Le Linee Guida ANAC non vincolanti non sono parametro di legittimità per la scelta delle regole del bando

Commento al Consiglio di Stato, sez. V, del 13 novembre 2019, n. 7805

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Le Linee Guida ANAC n. 2 (relative all’offerta economicamente più vantaggiosa) non sono vincolanti, poiché traggono la propria fonte di legittimazione nella previsione generale di cui all’art. 213, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, e non risultano perciò idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.

Commento al Consiglio di Stato, sez. V, del 13 novembre 2019, n. 7805

La giurisprudenza è tornata a pronunciarsi sulla peculiare natura delle Linee Guida ANAC, e in particolare di quelle non vincolanti ex art. 213, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici, norma alla cui stregua “L’ANAC, attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche. (…)”.

In particolare, il Supremo Consesso è stato adito per dirimere una controversia inerente all’aggiudicazione di un servizio integrato per la gestione, manutenzione, controllo ed esecuzione delle attività manutentive di impianti tecnologici, da aggiudicarsi con l’offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, impugnata da un operatore economico sotto più profili, tra cui quello afferente a una pretesa illegittimità del metodo di attribuzione del punteggio, previsto dal bando in difformità alle Linee Guida ANAC n. 2 – recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, già approvate dal Consiglio dell’Autorità con Delibera n. 1005 del 21.09.2016 e conformate al decreto “correttivo” d.lgs n. 56/2017 con Delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018.

Come ricordato dal Consiglio di Stato nella pronuncia in esame, infatti, l’impresa appellante (che si era vista respingere il ricorso in primo grado) ha lamentato “(…) l’illegittimità del metodo di attribuzione del punteggio previsto dal bando e dal disciplinare di gara, attribuzione affidata al giudizio alla commissione di gara come organo collegiale e non ai singoli commissari e articolata su cinque coefficienti invece deagli undici coefficienti di cui alle linee guida ANAC n. 2 del 2016 e senza che i sub-criteri contemplassero apposito sub-punteggio; ciò senza contare l’illegittimità consistita nel fatto che la valutazione delle offerte di ogni concorrente fosse stata fatta in singola seduta riservata, mentre solo in una seduta finale (del 22 novembre 2017) sarebbero stati attribuiti i coefficienti di valutazione delle singole offerte (lette diversi giorni prima); (…)”.

Al riguardo, tuttavia, è stata accertata l’infondatezza di tale doglianza, ribadendo “(…) la non vincolatività delle linee-guida ANAC n. 2 del 2016 (ex multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018 n. 6026), le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del d.lgs. n. 50 del 2016, di talché le stesse non risultano idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.

Esse, lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, in quanto tale volto all’incremento “dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti”; nel caso di specie, poi, risultano ricognitive di principi di carattere generale, ivi compreso quello della lata discrezionalità che caratterizza le scelte dell’amministrazione in punto di individuazione dei criteri di valutazione delle offerte, tra cui anche quelli di attribuzione dei punteggi”.

Tale pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada si colloca nel solco di un consolidato orientamento – che ha già trovato spazio in questa rivista[1] – teso da tempo a indagare e perimetrare i margini e i limiti di applicazione delle suddette Linee Guida non vincolanti (con particolare attenzione a quelle n. 6 concernenti il tema assai sensibile dei mezzi di prova dell’illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), del Codice del d.lgs. n. 50/2016), anche alla luce della esegesi svolta dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato col parere n. 2296/2016 del 3 novembre 2016, secondo cui le Linee Guida in argomento sono da sussumersi nel “(…) novero di quelle a carattere non vincolante, che hanno una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti”.

L’orientamento richiamato, come noto, ha posto da subito in evidenza la delicata e incerta collocazione tra le fonti del diritto dell’innovativo sistema di regolamentazione attuativa del Codice del 2016, imperniato sulla cd. “Soft law”, ovverosia sulla emanazione di decreti e, soprattutto, delle citate Linee Guida dell’ANAC, rilevando i limiti di queste anzitutto in termini di forza vincolante.

