La falsa dichiarazione resa in occasione dell’iscrizione all’elenco dei fornitori è idonea a integrare un grave illecito professionale nella procedura negoziata a valle?

Commento a Tar Puglia, Lecce, sez. II, 2 ottobre 2023, n. 1096/2023

18 Ottobre 2023
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Grave illecito professionale –Procedura negoziata – Falsa dichiarazione – SOA – Eelenco fornitori.

Tar Puglia, Lecce, sez. II, 2 ottobre 2023, n. 1096/2023.

Autore: Riccardo Calvara

La questione giuridica affrontata

Le procedure negoziate sono delle procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti e gli enti concedenti consultano gli operatori economici da loro scelti e/o presenti in apposti elenchi, negoziando con uno o più di essi le condizioni del contratto.

In tali casi, quindi, esiste indubitabilmente una stretta connessione tra le fasi prodromiche alla formulazione dei suddetti elenchi di imprese qualificate e potenzialmente invitabili dalle stazioni appaltanti e la procedura vera e propria nella quale le amministrazioni procedenti sono chiamate a verificare l’attualità delle dichiarazioni rese in prima battuta dai pretendenti alla commessa.

Tant’è che la giurisprudenza ha definito l’iscrizione all’elenco fornitori “null’altro che un procedimento strumentale alla scelta dei soggetti da invitare che avviene poi in maniera casuale, mediante sorteggio o altra modalità definita dall’amministrazione” (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17.6.2022, n. 4968).

Se questo è vero, dunque, occorre domandarsi se e in che misura l’eventuale carenza ab origine del requisito dichiarato possa incidere sulla affidabilità dell’operatore economico. La questione giuridica potrebbe arricchirsi di complessità qualora, come nel caso di specie, l’impresa partecipante faccia più o meno legittimamente richiamo all’istituto dell’avvalimento.

Il fatto

Un’impresa partecipava al “Bando Lavori, Categoria OG 1 Edifici civili e industriali” di Consip per ottenere l’iscrizione nell’elenco degli operatori economici qualificati per la corrispondente categoria merceologica nel Portale AcquistinretePa. In quell’occasione l’operatore economico dichiarava di essere in possesso dei requisiti di capacità tecnica richiesti e segnatamente dell’attestazione SOA. In ragione di tale iscrizione, la stessa veniva sorteggiata e poi invitata ad una procedura negoziata ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b) della L. n. 120/2020 (come modificato dall’art. 51, comma 1, lettera a, sub. 2.2, L. n. 108/2021) avviata da una Stazione appaltante per l’esecuzione di alcuni lavori di adeguamento sismico, efficientamento energetico e adeguamento funzionale di una scuola secondaria.

In un secondo momento, tuttavia, la suddetta società veniva raggiunta da un provvedimento di esclusione dalla procedura per essere incorsa nel grave illecito professionale desunto ai sensi dell’art. 98, comma 3 lett. b) del d.lgs. 36 del 2023. Tale norma recita: “L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: […] condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”.

La Stazione appaltante si era determinata in tal senso in ragione dell’accertata carenza ab origine del requisito dichiarato (possesso dell’attestazione SOA) e in ragione del quale detto concorrente aveva ottenuto l’abilitazione all’iscrizione all’ elenco utilizzato dall’amministrazione per gli inviti alla propria procedura negoziata.

La società esclusa, tuttavia, ritenendo illegittimo il provvedimento espulsivo patito si vedeva costretta a adire il Tribunale amministrativo regionale territorialmente competente per contestarne i presupposti.

I vizi sollevati dalla ricorrente

A sostegno del ricorso, con plurimi motivi di censura, la ricorrente deduceva i vizi della violazione di legge – in particolare, degli artt. 104 e 89 del D. Lgs. n. 36/2023 – dei principi costituzionali e delle direttive comunitarie in subiecta materia, nonché dell’eccesso di potere, sotto vari profili sintomatici.

In altre parole, l’impresa esclusa mirava a censurare l’operato della stazione appaltante sostenendo la fondatezza della propria partecipazione (e quindi la veridicità della propria dichiarazione) in ragione della mancata osservanza de parte della SA della disposizione normativa che ammette la partecipazione alle procedure a evidenza pubblica di operatori economici sprovvisti in proprio dei requisiti di partecipazione mediante il ricorso all’avvalimento.

A sostegno della propria tesi, l’impresa esclusa citava alcuni precedenti giurisprudenziali, in cui, proprio la circostanza di aver fatto ricorso a tale istituto aveva legittimato l’aspirazione delle imprese istanti.

In giudizio si costituivano la Stazione appaltante, tutte le amministrazioni interessate dal ricorso (trattandosi di un appalto finanziato con fondi PNRR ex art. 12 bis del d.l. n. 68/2022, conv. in legge 108/2022) e la società che nel frattempo aveva ottenuto l’aggiudicazione della commessa, instando per la reiezione del ricorso.

La decisione del Collegio

Il Collegio della Seconda sezione del TAR per la Puglia sezione distaccata di Lecce, ravvisando la manifesta infondatezza delle censure dedotte nel ricorso proposto e sentite sul punto le parti, si determinava a decidere la questione con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 e 74 del c.p.a.

In motivazione, i giudici leccesi condividono e fanno propri i principi espressi dai colleghi della Seconda sezione del TAR Palermo interessatasi di una vicenda (decisa con sentenza n. 1964 del 17 giugno 2021) del tutto analoga a quella odierna.

Anche in quell’occasione, infatti, l’esclusione dalla gara della società ricorrente era stata disposta per l’evidente difformità tra quanto dichiarato in sede di abilitazione al Portale AcquistinretePa e quanto accertato in sede di svolgimento della procedura di evidenza pubblica.

