La rivoluzione del BIM: definizione e quadro introduttivo

L’acronimo BIM  sta per Building Information Modeling traducibile in italiano con: “modellazione informativa per beni immobiliari”. Nasce una ventina di anni fa circa, teorizzato per la prima volta da Phil Bernstein e reso poi popolare e standardizzato da Jerry Laiserin

23 Aprile 2018
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L’acronimo BIM  sta per Building Information Modeling traducibile in italiano con: “modellazione informativa per beni immobiliari”.
Nasce una ventina di anni fa circa, teorizzato per la prima volta da Phil Bernstein e reso poi popolare e standardizzato da Jerry Laiserin

a cura di
Mario Caputi – Fondatore e amministratore unico di in2it e Luca Ferrari – Direttore Generale di Harpaceas.

Nel corso di questi anni molte sono state le definizioni di BIM. Tra queste ne citiamo due, tra le più significative:

  • Il BIM non cambia la progettazione e la visualizzazione degli edifici, piuttosto modifica tutti i processi dedicati a realizzare le opere.
  • Con BIM non si intende solo un cambiamento tecnologico, ma anche un cambiamento metodologico

In pratica, il BIM non è un software o una tecnologia specifica quanto piuttosto una metodologia che, utilizzando svariate piattaforme tecnologiche adeguate alle esigenze degli operatori, ridisegna i processi operativi rendendo più efficiente la progettazione, la creazione e  la gestione  di un bene  immobiliare: edificio e/o opera civile.

La situazione attuale

Oggigiorno è sempre più difficile essere efficaci ed aggiornati nel controllo dei costi di progettazione e costruzione, le informazioni in tempo reale sono rare, i cambiamenti in corso d’opera abbondano, i progetti e i disegni sono inaccurati, la qualità costruttiva, spesso bassa, genera dispute e/o duplicazioni di dati ed informazioni rilevanti.

Uno studio di McKinsey[1] del 2015 pone la filiera integrata  delle costruzioni (progettisti, contraenti generali e i loro fornitori,  gestori/manutentori[2]) al penultimo posto per tasso di digitalizzazione (figura 1), sottolineandone anche i bassissimi tassi di produttività del lavoro. Lo stesso fa l’edizione 2018 del rapporto Istat[3].
fig 01

Figura 1: indice di digitalizzazione (fonte McKinsey Institute)

Questa analisi fotografa esattamente la realtà che conosciamo. L’informazione nella filiera delle costruzioni viene oggi ancora trasferita da chi l’ha generata a chi dovrebbe utilizzarla quasi sempre in formato non-digitale per i motivi più svariati: comodità, dimenticanza contrattuale della committenza, barriere elettroniche, mancanza di interfacce con i sistemi ICT delle controparti, ignoranza, etc.

Gli strumenti di lavoro, i sistemi informativi e i software più usati (cad, excel e .pdf su tutti) hanno inoltre pesanti limitazioni nella capacità di gestire grafici e applicazioni data-centriche, sono poco rispondenti alle esigenze di pianificazione e decisione a medio-lungo termine di Committenti e Proprietari e difficilmente riescono a monitorare le performance degli edifici e delle opere civili.

La rivoluzione digitale

Uno studio di Gartner[4] (2013) prevede che ogni azienda sarà forzata a diventare sempre più “tecnologica” a causa degli impatti che nuove soluzioni informatiche e i relativi adeguamenti organizzativi imporranno per restare competitivi.

La rivoluzione digitale impatterà sull’ efficienza progettuale, costruttiva e manutentiva con ricadute importanti lungo tutta la vita utile di un bene immobiliare.

Per prepararsi a questa rivoluzione, gli operatori devono imparare a lavorare in modo integrato, dotarsi di strumenti di gestione di dati ed informazioni univoche accessibili a tutti e in remoto, di strumenti di pianificazione e contabilità aggiornati in real-time, insomma: di tutte quelle soluzioni che già “imperano” nei settori industriali  più digitalizzati e che sono racchiusi nell’emblematico acronimo BIM.

Questo comporterà anche il necessario adeguamento normativo: bandi di gara, strumenti contrattuali, capitolati tecnici, specifiche funzionali, prezziari dovranno evolvere ed essere aggiornati ai cambiamenti imposti dalla rivoluzione digitale.

