La modifica additiva del raggruppamento nel codice appalti 2023

Vincenzo Laudani 11 Ottobre 2024
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Il Codice Appalti del 2023 ammette non solo la modifica in riduzione del raggruppamento temporaneo, ma anche la sostituzione del componente affetto da una causa di esclusione con un altro in possesso dei requisiti di partecipazione.

Questa scelta del legislatore non è affetta da vizio di incostituzionalità per eccesso di delega, rappresentando una volontà del legislatore nazionale di adeguare la disciplina agli indirizzi giurisprudenziali emersi sul tema, né contrasta con il diritto eurounitario, in quanto questo non vieta la sostituzione di componenti il raggruppamento, limitandosi a prevedere dei limiti con riferimento alla fase esecutiva.

Lo afferma il TAR Campania (TAR Campania, sez. I, 4.10.2024 n. 5211).

Indice

I fatti di causa

Il Comune di Sorrento indiceva una procedura negoziata per l’affidamento di lavori, richiedendo il possesso dei seguenti requisiti di capacità tecnica e professionale:

– Possesso di attestazione SOA di categoria OG2, classifica III o superiore (categoria prevalente);
– Possesso di attestazione SOA di categoria OS18 A, classifica II o superiore (categoria scorporabile).

Alla procedura di gara partecipava un raggruppamento avente quale mandataria la Edil Forte S.r.l. e quale mandante la MGR S.r.l.

Il raggruppamento divideva le prestazioni relative alla categoria prevalente tra le due componenti e dichiarava di volere subappaltare le prestazioni della categoria scorporabile, ricorrendo quindi all’istituto del subappalto necessario.
Nel corso della procedura la mandataria Edil Forte S.r.l. veniva colpita da un’informazione interdittiva antimafia.

La mandante procedeva all’estromissione dal raggruppamento della mandataria sostituendola con un altro operatore economico.

Il raggruppamento, così modificato, risultava aggiudicatario della procedura.

La seconda graduata impugnava l’aggiudicazione, sostenendo che:
– La modifica additiva del raggruppamento non sarebbe ammessa dal Codice Appalti del 2023;
– In ogni caso, la modifica del raggruppamento non sarebbe ammessa nel caso in cui comporti una modifica sostanziale dell’offerta, circostanza che sussisterebbe nel caso di specie;
– Le categorie scorporabili, nel Codice del 2023, sarebbero a qualificazione obbligatoria, e il raggruppamento, non possedendo in proprio l’attestazione SOA per la categoria OS18 A, avrebbe dovuto essere escluso;
– In ogni caso, non sarebbe stata resa dal raggruppamento nessuna dichiarazione di subappalto necessario.

Le modifiche ai raggruppamenti nel Codice Appalti 2023. Principi generali


L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE, al paragrafo 1, prevede che l’Amministrazione possa imporre, o possa essere obbligata dalla legislazione nazionale, la sostituzione del soggetto sulle cui capacità abbia fatto affidamento l’operatore economico per soddisfare i requisiti speciali di partecipazione[1].

La disposizione in questione ha, quale suo principale oggetto, l’istituto dell’avvalimento. Essa, infatti, regola l’ipotesi in cui un operatore economico[2] faccia affidamento sulle capacità di un soggetto terzo per soddisfare i requisiti di partecipazione. Le regole ivi definite vengono però estese espressamente anche al raggruppamento[3]. La previsione limita l’estensione alle sole <<condizioni>>, ma evidentemente il giudice nazionale ritiene che questa espressione vada intesa più genericamente come <<regole>>.

Anche la relazione al Codice Appalti del 2023 fonda le proprie scelte regolamentari sulla secca applicabilità del disposto dell’art. 63 della direttiva all’istituto dei raggruppamenti, ritenendo che questi abbiano una funzione simile all’avvalimento e che quindi debbano avere una disciplina analoga[4].