Tale difformità che, in ragione dell’utilizzo dei filtri di selezione aveva comportato l’indebita individuazione della società ricorrente tra i soggetti legittimati a partecipare alla gara, era stata ritenuta idonea a incidere “sull’affidabilità professionale del concorrente” costituendo nell’ambito della valutazione discrezionale compiuta dalla stazione appaltante, costituisce “legittima causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), d.lgs. n. 50/2016”.

Secondo i giudici siciliani “la falsa dichiarazione in ordine al possesso del requisito di attestazione OG1, class. III, resa dalla società ricorrente alla Consip” avrebbe integrato una condotta atta a “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” mediante la resa di “informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”.

In motivazione il Collegio riteneva irrilevante la circostanza che le false dichiarazioni fossero state rese in una fase anteriore e prodromica alla gara vera e propria, poiché “l’intima connessione tra le due fasi fa sì che le dichiarazioni mendaci rese in occasione della prima esplichino i loro effetti anche nella successiva procedura di gara (trattandosi vieppiù di condotta nella fattispecie preordinata a eludere i filtri di selezione indicati dalla stazione appaltante).

Dunque, secondo la Seconda Sezione del TAR Palermo “ai fini dell’applicazione delle cause di esclusione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, rilevano anche gli atti compiuti o omessi prima della procedura, giusta la previsione di cui al comma 6” alla cui stregua le stazioni appaltanti “escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.

Il Tar Lecce ha ritenuto di poter riproporre in toto le motivazioni esposte in questo precedente anche alla luce delle previsioni normative contenute nel nuovo Codice dei Contratti pubblici ratione temporis applicabile al caso de qua. Il riferimento è chiaramente alle cause di esclusione di cui all’art. 95 comma 1 lett. e) che consente alle stazioni appaltanti di escludere l’offerente che abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità in base agli indici presuntivi tassativamente indicati all’art. 98.

Considerazioni conclusive

La sentenza offre interessanti spunti di riflessione sull’applicazione di due istituti particolarmente presenti nelle dispute giurisprudenziali in materia di contrattualistica pubblica: le cause di esclusione non automatica dalle procedure a evidenza pubblica e l’avvalimento.

L’impresa esclusa aveva tentato di contestare la legittimità del provvedimento di esclusione patito mediante un generico richiamo all’istituto di cui all’art. 104 del nuovo Codice dei contratti pubblici. Sul punto, la ricorrente aveva richiamato due precedenti giurisprudenziali che, enfatizzando la ratio dell’istituto nelle direttive comunitarie, si era pronunciati positivamente circa la possibilità di avvalersi delle disponibilità di un’impresa ausiliaria al fine di iscriversi negli elenchi degli operatori economici qualificati. La giurisprudenza citata, tuttavia, appare inconferente rispetto al caso specifico

Com’è noto, l’avvalimento è un istituto di derivazione europea finalizzato a garantire la massima partecipazione alle gare pubbliche, consentendo alle imprese, che ne siano sprovviste, di giovarsi delle capacità tecniche ed economico-finanziarie di altre imprese.

Esso si traduce, in sostanza, nel possesso mediato dei requisiti di partecipazione alla gara, la cui concreta operatività è condizionata alla dimostrazione, da parte del concorrente, di avere un titolo giuridico – nella forma del contratto di avvalimento – a disporre in modo reale ed effettivo dei requisiti messi a disposizione dall’impresa ausiliaria, ovvero alla dimostrazione dell’impegno vincolante assunto dall’impresa ausiliaria nei suoi confronti.

L’avvalimento, peraltro, non serve ad arricchire la capacità tecnica ed economica del concorrente, ma a consentire a soggetti che ne siano sprovvisti di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 12 novembre 2014, n. 5573). Che l’avvalimento possa riguardare anche la certificazione SOA, inoltre, è ius receptum.

Quest’ultima ha precisato che, in tale evenienza, dal contratto di avvalimento deve risultare la messa a disposizione dell’impresa ausiliata di tutti i fattori produttivi e delle risorse aziendali che le hanno consentito di conseguire la certificazione, non potendosi l’avvalimento risolvere nel prestito di un valore puramente cartolare e astratto (per tutte, da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 febbraio 2017, n. 601; id., 12 maggio 2017, n. 2226; id., 14 aprile 2016, n. 1504).

Altrettanto pacifico è che “nulla osta a che l’iscrizione a tali elenchi [quelli degli operatori qualificati da invitare alle procedure negoziate] sia effettuata utilizzando lo strumento dell’avvalimento” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17.6.2022, n. 4968).

Nel caso di specie, l’impresa aveva partecipato al Bando Consip per la formazione dell’elenco di operatori qualificati senza fare alcun specifico richiamo alla volontà di avvalersi di risorse altrui, come invece accaduto nei precedenti giurisprudenziali richiamati, ove il concorrente già nella fase della iscrizione all’elenco predetto aveva precisato di essere sprovvisto delle relative attestazioni SOA e di voler partecipare alle future gare mediante avvalimento (cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. I, 5.10.2017, n. 1164) o addirittura, si era iscritto all’elenco degli operatori da invitare alla procedura negoziata, depositando un contratto di avvalimento (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 17.6.2022, n. 4968).

Il caso odierno, dunque, attiene piuttosto a una falsa dichiarazione resa alla stazione appaltate. Tale condotta, in quanto idonea a influenzarne indebitamente l’operato, integra uno dei casi da cui presumere il “nuovo” grave illecito professionale, secondo le ipotesi ora tassativamente previste dal legislatore del nuovo Codice.

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