La spinta a cambiare

La spinta a cambiare è arrivata dal Parlamento Europeo, che con la European Union Public Procurement Directive (EUPPD) del 15/01/2014 ha raccomandato l’utilizzo di strumenti elettronici supportati da tecnologia BIM, riconoscendone i possibili vantaggi.

Ne riportiamo di seguito un breve stralcio, che tratta di innovazione: “La ricerca e l’innovazione, comprese l’eco-innovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura e sono state poste al centro della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le Autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale. Ciò contribuisce a ottenere un rapporto più vantaggioso qualità/prezzo nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi, promuovendo in tal modo una crescita economica sostenibile”.

A seguire, vari livelli normativi istituzionali internazionali (ISO), europei (CEN) così come italiani ((UNI)- hanno redatto norme sull’adozione di tecnologie e piattaforme digitali a supporto dell’ingegneria civile, industriale ed infrastrutturale.

Si è avuta una vera e propria accelerazione normativa nel nostro Paese che introducono gradualmente un obbligo di utilizzo e definiscono criteri alla sua adozione in seno alle stazioni appaltanti pubbliche:

2016: Recepimento della direttiva nel Codice Appalti, (art. 23 – comma 13) ed introduzione del BIM come possibilità operativa per la partecipazione alle gare
2017: Decreto Ministeriale 560/17 (“Decreto Baratono”)[5]
2018: Versione italiana del Manuale per l’introduzione del BIM nella domanda pubblica[6]

Contestualmente, alcune aziende innovative ed anche stazioni appaltanti, prime in Italia nell’implementazione sia pur parziale di strumenti e piattaforme digitali basate sul BIM, hanno dato vita a progetti pilota di varia natura. Elenchiamo qui quelli più significativi per l’impatto che hanno avuto/avranno sulla filiera delle costruzioni:

2013: Consorzio PDM – sperimentazione per il casello di Martellago (Passante di Mestre)
2017: Provveditorato OO.PP. Lombardia ed Emilia Romagna – bando di gara per il ponte Navetta di Parma
2017: UnipolSAI – lancio di bandi di gara “BIM” orientati alla gestione e manutenzione di due nuovi immobili su Milano (tra cui la loro Direzione Generale)
2018: Italferr – processo di digitalizzazione “BIM-based” dei processi operativi e  lancio del primo sistema di qualificazione BIM per i fornitori

Le tecnologie a disposizione

La scelta delle tecnologie utili ad implementare la metodologia BIM dipende dalla collocazione di ciascuno nella filiera integrata, in funzione dei processi in cui opera: progettazione, costruzione e gestione (figura 2).

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Figura 2: le tecnologie per implementare la metodologia BIM (fonte in2it)

La scelta dipende essenzialmente da tre ordini di fattori:

Strategica: quale livello di digitalizzazione (mi) serve realmente? Occorre attrezzarsi “in-house” o ricorrere a fornitori specializzati?
Operativa: con quali flussi di attività e processi voglio lavorare in ambiente digitale? quali risorse servono? Come allineare il personale interno e i fornitori?
Formativa: Con quali programmi allineo le competenze manageriali e tecniche? Come garantire l’apprendimento continuo?

In ogni caso si avrà un affrancamento dalle tecniche di lavoro più tradizionali ormai consolidatesi nel tempo concentrate sull’utilizzo esclusivo:

  • del documento cartaceo come mezzo di scambio delle informazioni;
  • delle descrizioni progettuali basate su rappresentazioni bidimensionali della realtà;
  • dello strumento “posta elettronica” (se non addirittura della sola versione certificata) quale unico mezzo di scambio delle informazioni tra le parti coinvolte nel progetto e nella costruzione;
  • delle tabelline excel quale mezzo di stima economico e di reportistica (peraltro fonte di duplicazioni ed inflessibilità operativa).

