È legittima l’esclusione di un concorrente per gravi illeciti professionali accertati con sentenza non definitiva e non dichiarati in gara

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192

Giuseppe Fabrizio Maiellaro 11 Settembre 2017
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Ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del nuovo Codice dei contratti pubblici, deve essere esclusa dalla gara un’impresa che abbia omesso di dichiarare la sussistenza di un grave illecito professionale (frode nella esecuzione di un precedente contratto avente peraltro lo stesso oggetto) accertato con sentenza di primo grado non definitiva, rilevando nel caso all’uopo sia la il reato oggetto della condanna che l’omessa dichiarazione di tale vicenda in gara, senza che possano valere il carattere non definitivo della sentenza, il periodo in cui il fatto è stato commesso o la mancata instaurazione di un contradditorio con la stazione appaltante prima di tale eslcusione.

(Consiglio di Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192)

Con tale pronuncia il Consiglio di Stato è intervenuto in merito alla esclusione di un concorrente che aveva omesso di dichiarare in gara la sussistenza di una condanna per gravi illeciti professionali (frode nella esecuzione di contratti conclusi con diverse aziende sanitarie), correlata da obbligo di risarcimento danno e divieto di contrattazione con la PA, accertata con sentenza di primo grado non definitiva intervenuta un anno prima della procedura di gara e per un precedente contratto di pari oggetto.

Segnatamente, il Supremo Consesso ha chiarito in proposito che l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. (recante il nuovo Codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture), individua tra i motivi di esclusione dalle gare il caso in cui la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che il concorrente si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da mettere in dubbio la sua integrità e affidabilità. Ciò nella finalità di “(…) tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico, consentendo di attribuire rilevanza ad ogni tipologia di illecito che per la sua gravità, sia in grado di minare l’integrità morale e professionale di quest’ultimo. Il concetto di grave illecito professionale ricomprende, infatti, ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa. Tra i gravi illeciti espressamente contemplati dalla norma rientrano, infatti, “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.

Anche alla luce di quanto specificato dall’ANAC nelle Linee Guida n. 6 emesse sul punto – che valgono comunque quali elementi ermeneutici per la corretta interpretazione del citato art. 80, comma 5, lett. c), benché successive ai fatti in esame -, i Giudici di Palazzo Spada hanno dunque riconosciuto la rilevanza della condanna in questione, stabilendo che avrebbe dovuto essere dichiarata in gara dal concorrente, giacché nel caso di specie:

  • essa poneva in dubbio l’integrità e l’affidabilità morale dell’impresa;
  • “i provvedimenti non definitivi rilevano ai fini dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. 50/16, qualora contengano una condanna al risarcimento del danno e uno degli altri effetti tipizzati dall’art. 80 stesso”, costituendo in tal senso mezzo adeguato per far valere l’esclusione;
  • il periodo di esclusione dalle gare, sancito al riguardo nella misura massima di tre anni, deve essere calcolato dalla data di iscrizione della notizia al casellario informatico oppure dalla data del provvedimento, e non dalla data del fatto in sé;
  • la violazione degli obblighi di dichiarazione da parte del concorrente ha impedito all’amministrazione di svolgere le verifiche e valutazioni richieste dalla legge, in difformità dal noto principio secondo cui è precluso al concorrente di operare filtri nell’individuazione dei precedenti penali, valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell’ammissione alla gara, spettando tale potere solo all’amministrazione;
  • il contraddittorio da instaurare tra stazione appaltante e impresa per valutare nella fattispecie gli estremi della esclusione, quale previsto dal codice dei contratti pubblici e ribadito dalle suddette Linee Guida ANAC, “(…) riguarda i soli casi in cui il concorrente si è dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, ed ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare l’attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale”. Diversamente, si finirebbe difatti con l’incentivare condotte omissive e mendaci dei concorrenti tese a dichiarare quanto dovuto soltanto ove scoperti.

Sulla base di tali argomentazioni il Supremo Consesso ha quindi ritenuto legittima l’esclusione comminata dalla stazione appaltante, confermando così la sentenza di primo grado appellata.

Documenti collegati

Consiglio di Stato sez. III 5/9/2017
Contratti pubblici – Requisiti generali – Vincolo fiduciario che deve sussistere tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico- Fattispecie- Condotte criminose afferenti lo svolgimento del servizio di sterilizzazione oggetto di gara – Obbligo dichiarativo – Sussiste – Linee guida ANAC n. 6 – Periodo di esclusione dalle gare – Non può superare i tre anni a decorrere dalla data dell’annotazione della notizia nel Casellario informatico gestito dall’Autorità o, per i provvedimenti penali di condanna non definitivi, dalla data del provvedimento

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