I fatti di causa
Una Stazione Appaltante aveva proposto ricorso al T.A.R. Toscana per ottenere il risarcimento del danno subito a seguito della mancata stipula del contratto d’appalto in conseguenza della mancata consegna di tutta la documentazione amministrativa necessaria ai fini della auspicata stipula con la società aggiudicataria.
Prima il TAR poi il Consiglio di Stato avevano affermato che, con riguardo alle procedure a evidenza pubblica ex art. 133, comma 1, lett. E) n. 1 c.p.a., rientrasse nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia che attenesse ad atti che, pur collocandosi dopo l’aggiudicazione, riguardassero comunque anche la procedura di affidamento determinandone le sorti anche sotto l’aspetto prettamente risarcitorio.
Ciò avrebbe comportato che la disamina degli aspetti relativi alla violazione delle regole della buona fede e correttezza dovesse passare attraverso il vaglio del giudice amministrativo che conosce dei provvedimenti amministrativi successivi all’aggiudicazione, in quanto costituenti la naturale prosecuzione della fase pubblicistica della procedura e adottati anche in funzione di revisione o di riesame in autotutela ovvero di verifica della correttezza dell’aggiudicazione, includendo quindi anche le questioni risarcitorie a prescindere dalla classica ripartizione tra interessi legittimi e diritti soggettivi.
La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono state, quindi, compulsate dalla società ricorrente la quale, per vero, aveva ritenuto che la pronuncia impugnata, resa dal Consiglio di Stato, avesse violato l’art. 111, comma 8, della Costituzione sui limiti esterni della giurisdizione amministrativa, avendo esteso quest’ultima anche a comportamenti lesivi dell’affidamento intervenuti in fase intermedia tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, il cui vaglio avrebbe dovuto invece trovare sede elettiva nella cognizione del Giudice Ordinario.
La Suprema Corte ha dovuto ricostruire l’iter argomentativo del Consiglio di Stato il quale aveva distinto, in relazione all’art. 133, comma 1, lett. e) c.p.a., la costruzione cd. Bifasica tradizionale, per la quale le procedure di affidamento si collocano in una fase pubblicistica che si conclude con il provvedimento di aggiudicazione cui segue la stipula del contratto, rispetto a quella più ampia – ritenuta applicabile alla fattispecie – che include nell’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva tutte le fasi della procedura di gara, comprendendovi quella successiva all’aggiudicazione e le relative richieste risarcitorie.
Le Sezioni Unite hanno poi approfondito le questioni oggetto di disamina mediante la lettura strutturata delle norme del codice del processo amministrativo e del combinato disposto degli articoli 133 sopra citato e dell’art. 30 dello stesso c.p.a.. quest’ultima disposizione, al comma 2, dispone che può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria e nei casi di giurisdizione esclusiva con riferimento al risarcimento dei danni.
Così delineato il quadro, la Suprema Corte ha dunque affrontato i propri orientamenti susseguitisi nel tempo, distinguendo le pronunce che hanno affermato la giurisdizione del Giudice Amministrativo con riferimento alla cognizione dei comportamenti e degli atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella fase compresa tra aggiudicazione e stipula del contratto, da quelle nelle quali, con un’interpretazione restrittiva dell’art. 133 c.p.a., è stata esclusa dall’ambito di applicazione la disamina di comportamenti o atti intervenuti in una fase intermedia reputando che la cognizione del giudice amministrativo involga solo controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi.
Tale ultimo orientamento pareva prodromico al superamento della considerazione meramente “pubblicistica” del problema della ricostruzione del rapporto tra le giurisdizioni fondando le proprie radici sulla pronuncia della stessa Suprema Corte n. 24411/2018.
Con tale ultimo arresto giurisprudenziale si era statuito che l’ordinario criterio di riparto, imperniato sulla distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, dovesse essere tale da calarsi nel concreto e da individuare il petitum sostanziale dell’azione, sicchè allorquando – a prescindere dalla fase in cui la procedura versi – il privato e la pubblica amministrazione si trovino in una situazione sostanzialmente paritetica non potrà che essere il Giudice Ordinario l’unico titolato a conoscere della materia.
Ed è così che, nella fattispecie concreta che ci occupa, la Suprema Corte è giunta alla conclusione che la decadenza dell’aggiudicazione, motivata sull’inadempimento rispetto alle richieste di trasmissione di documentazione necessaria ai fini della stipula contrattuale, implicava un comportamento del privato suscettibile di ricadere nell’alveo dell’inadempienza in sede di anticipata esecuzione del contratto con conseguente affermazione della giurisdizione ordinaria.
È chiaro, infatti, che si verte nel contesto del risarcimento del danno derivante da comportamenti inquadrabili nella responsabilità precontrattuale della parte privata per mancata stipula del contratto, questione rispetto alla quale non rileva affatto l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione.
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