In sostituzione di tutto ciò il BIM  chiama le controparti a modificare le proprie abitudini procedurali e a costruirsi competenze professionali indirizzati invece a:

  1. effettuare modellazioni 3D avanzate, ricche di informazioni non grafiche e utilizzabili per le decisioni progettuali (riducendo la necessità di produrre quantità notevoli di elaborati grafici 2D);
  2. utilizzare strumenti e tecniche di gestione di gran mole di dati (business intelligence) per lavorare su dati univoci e di facile aggiornamento;
  3. utilizzare applicazioni basate su dati e server dematerializzati negli ambienti cloud in rete, decisamente più performanti in termini di prestazioni, costi, benefici, qualità, controllo.
  4. Interfacciarsi con sensori per esigenze di adeguamento e controllo traffico, interventi di efficientamento energetico e manutentivo (Internet delle Cose)

Quanto esposto non avviene in automatico ed anzi in ogni cambiamento epocale ci sono resistenze,  ritrosie o difficoltà da superare. In questo quadro, come può prospettarsi il futuro per una stazione appaltante?

I vantaggi del BIM

La digitalizzazione di dati ed informazioni resa possibile dal BIM ha impatti notevoli su tutta la vita dell’opera e fornisce a tutte le controparti della filiera, a partire da finanziatori e committenti, la base metodologica e informativa che oggi rendere più efficienti molte delle decisioni chiave legate alla costruzione e gestione dei beni e delle opere immobiliari.

Una serie di vantaggi per tutte le controparti della filiera è raffigurata in figura 3.
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Figura 3: I vantaggi del BIM per la filiera

Questi vantaggi vengono amplificati dalla natura interoperabile  della modellazone e possono essere raggruppati in quattro macro-categorie:

Controllo e contenimento dei costi / maggior ritorno sugli investimenti (ROI)

Il BIM garantisce aumenti di produttività (diminuzione del numero di ore / uomo nella gestione del flusso informativo) e redditività (diminuzione dei conflitti per errori di progetto, per mancato coordinamento e per ottimizzazione nella gestione dei contratti).

Riduzione delle tempistiche necessarie per l’esecuzione dell’opera

Il BIM garantisce una drastica riduzione dei tempi a tutti gli utilizzatori. Questo perché migliora lo scambio delle informazioni tra le parti, riduce i tempi di creazione, controllo e approvazione delle verifiche e degli stati di avanzamento dei lavori, minimizza gli errori progettuali (design quality), anticipa la risoluzione di interferenze in cantiere (clash detection) e automatizza il rispetto delle normative vigenti (code checking). In definitiva, si riducono i tempi di svolgimento delle tradizionali attività di controllo delle opere da parte della Committenza e della Direzione Lavori, nonché delle attività di alta sorveglianza, etc.

Aumento del valore sociale dell’opera

L’accesso alla base dati dell’opera permette alla comunità tutta uno strumento di “prestazionalità” e di trasparenza / conoscenza dello stato effettivo dell’attuazione dei processi, dello stato dei lavori, della pianificazione e gestione delle attività, senza trascurare dati e immagini 3D dei singoli avanzamenti delle opere (marketing sociale). Nel nostro Paese può assumere particolare rilevanza anche l’accesso remoto da parti di tutti i soggetti preposti ai controlli di legalità sulle grandi opere. Tale componente “sociale” dell’opera fa inoltre assumere prestigio a livello internazionale a favore di un effettivo miglioramento della qualità dell’opera e di concreto rinnovamento del Servizio Pubblico, ottenendo nel contempo il massimo dell’efficientamento.

Lifecycle Value (il database come asset addizionale dell’opera)

L’adozione del BIM permette di mantenere traccia dei dati progettuali e decisionali nel tempo, garantendo l’immediata disponibilità del manuale gestionale dell’opera (modello as-built) sempre aggiornato e corredato da tutta la documentazione. Ciò ha rilevanti ricadute di efficienza sui collaudi tecnico-amministrativi e sulla pianificazione e realizzazione dei piani di manutenzione (preventiva e straordinaria). Siffatto database, diventato un imperativo importante a livello internazionale, è un asset a sé stante del bene immobiliare  realizzato in BIM e ne aumenta il valore rispetto ad altre opere realizzate in modalità tradizionale. E il Committente vede aumentare il lifecycle value della sua opera, perché ne massimizza l’efficienza gestionale lungo tutta la vita utile.