Sulla base, quindi, di tale presupposto, il Codice all’articolo 97 prevede che, laddove emerga una causa di esclusione nei confronti di un componente il raggruppamento, gli altri possano ricorrere:

– Alla modifica in riduzione, ossia alla redistribuzione dei compiti attribuiti al soggetto afflitto dalla causa di esclusione tra gli altri componenti, in possesso dei requisiti di qualificazione necessari;
– Alla modifica additiva, ossia alla sostituzione del soggetto afflitto dalla causa di esclusione con un altro soggetto originariamente non presente nel raggruppamento.
Il limite a queste operazioni è costituito, oltre che dal rispetto di obblighi informativi la cui violazione può impedire la sostituzione o la riduzione, è costituito dalla modifica sostanziale dell’offerta. Questo limite si rinviene in diverse previsioni del Codice con riferimento ad ipotesi di sostituzione, così rinvenendosi nel nuovo testo normativo uno spostamento del baricentro del sistema dall’identità soggettiva del concorrente all’oggetto della gara, in conformità al principio del risultato.

Le modifiche ai raggruppamenti nel Codice Appalti 2023 e l’eccesso di delega


La ricorrente sostiene l’incostituzionalità della norma per eccesso di delega.
Ciò in quanto la legge delega chiedeva di adottare un testo normativo conforme ai principi espressi dalla giurisprudenza nazionale, la quale aveva in più occasioni affermato il divieto di apportare modifiche additive ai raggruppamenti[5].

Il giudice ritiene tale tesi interpretativa infondata, e ciò in quanto la scelta adottata dal legislatore costituisce, in realtà, un adeguamento sia all’indirizzo giurisprudenziale nazionale emerso più di recente che ammette la modifica additiva del raggruppamento[6] sia, in realtà, alla giurisprudenza eurounitaria. In altri termini, secondo il giudice amministrativo, non vi è eccesso di delega perché il legislatore delegato si è conformato agli indirizzi giurisprudenziali fornendo un’interpretazione degli stessi che, condivisibile o meno, non può fondare il vizio di incostituzionalità.

In ogni caso, sotto il profilo processuale, la questione di costituzionalità sarebbe stata tardivamente sollevata: la parte, infatti, che dubiti della costituzionalità di una disposizione deve sollevare la relativa questione tempestivamente e non a giudizio già instaurato, come avvenuto nel caso di specie.

Le modifiche ai raggruppamenti nel Codice Appalti 2023 e la conformità alle direttive eurounitarie


La ricorrente chiedeva inoltre di disporre rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell’articolo 267 del TFUE.

La tesi di una incompatibilità tra diritto nazionale e diritto europeo veniva fondata sul disposto del considerando 110 della direttiva 2014/24/UE[7], che afferma che una procedura di gara non possa concludersi con l’aggiudicazione in favore di un soggetto che non abbia partecipato alla gara. La previsione, quindi, vieterebbe il subentro nel raggruppamento di un soggetto ad esso estraneo per sostituire il componente affetto da causa di esclusione automatica.

Il giudice amministrativo non condivide la tesi.
Il Considerando 110, infatti, avrebbe quale proprio ambito di applicazione non la fase di gara, ma la fase esecutiva del contratto, prevedendo che il subentro di un nuovo contraente non possa avvenire se non nel rispetto dell’evidenza pubblica. Inoltre lo stesso Considerando individua delle eccezioni a tale principio nel caso di modifiche strutturali dell’aggiudicatario, individuando solo esemplificativamente alcune ipotesi (come l’insolvenza, fusioni e acquisizioni) ma senza precludere alla possibilità che vengano configurate dal legislatore ulteriori casistiche in cui la modifica possa essere ammessa. Quindi, anche interpretando il Considerando come relativo alla fase di gara, questo non fonderebbe una preclusione assoluta alla sostituzione.

Conseguentemente, la tesi interpretativa viene ritenuta infondata.

Le modifiche ai raggruppamenti nel Codice Appalti 2023. La modifica dell’offerta e la sua accettazione


La ricorrente, ancora, sosteneva che la sostituzione avrebbe comportato una modifica sostanziale dell’offerta presentata.

Il giudice ritiene infondata tale tesi, rilevando come la sostituenda avesse reso nel caso di specie una esplicita dichiarazione di accettazione di tutte le condizioni dell’offerta tecnica ed economica presentata in gara.

