La sorte del contratto in caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione

Commento a Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, 13 aprile 2023, n. 2254

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Commento a Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, 13 aprile 2023, n. 2254

Il Collegio affronta il tema della sorte del contratto in caso di annullamento giudiziale dell’aggiudicazione, qualora il giudice non si sia pronunciato sulla domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto in quanto non era a conoscenza dell’avvenuta stipulazione del contratto di appalto nel tempo di durata del giudizio.

I fatti di causa

La società ricorrente impugnava la deliberazione della Stazione Appaltante con cui veniva dichiarata l’inefficacia del contratto con essa stipulato esponendo che il contenzioso traeva origine dalla gara bandita per fornitura di materiale ospedaliero resa oggetto di aggiudicazione con successive deliberazioni impugnate dinanzi allo stesso Tribunale e da quest’ultimo caducate.

Con successivo atto la Stazione Appaltante comunicava l’avvio del procedimento per la risoluzione del contratto, come anticipato nel frattempo stipulato ed eseguito, trasmettendo, a distanza di circa tre mesi all’avvio del procedimento, la deliberazione per la dichiarazione di inefficacia del contratto d’appalto, sul presupposto della “nullità negoziale conseguente alla caducazione in sede giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione”.

La decisione del TAR Campania.

Dopo avere affermato la propria giurisdizione, il TAR Campania si è soffermato sugli orientamenti giurisprudenziali formatisi sul tema della caducazione automatica del contratto affermando che: i) secondo un primo orientamento, dovrebbero ritenersi automaticamente caducati gli atti, amministrativi e negoziali, posti in essere dall’amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado; ii) l’orientamento maggioritario della giurisprudenza ha ritenuto che la caducazione automatica del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale della aggiudicazione sia venuta meno, conseguentemente all’entrata in vigore degli artt. 121 e 122 c.p.a., occorrendo comunque una pronuncia del giudice di inefficacia. Di talché, la parte che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione (ovvero degli atti della procedura di gara) dovrebbe poi proporre domanda al giudice ordinario per ottenere la declaratoria di sopravvenuta inefficacia del contratto (così Cons. Stato, sez. III, 27 dicembre 2017, n. 6115; V, 16 dicembre 2016, n. 5322); iii) secondo un ulteriore orientamento, assunto in esame dal Collegio, si esclude poi che all’annullamento dell’aggiudicazione, in mancanza di espressa decisione del giudice, possa conseguire la caducazione automatica del contratto (così, sia pure in obiter Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2018, n. 6131), che, dunque, rimarrebbe in vita, fatte salve le determinazioni assunte dall’amministrazione in conseguenza dell’annullamento degli atti di gara; iv) da ultimo, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto possibile disporre, in sede di ottemperanza, la caducazione del contratto d’appalto su ricorso proposto dalla parte vincitrice contenente domanda di subentro in ragione dell’inerzia tenuta dall’amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 gennaio 2015, n. 407; III, 19 dicembre 2011, n. 6638; Cons. giust. amm. Reg. Siciliana, sez. giuris. 25 febbraio 2013, n. 276).

Il Consiglio di Stato, V sezione, nella sentenza n. 5500/2019, nel recepire tale ultimo orientamento, ha affermato che: “L’attuale disciplina normativa richiede, dunque, al giudice che abbia annullato l’aggiudicazione, in presenza di espressa domanda di parte, di valutare la sorte del contratto d’appalto che sia stato stipulato.

Ne segue una prima conclusione: in mancanza di espressa pronuncia del giudice, che sia il frutto di una ponderata valutazione dell’interesse pubblico, all’annullamento dell’aggiudicazione non segue la caducazione, tanto meno automatica, del contratto”, orientamento quest’ultimo rispetto al quale il Collegio, con la sentenza oggetto di attuale disamina, ha ritenuto necessario aderire, posto che gli artt. 121 e 122 c.p.a. attribuiscono unicamente al giudice il potere di dichiarare l’inefficacia del contratto e, anche nei casi caratterizzati dalle violazioni più gravi, è sempre rimesso al giudice il potere di effettuare un bilanciamento tra i vari interessi coinvolti: tanto, ai sensi del comma 2, dell’art. 121 c.p.a., in virtù del quale “(i)l contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti ”. Inoltre, lo stesso comma 1 dell’art. 121 c.p.a. attribuisce al giudice il potere di precisare “in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva”.

Per quanto riguarda i casi meno gravi di cui all’art. 122 c.p.a., inoltre, il codice prevede che la scelta di declaratoria di inefficacia del contratto e della sua decorrenza debba avvenire alla stregua di valutazioni discrezionali che tengano conto “degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto”.

Ad avviso del Collegio, tali considerazioni escludono in radice che possa configurarsi come effetto dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione una caducazione automatica del contratto, perché una tale conseguenza precluderebbe al giudice le valutazioni e i poteri che la norma espressamente gli attribuisce circa il permanere dell’efficacia del contratto in taluni casi.

In tale quadro normativo, la giurisprudenza tuttavia sostiene che l’amministrazione, nel caso in cui sia stata giudizialmente annullata l’aggiudicazione e il giudice non si sia pronunciato sulla efficacia del contratto, non può rimanere inerte ma è tenuta a valutare se, alla luce delle ragioni che hanno determinato l’annullamento dell’aggiudicazione, permangano o meno le condizioni per la continuazione del rapporto contrattuale in essere con l’operatore economico (illegittimo) aggiudicatario, ovvero se non risponda maggiormente all’interesse pubblico, risolvere il contratto e indire una nuova procedura di gara in applicazione del potere riconosciuto dall’art. 108, comma 1, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (sul punto il Collegio ha richiamato la giurisprudenza del Consiglio di Stato, sez. IV 5 maggio 2016, n. 1798; Consiglio di Stato sez. V, 22/11/2019, n.7976; Cons. Stato Sez. V, Sent., 29.04.2020, n. 2731 e Sent. 14.07.2022, n. 6014).

L’art. 108 del d.lgs. 50/2016, infatti, al comma 1, fa infatti riferimento ad ipotesi di risoluzione del contratto dovute a vizi della fase dell’evidenza pubblica o alla necessità di una rinnovazione della gara tanto da essere ricondotto dalla giurisprudenza nell’ambito dell’esercizio dell’autotutela decisoria trattandosi di decisione assunta sulla base del migliore perseguimento dell’interesse pubblico, e di conseguenza nella giurisdizione amministrativa, ancorché la “risoluzione” intervenga in corso di esecuzione del contratto.

In tale contesto, pur non potendosi discutere di automatica caducazione del contratto, l’amministrazione può esercitare i poteri attribuiti dal codice dei contratti in materia (riconducibili nell’ambito generale dell’autotutela di annullamento dell’aggiudicazione dopo la stipula del contratto) ed incidere così sulla perdurante efficacia del contratto, determinandone eventualmente la “risoluzione”, con effetto ex nunc.

In questo quadro, deve riconoscersi un potere dell’amministrazione, vuoi fondato sui generali principi dell’autotutela amministrativa, vuoi sulla espressa previsione dell’art. 108 del codice dei contratti, di incidere unilateralmente sulla efficacia del contratto per ragioni riconducibili ai vizi della fase della evidenza pubblica.

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