Vale ricordare sul punto taluni significativi arresti, intervenuti anche di recente a chiarire che:

  • “(…) le dette Linee Guida [n. 6] non hanno natura vincolante, come sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere n. 2296/2016, reso il 3 novembre 2016 dall’Adunanza della Commissione speciale: “Avuto riguardo alla tipologia di linee guida previste dal citato art. 80, c. 13, è da ritenere che quelle ivi previste appartengano al novero di quelle a carattere non vincolante, che hanno una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti” (nello stesso senso, cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299)” e perciò non possono estendere la portata delle norme del Codice o fornire indicazioni in contrasto o in deroga rispetto a queste ultime (così TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22.1.2019, n. 14; v. anche TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29.1.2018, n. 250; TAR Lazio, Roma, sez. II ter, 17.6.2019 n. 7836);
  • “(…) le suddette Linee Guida [n. 6] in esame non sono state approvate con decreto ministeriale o interministeriale. Pertanto, come condivisibilmente affermato dal Consiglio di Stato nel parere 1.4.2016, n. 855 – ribadito con successivo parere 3.3.2017 sullo schema del decreto correttivo (d. lgs. n. 56/17) – esse non possiedono la forza normativa dei regolamenti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 17 comma 3 l. n. 400/88, con tutto ciò che ne deriva in termini di forza e valore dell’atto (tra l’altro: resistenza all’abrogazione da parte di fonti sottordinate e disapplicabilità entro i limiti fissati dalla giurisprudenza amministrativa in sede giurisdizionale). (…) Pertanto, non essendo le Linee Guida in esame assimilabili, nel caso di specie, alle fonti del diritto, non si vede come esse possano soddisfare il requisito del clare loqui predicato a livello eurounitario. (…) In sostanza, si pretende di ricavare la sanzione espulsiva non già dalla violazione di una precisa norma giuridica, ma da una prassi dettata da una autorità amministrativa (tale dovendosi intendere l’Anac), cui, nel caso di specie, non è attribuito alcun potere di normazione primaria o secondaria. Ed è appena il caso di precisare che, proprio perché trattasi di prassi, essa non soddisfa il requisito della certezza dei rapporti giuridici, ben potendo mutare nel corso del tempo” (v. TAR Puglia, Lecce, sez. II, 28 marzo 2019, n. 519);
  • le “(…) “linee guida non vincolanti” (le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del nuovo “Codice dei contratti”), lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, con funzione ricognitiva di princìpi di carattere generale e di ausilio interpretativo alle amministrazioni cui sono rivolte (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 ottobre 2018, n. 6026). Dunque, le “linee guida non vincolanti” non presentano una portata immediatamente lesiva, assolvendo allo scopo, al pari delle circolari interpretative, di supportare l’amministrazione e favorire comportamenti omogenei. (…) e non sono, quindi, immediatamente impugnabili” (TAR Lazio, Roma, sez. I, 18 giugno 2019, n. 7934; cfr. anche Consiglio di Stato, sez. V, 22.10.2018, n. 6026, TAR Lazio, Roma, sez. I, 15.7.2019 n. 9308).

In questa direzione si pone, peraltro, un indirizzo giurisprudenziale seppur meno recente che, sempre in ordine ai provvedimenti emanati dall’ANAC, ha fatto chiarezza sulla natura e sugli effetti dei comunicati emessi dal Presidente dell’ANAC, nell’ambito delle competenze e attribuzioni conferite all’Autorità ex artt. 211 e 213 del Codice predetto[2]. Segnatamente, siffatte pronunce hanno statuito che “Se, infatti, le linee guida si distinguono in vincolanti (vedi ad es. art. 31 comma 5, D.lgs. 50/2016) e non vincolanti e quest’ultime, invero molto più frequenti, sarebbero assimilabili – secondo una tesi – alla categoria di stampo internazionalistico della c.d. “soft law”(Consiglio di Stato parere n. 1767 del 2 agosto 2016) oppure – seconda altra opzione – alle circolari intersoggettive interpretative con rilevanza esterna, operando il Codice appalti un rinvio formale alle linee guida (es. art. 36 comma 7, D.lgs. 50/2016), la non vincolatività del Comunicato del Presidente dell’ANAC è incontestata (cfr. sul punto la sentenza TAR Lazio, Roma, n. 9195/2017 e la sentenza del TAR Umbria, 428/2017). Esso, infatti, come si legge nella sentenza del TAR Lazio 9195/2017, è riconducibile al “novero di quegli atti, atipici e non vincolanti, con i quali l’Autorità si limita ad esprimere, in funzione collaborativa e di supporto alle stazioni appaltanti, il proprio orientamento in ordine all’applicazione ed interpretazione della normativa di settore” (così TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 26 febbraio 2018, n. 218; in tal senso v. anche TAR Lazio, Roma, sez. II, 4 agosto 2017, n. 9195; TAR Umbria, ordinanza collegiale 31 maggio 2017, n. 428).