Inoltre la Stazione Appaltante avrebbe effettuato una verifica dell’assenza di modifiche sostanziali dell’offerta senza nulla rilevare in merito. Con il che il giudice sembra ritenere, senza affermarlo esplicitamente, che tale rilievo sia coperto da discrezionalità tecnica e come tale non sindacabile dal giudice in assenza di manifesta erroneità di tale valutazione.
La ricorrente sosteneva inoltre che la dichiarazione di subentro fosse insufficiente e che le sue lacune avrebbero dovuto determinare l’impossibilità di procedere al subentro, dato che l’art. 101 del Codice ammette il soccorso istruttorio alla dichiarazione di impegno del raggruppamento solo se questa abbia una data certa antecedente il termine di scadenza delle offerte.

Il giudice amministrativo rigetta il motivo. La scelta legislativa di ammettere le modifiche additive al raggruppamento, evenienza che non può che intervenire nel corso della procedura, non può che comportare la possibilità di produrre della documentazione postuma in fase di gara, senza incorrere quindi nel limite temporale previsto dal Codice e che va riferito solo alle condizioni e alla struttura originaria del raggruppamento come sussistenti al momento della presentazione dell’offerta. Questi documenti postumi, inoltre, non altererebbero nel caso di specie l’offerta.

Il subappalto necessario e le categorie scorporabili


Infine, la ricorrente sosteneva anche che il raggruppamento avrebbe dovuto essere escluso per mancanza di qualificazione nella categoria OS18 A, Classifica II.

Il giudice amministrativo rigetta il motivo di ricorso per due ragioni.

La prima: l’RTI aveva dichiarato di voler subappaltare le lavorazioni di cui alla categoria OS18 A, sopperendo quindi al difetto di qualificazione con il subappalto necessario, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 119 del Codice.

Non avrebbe inoltre rilievo la circostanza che con il Codice del 2023 tutte le categorie scorporabili siano divenute a qualificazione obbligatoria. La qualificazione obbligatoria, infatti, comporta soltanto l’obbligo per il concorrente di possedere in proprio l’attestazione richiesta o, in alternativa, di ricorrere al subappalto necessario[8], e di tale ultima opzione si sarebbe avvalso il raggruppamento.

Conclusioni


La pronuncia in questione si espone ad alcune considerazioni critiche sotto diversi aspetti.
Con riferimento al profilo dell’eccesso di delega, il giudice, come si è detto, afferma che questo non sussista perché il legislatore delegato si sarebbe conformato all’indirizzo giurisprudenziale nazionale che ammetteva la modifica additiva del raggruppamento.

Si tratta di un ragionamento che appare poco convincente, in quanto il giudice richiama, a sostegno di tale interpretazione teleologica, un orientamento emerso dopo la pubblicazione del Codice e, soprattutto, fondato sull’interpretazione proprio delle disposizioni del Codice del 2023. In altri termini, il giudice sembra ritenere che il legislatore delegato si sia voluto adeguare ad un orientamento emerso dopo l’esercizio della delega, con un evidente vizio, per così dire, cronologico.

Si aggiunga, inoltre, che in presenza di una delega volta a richiedere l’adeguamento della disciplina della contrattualistica pubblica agli orientamenti giurisprudenziali, ammettere che il legislatore delegato possa scegliere un qualsiasi orientamento ritenuto condivisibile, anche se minoritario o contrastante con la funzione nomofilattica attribuita all’Adunanza Plenaria, sembra aprire a scelte discrezionali, se non anche arbitrarie, che la trasformano in una sorta di delega in bianco. D’altronde la legge delega parla di adeguamento agli indirizzi delle <<giurisdizioni superiori … interne>>, e l’aggettivo <<superiori>> difficilmente può essere interpretato come un riferimento a pronunce di primo grado.

Non casualmente il legislatore delegato, nell’esplicitare le sue scelte sulla modifica additiva, non fa riferimento alla giurisprudenza nazionale (che aveva assunto un indirizzo contrario), ma a quella eurounitaria.
E la legge delega fa riferimento anche all’adeguamento alle pronunce sovranazionali e quindi, certamente, alle pronunce della CGUE.
Il baricentro, quindi, della questione va spostato dalla giurisprudenza nazionale a quella eurounitaria.

Il legislatore nazionale, in merito, nella relazione al Codice del 2023, richiama a fondamento della propria scelta la sentenza della CGUE Red Service, sentenza la quale, però, riguarda l’istituto dell’avvalimento, e non i raggruppamenti temporanei. D’altronde, come abbiamo detto, l’estensione integrale del disposto dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE ai raggruppamenti appare dubbia, dato che la disposizione si limita ad estendere a questi ultimi le <<condizioni>> previste dal testo, non tutte le regole. Potrebbe affermarsi un’interpretazione estensiva della nozione di <<condizioni>>, ma certo è che interpretare le direttive è un’operazione ben diversa dall’adeguare ad un indirizzo giurisprudenziale. Il profilo avrebbe meritato maggiore attenzione dal giudice, che invece, sostanzialmente riportando quanto affermato nella Relazione, liquida velocemente e sommariamente il profilo.

La sommarietà del testo emerge anche dalle considerazioni svolte sui riflessi della sostituzione sull’offerta, laddove il giudice si limita ad affermare che l’impegno a eseguire quanto dedotto in offerta assunto dalla sostituenda sia sufficiente ad escludere la violazione del limite. A parere di chi scrive non può affermarsi la sufficienza di una simile analisi formale, dovendosi invece di volta in volta verificare se nell’offerta fossero presenti elementi soggettivi dell’offerente oggetto di sostituzione, e se tali elementi soggettivi possano essere sostituiti senza riflessi sull’esecuzione o meno.

Ma quantomeno la sentenza pone un punto fermo sul tema della sostituzione per addizione, oggi pacificamente ammessa dal Codice del 2023, e quindi costituisce un primo riferimento per lo svolgimento di tali operazioni in fase di gara. Ricordando, però, che oltre al limite della immodificabilità sostanziale dell’offerta, vi è anche quella dell’adempimento di obblighi dichiarativi e anche di obblighi di vigilanza da parte dei componenti il raggruppamento, dato che la sostituzione può essere impedita anche dalla semplice possibilità per gli altri componenti di rilevare l’esistenza di una causa di esclusione in capo alla sostituenda non dichiarata.

Note

[1] Articolo 63 direttiva 2014/24/UE, paragrafo 1: <<L’amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione. L’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro a imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione>>
[2] Si ricorda che la nozione di operatore economico nelle direttive europee include anche il raggruppamento temporaneo. Si veda, in particolare, l’art. 2 della direttiva in questione, che definisce l’operatore economico come <<una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o di un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi>>.
[3] Articolo 63 direttiva 2014/24/UE, paragrafo 1: <<Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti>>.
[4] Relazione al Codice Appalti 2023, p. 145: << Si è pertanto provveduto a disciplinare l’applicazione di detto principio ai raggruppamenti temporanei di impresa, che operano in qualità di mandatari delle imprese della compagine, ripetendo i requisiti di qualificazione attraverso di esse e così rappresentando una modalità alternativa rispetto all’avvalimento (oggetto della pronuncia della Corte di giustizia) per consentire di partecipare a gare d’appalto a soggettività non munite dei necessari requisiti di qualificazione>>
[5] Il divieto era stato affermato dall’Adunanza Plenaria nelle sentenze 9 e 10 del 2021 e nella sentenza 2 del 2022.
[6] Il giudice amministrativo, nel sostenere tale tesi, richiama le sentenze TAR Sicilia, sez. III, 22.1.2024 n. 218 e TAR Salerno, sez. I, 28.2.2024 n. 541. Si tratta, all’evidenza, di un grave errore commesso dal giudice, che richiama sentenze successive all’emanazione del Codice per affermare che il legislatore delegato abbia voluto adeguarsi ad esse nelle proprie scelte normative.
[7] Considerando 110 direttiva 2014/24/UE: <<In linea con i principi di parità di trattamento e di trasparenza, l’aggiudicatario non dovrebbe essere sostituito da un altro operatore economico, ad esempio in caso di cessazione dell’appalto a motivo di carenze nell’esecuzione, senza riaprire l’appalto alla concorrenza. Tuttavia, in corso d’esecuzione del contratto, in particolare qualora sia stato aggiudicato a più di un’impresa, l’aggiudicatario dell’appalto dovrebbe poter subire talune modifiche strutturali dovute, ad esempio, a riorganizzazioni puramente interne, incorporazioni, fusioni e acquisizioni oppure insolvenza. Tali modifiche strutturali non dovrebbero automaticamente richiedere nuove procedure di appalto per tutti gli appalti pubblici eseguiti da tale offerente>>.
[8] In tal senso si veda anche TAR Calabria, Reggo Calabra, 26.10.2023 n. 782.

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