Il BIM e la Stazione Appaltante

La metodologia BIM prevede che il modello progettuale (BIM) evolva prima o poi  in quello costruttivo (PIM) e alla fine in quello gestionale (AIM) lungo tutta la vita della commessa, andando ad arricchirsi di informazioni e dati utili a chi dovrà poi gestire e manuntenere il bene immobiliare.

La prima conseguenza per la Stazione Appaltante è di imporre nei bandi di gara che l’assegnatario adotti compiutamente la metodologia BIM e consegni un modello informativo (il BIM) che sia strutturato per  evolvere nel modello costruttivo (“PIM” o Project Information Model) e in quello gestionale (“AIM” o Asset Information Model – figura 4).

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Figura 4: L’evoluzione del modello BIM durante la vita dell’opera

Durante questo percorso scende gradualmente l’importanza di disegni ed informazioni grafiche e sale invece quello di dati ed informazioni alfanumeriche. Alla fine il modello consegnato alla stazione appaltante potrà e dovrà contenere dati ed informazioni pronte a supportare chi gestirà operativamente l’immobile nelle sue attività gestionali e manutentive.

In questo senso i dati e le informazioni sono da trattare e normare come veri e propri  “asset” virtuali, come accade ora con quelli  fisici e serve un cambio di rotta normativo ma anche organizzativo (e formativo), che spinga ogni attore coinvolto a progettare in modo integrato e collaborativo, chiamando attorno al tavolo figure e competenze ora ai margini del processo progettuale e costruttivo (figura 5).

La stazione appaltante ha il ruolo storico di favorire ed accelerare questo processo.

fig 05

Figura 5: la progettazione integrata

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[1] Multinazionale statunitense, leader mondiale nella consulenza di direzione (www.mckinsey.com)

[2] La filiera integrata delle costruzioni conta, oltre alle Società di Progetto e suoi soci, tutti i sub-appaltatori, i progettisti e i professionisti ed altre terzi parti: architetti, progettisti, società di costruzione, fornitori di servizi e manutentori coinvolti nella realizzazione di opere infrastrutturali e immobiliari. Pensiamo inoltre alle controparti di una stazione appaltante: RUP, Supporto al RUP, Direzione Lavori, Alta Vigilanza, Concessionari e Appaltatori e tutti gli altri Enti interessati (ad es. Soprintendenza per i Beni Archeologici, Autorità Militare, Commissioni di Sicurezza e Collaudo, ecc.);

[3] Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, Istat, 2018 (pag.79)

[4] Gartner Inc. è una multinazionale statunitense con 4.500 associati e 75 sedi, leader mondiale nella ricerca e analisi nel campo dell’Information Technology con oltre 60.000 clienti nel mondo.

[5] Il decreto definisce, per gli appalti di lavori e le concessioni di lavori, le modalità e i tempi di progressiva introduzione, da parte delle stazioni appaltanti, delle amministrazioni concedenti e degli operatori economici, dell’obbligatorietà dei metodi e strumenti elettronici, e individua gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti e i contenuti informativi del capitolato.
Il provvedimento disciplina inoltre gli adempimenti preliminari delle stazioni appaltanti, che dovranno adottare un piano di formazione del proprio personale, un piano di acquisizione o di manutenzione di hardware e software di gestione dei processi decisionali e informativi e un atto organizzativo che espliciti il processo di controllo e gestione, i gestori dei dati e la gestione dei conflitti.
E’ previsto l’utilizzo di piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari da parte delle stazioni appaltanti ed è definito l’utilizzo dei dati e delle informazioni prodotte e condivise tra tutti i partecipanti al progetto, alla costruzione e alla gestione dell’intervento.
L’obbligo all’utilizzo dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione decorre dal 1° gennaio 2019 per le opere di importo pari o superiore a 100 milioni di euro, e poi via via per importi minori: dal 2020 per i lavori complessi oltre i 50 milioni, dal 2021 per i lavori complessi oltre i 15 milioni, dal 2022 per le opere oltre i 5,2 milioni, dal 2023 per le opere oltre 1 milione, dal 2025 per tutte le nuove opere.

[6] http://www.eubim.eu/handbook-selection/italian-handbook/

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