Tra le prime questioni aperte dal 1° luglio scorso (data di efficacia, come noto, di gran parte delle disposizioni del nuovo Codice appalti), si pone quella del controverso ambito applicativo delle c.d. “clausole pari opportunità e inclusione sociale”.
La questione non è di poco momento e vede un contrasto interpretativo tra relazione illustrativa, bando-tipo ANAC e MIMS, destinato a creare non poche incertezze nella redazione dei bandi di lavori e servizi diversi da quelli intellettuali.
Come noto, l’art. 61 del Dlgs. 36/2023 prevede al comma 2, nell’ambito della disciplina sui “Contratti riservati”, che “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari o come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate”. Il successivo comma 4 prevede poi che “In sede di prima applicazione del codice, l’Allegato II.3 prevede meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili”.
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