare prevalenza alle clausole della lex specialis (e quindi non al chiarimento) ed al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2021 n. 2260; così anche Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 2024 n. 802; si v. però Cons. Stato, sez. V, 1° settembre 2023 n. 8127, il quale richiama, invece, il concetto di ratio interna della disposizione). E ciò indipendentemente dall’impugnazione dei chiarimenti, atteso che, ha ricordato ancora il giudice con le parole della stessa sezione: “…i chiarimenti resi nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis” (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2022, n. 7793).

Sandro Mento

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