Consiglio di Stato, Sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10936
Con la pronuncia in esame, la Sez. III del Consiglio di Stato chiarisce le caratteristiche del giudizio di affidabilità professionale che l’Amministrazione è chiamata a compiere (ex art. 80, co. 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016) e l’eccezione al generale dovere di motivazione che sussiste, in linea generale, solo per i provvedimenti di ammissione alla procedura di gara e non anche per quelli di esclusione.
Come noto, il summenzionato disposto normativo affida alla valutazione discrezionale della stazione appaltante il giudizio sull’affidabilità professionale dell’operatore economico atteso che la p.a. ben può utilizzare ogni tipo di elemento idoneo e “mezzi adeguati” a desumere l’affidabilità o meno del concorrente.
Il g.a., richiamando consolidato orientamento giurisprudenziale, chiarisce che il giudizio effettuato dall’amministrazione non avviene in chiave sanzionatoria, ma fiduciaria in quanto ai fini dell’esclusione di un concorrente dalla procedura di gara non è necessario un accertamento della responsabilità del contraente quanto piuttosto una motivata e approfondita analisi in ordine alla grave negligenza o malafede che rilevi sulla moralità e sull’affidabilità dell’impresa (Cons. Stato, Sez. V, 17.09.2018, n. 5424).
Ne discende che l’amministrazione è chiamata ad effettuare un apprezzamento autonomo dei fatti che resti distinto da valutazioni compiute da organi giurisdizionali basati su diverse finalità istituzionali e parametri normativi (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8.01.2021, n. 307).
Ciò premesso, i Giudici di Palazzo Spada hanno delineato l’ampiezza della motivazione che deve connotare i provvedimenti adottati in materia di requisiti soggettivi (i.e. “gravi illeciti professionali”) afferenti l’affidabilità professionale dei singoli operatori.
Sul punto, il g.a. evidenzia che la stazione appaltante non è tenuta ad esplicitare in maniera analitica le ragioni alla base di un provvedimento di ammissione alla gara, ma solo quelle legate alle esclusioni (ex multis Cons. Stato, Sez. V, 5.05.2020, n. 2850; Id, Sez. VI, 18.07.2016, n. 3198; Id., 21 maggio 2014, n. 2622).
Tuttavia, condizione necessaria affinché trovi applicazione quanto sopra illustrato (che giova ribadire costituisce un’eccezione al generale obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi ai sensi del cit. art. 3 della L. n. 241/1990) è che il concorrente abbia dichiarato tutte le vicende potenzialmente rilevanti ai fini della clausola espulsiva di cui all’art. 80, co. 5 lett. c) e c-bis) del Codice.
La ragione di siffatta differenziazione risiede nella esigenza di evitare una “mera tautologia motivazionale” che si verificherebbe in tutte quelle ipotesi in cui la causa espulsiva sia stata ritenuta “in modo diretto, palese, ed immediato non sussistente perché in alcun modo incidente sulla regolare partecipazione alla gara”.
Al contrario, i provvedimenti di esclusione in quanto potenzialmente forieri di effetti restrittivi e anticoncorrenziali necessitano di approfondita e congrua motivazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19.02.2021, n. 1500).
Fermo quanto sopra, è bene evidenziare come tale regola generale possa “soffrire” delle eccezioni atteso che sebbene costante giurisprudenza si sia preoccupata di imporre oneri motivazionali solo con riguardo ai provvedimenti di esclusione, per le ragioni anzidette, non ha escluso affatto che analoghi oneri possano (e debbano) sussistere anche nelle ipotesi opposte.
Secondo il Consiglio di Stato l’eccezione si ha nel caso in cui la pregressa vicenda professionale dichiarata dal concorrente possieda “una pregnanza tale che la stazione appaltante non possa esimersi da rendere esplicite le ragioni per le quali abbia comunque apprezzato l’impresa come affidabile”.
Si pensi a mero titolo esemplificativo alla condotta di un operatore economico che si renda responsabile di un’intesa anticoncorrenziale continua e complessa avente ad oggetto il condizionamento del mercato del settore; vale a dire “quanto di più grave [n.d.r. “pregnante”] un operatore che intenda partecipare lealmente ad una procedura di gara possa commettere” (Cons. Stato, Sez. III, 21.10.2022, n. 9002).
Solo in tali circostanze le Amministrazioni sono tenute ad esplicare idonea attività istruttoria e motivazionale al fine di tutelare le legittime aspirazioni degli altri concorrenti alla retta e trasparente conduzione della procedura.
In siffatte ipotesi, la motivazione è costituita da due elementi: l’illecito professionale e l’idoneità delle misure adottate volte a dimostrare che l’illecito non si traduca per il futuro in una valutazione di inaffidabilità dell’impresa (Cons. Stato n. 9002/2022 cit.).
La ratio di tale deroga risiede nella volontà di evitare che in siffatte ipotesi il sindacato dell’organo giurisdizionale si vada a sostituire a quello della stazione appaltante in quanto il giudice finirebbe per esplicitare per la prima volta in sentenza i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base dell’ammissione o dell’esclusione dell’impresa dalla procedura.
In conclusione, dalla pronuncia in esame emerge come il principio di un attenuato onere motivazionale per le ammissioni degli operatori alla procedura di gara (che può essere anche implicita ovvero risultare per facta concludentia) non possa essere assolutizzato, ma al contrario debba essere calato nel singolo caso concreto.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento