di Andrea Mascolini
Per essere qualificati come centrale di committenza occorre essere iscritti sia all’anagrafe unica delle stazioni appaltanti, sia all’elenco dei soggetti aggregatori dell’Anac; è vietato chiedere ai concorrenti o all’aggiudicatario rimborsi per costi di gestione delle gare.
Lo ha affermato il Consiglio di stato con la pronuncia della quinta sezione del 3 novembre 2020, n. 6787 su una vicenda, oggetto di un contenzioso che dura da quale tempo, sulla qualifica di centrale di committenza in capo ad Asmel per una gara per la stipula di convenzioni quadro per l’acquisizione di forniture a favore di pubbliche amministrazioni.
Nel ricorso presentato a Anac si eccepiva anche l’illegittimità del bando di gara nella parte in cui imponeva ai concorrenti, per poter partecipare alla procedura, il pagamento del costo del servizio svolto da Asmel Consortile quale centrale di committenza per conto degli enti locali.
In merito al primo aspetto, il collegio giudicante ha abbracciato in toto la tesi dell’Anac, ribaltando il giudizio di primo grado: «Come ben rilevato dall’Anac, per poter acquisire la qualifi ca di centrale di committenza o di soggetto aggregatore, occorre che il soggetto sia non solo iscritto all’anagrafe unica delle stazioni appaltanti ( art. 33-Ter istituita dall’art. 33-ter del decreto-legge 179/2012), ma anche all’elenco dei soggetti aggregatori (art. 213, comma 16, del codice appalti). Infatti, le qualifi cazioni come stazione appaltante o come centrale di committenza sono diverse, si legge nella sentenza, e ciò si ricava anzitutto dalla lettera dell’art. 9 del decreto-legge n. 66 del 2014, che separa l’elenco dei soggetti aggregatori dall’anagrafe unica delle stazioni appaltanti (il comma 1 dell’art. 9 istituisce l’elenco «nell’ambito dell’anagrafe unica»).
Pertanto, né la Asmel Consortile s.c. a r.l. (che ha indetto la procedura di gara spendendo la qualifi ca di centrale di committenza), né Asmel associazione (indicata nel bando come stazione appaltante), possono essere qualificate come centrali di committenza o soggetti aggregatori, non risultando iscritte all’anzidetto elenco ed essendo insuffi ciente, a tali fi ni, la loro iscrizione all’anagrafe unica delle stazioni appaltanti. Rispetto al secondo punto (obbligo di versare ad Asmel associazione un corrispettivo di 80mila euro nell’ipotesi di aggiudicazione della gara), troverebbe copertura legislativa nell’art. 16-bis del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, secondo cui, nei contratti con la pubblica amministrazione, sono poste a carico del contraente privato le spese contrattuali, il Consiglio di stato si è espresso negativamente. In particolare, i giudici hanno precisato che la previsione è in violazione dell’art. 41, comma 2-bis, del Codice dei contratti pubblici che fa divieto di porre a carico dei concorrenti, nonché dell’aggiudicatario, eventuali costi connessi alla gestione delle piattaforme di cui all’articolo 58», precludendo alle stazioni appaltanti di riversare i costi derivanti dall’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione, non solo nei confronti dei concorrenti ma anche dell’eventuale aggiudicatario. Infi ne, ha rilevato il collegio che l’art. 16-bis del r.d. n. 2440 del 1923 ha un oggetto diverso e specifi camente non riferito ai costi di gestione delle piattaforme telematiche.
Rassegna stampa in collaborazione con Mimesi s.r.l.
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