Tale orientamento quindi aveva già messo in discussione, nei termini appena ricordati, i provvedimenti del Presidente dell’ANAC, con riflessi non trascurabili sulla effettiva portata di taluni comunicati resi su rilevanti profili applicativi del Codice menzionato. Valga in proposito rammentare ad esempio:

  • il comunicato congiunto del Presidente dell’ANAC e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti in data 22 aprile 2016, emesso all’indomani della pubblicazione del Codice sulla G.U.R.I. (il 19 aprile 2016) per risolvere i problemi di diritto intertemporale nel frattempo verificatisi a causa della tarda ora (22.00) di pubblicazione del medesimo provvedimento;
  • il comunicato del Presidente dell’ANAC dell’11 maggio 2016, con cui sono stati forniti lumi circa i termini di applicazione – rectius “ultrattività” – delle disposizioni pertinenti al d.lgs. n. 163/2006 anche in vigenza del nuovo Codice di cui al citato d.lgs. n. 50/2016;
  • i comunicati del Presidente dell’ANAC che hanno rinviato l’operatività del nuovo sistema di nomina della commissione giudicatrice, prima al 15 aprile 2019 e poi al 15 luglio 2019 (v. comunicati del 9 gennaio 2019 e del 10 aprile 2019).

In ragione di quanto sopra, a tutt’oggi deve dunque registrarsi una costante e progressiva erosione dei margini di applicazione e vincolo dei succitati provvedimenti dell’ANAC, ad opera della giurisprudenza, che continua a destare rilevanti e persistenti incertezze, di rilievo tutt’altro che teorico e astratto, e per giunta in una fase assai delicata ed evolutiva delle norme di settore quale quella attuale.

Infatti, nonostante l’avvento del Regolamento unico ex art. 216, comma 27 octies, del Codice, come riformato a opera del cd. “Decreto Sblocca Cantieri” (DL 18 aprile 2019, n. 32, conv. con mod. dalla legge 14 giugno 2019, n. 55), che come noto è destinato a sostituire il sistema della cd. “Soft Law” sopra citato ai fini dell’attuazione del Codice medesimo, non può trascurarsi che in realtà il nuovo strumento regolamentare (di prossima emanazione) recherà la disciplina di dettaglio solo con riferimento ad alcuni istituti (in tema di progettazione, RUP, qualificazione nei lavori pubblici e contraenti generali, affidamenti sotto soglia, DL e DEC, esecuzione lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali, collaudo e verifica di conformità, affidamento servizi architettura e ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici, lavori riguardanti i beni culturali), mentre diverse e parimenti rilevanti previsioni di legge (in materia di qualificazione stazioni appaltanti, programmazione contratti pubblici, pubblicità dei bandi e degli avvisi, mezzi di prova illecito professionale, Banca dati degli operatori economici, rating di impresa, offerta economicamente più vantaggiosa, commissari di gara, clausole sociali, etc.) restano affidate alla disciplina attuativa o comunque alle indicazioni delle Linee Guida in questione, tra cui peraltro anche quelle oggetto della pronuncia in esame.

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[1] Cfr. Giuseppe Fabrizio Maiellaro, I soggetti dell’illecito professionale: uno, nessuno e centomila”, in data 5 marzo 2019.

[2] Cfr. su questa rivista Giuseppe Fabrizio Maiellaro, Albo dei commissari di gara: ritorno al futuro, in data 14 gennaio 2019.

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