La configurazione di un fatto quale “grave illecito professionale” risulta tale solo in seguito alla discrezionale valutazione della Stazione Appaltante: la perdita del requisito di affidabilità e integrità sopravviene, dunque, in corso di gara

Commento a TAR Lazio, sez. IV, sentenza 14 febbraio 2022, n. 1745

28 Febbraio 2022
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Autore:  Riccardo Calvara

Raggruppamento temporaneo di imprese – Perdita requisito ex art. 80 in capo ad uno dei componenti – Ammissibilità modifica in riduzione in corso di gara del raggruppamento – Perdita del requisito ex art. 80 co. 5 lett. c).

TAR Lazio, sez. IV, sentenza 14 febbraio 2022, n. 1745.

Il caso di specie

Il TAR Lazio, con la sentenza n. 1745 del 14 febbraio 2022, ha respinto, dichiarandolo in parte infondato e in parte inammissibile, il ricorso introdotto dal RTI secondo in graduatoria di un lotto relativo ad una procedura aperta, indetta ai sensi dell’art. 60 del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 2, comma 2, della l. n. 120 del 2020. La procedura di gara era finalizzata all’affidamento di un Accordo quadro.

All’esito delle attività di verifica condotte dal seggio di gara, la stazione appaltante inoltrava al RTI, poi risultato aggiudicatario, formale richiesta di integrazione/regolarizzazione delle dichiarazioni e degli elementi contenuti nelle domande di partecipazione, ravvisando una possibile causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice degli appalti. La ragione era l’esistenza di una richiesta di rinvio a giudizio a carico dell’amministratore unico, socio di maggioranza e direttore tecnico della società mandante. Tale richiesta di rinvio a giudizio, nello specifico, era stata emessa nell’ambito di un procedimento penale, riguardante i reati di turbativa d’asta e abuso d’ufficio in concorso, consumati nel corso di una precedente procedura di gara.

La documentazione prodotta dal RTI in questione era ritenuta non adeguata dal seggio di gara. Con “preavviso di esclusione”, la Stazione Appaltate comunicava all’operatore economico di poter evitare la sanzione espulsiva solo ove si fosse proceduto, ai sensi dell’art. 48, commi 18 e 19-ter, del d.lgs. n. 50/16, all’estromissione dell’impresa mandante ovvero alla sostituzione della stessa con altra in possesso dei prescritti requisiti di legge per l’esecuzione dei lavori in appalto. La mandante veniva quindi estromessa, il RTI ammesso e nelle more risultava aggiudicatario.

Avverso il provvedimento di aggiudicazione, è insorto il RTI secondo graduato che, con duplici censure, ne ha richiesto l’annullamento. In primo luogo, secondo la ricorrente, la richiesta di rinvio a giudizio a carico dell’amministratore unico e socio di maggioranza della mandante avrebbe necessariamente comportato l’esclusione del RTI aggiudicatario ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) codice appalti. La Stazione Appaltante, invece, avendo consentito l’estromissione della mandante dal raggruppamento, ancorché priva dei requisiti di moralità sin dall’epoca antecedente alla partecipazione alla gara oggetto dell’odierno giudizio, sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 48, co.19 del Codice appalti. La disposizione, salvo che per esigenze organizzative del raggruppamento, sembra escludere la modifica di uno dei componenti del RTI al fine di eludere la mancanza ab origine o la perdita in corso di gara dei requisiti di partecipazione di uno o più componenti della compagine associativa.

La questione affrontata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 20 gennaio 2022

Per dirimere il primo motivo del ricorso, il TAR Lazio torna ad occuparsi delle vicende relative alla modificazione in senso riduttivo del raggruppamento temporaneo di imprese in corso di gara, in conseguenza della perdita dei requisiti di cui all’art. 80 in capo ad uno dei suoi componenti. Il collegio raccoglie le indicazioni fornite dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza del 20 gennaio 2022, n. 2, a valle della remissione ad opera dell’ordinanza n. 6959 del 18 ottobre della V sezione del Consiglio di Stato. Le due pronunce di riferimento sono state, peraltro, già diffusamente commentate su questo sito.

L’Adunanza Plenaria, dirimendo il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi sul punto, aveva già avuto modo di rilevare che “la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice”. Da ciò ne “consegue che, laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, provveda ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione”.

Ribadita, dunque, la possibilità di modificare la composizione del RTI per la perdita sopravvenuta, da parte di uno dei suoi componenti, di un requisito di qualificazione, si trattava quindi di stabilire se, nel caso in esame, la perdita del requisito in capo alla mandante fosse effettivamente sopravvenuta in corso di gara o se, viceversa, la mancanza del requisito dovesse essere fatta risalire alla richiesta di rinvio a giudizio.

La decisione del Collegio

Il Collegio ha ritenuto che la perdita del requisito di qualificazione in capo alla mandante si sia verificata nel momento in cui la stazione appaltante ha ravvisato, nei suoi confronti, la sussistenza di un “grave illecito professionale”.

La tesi opposta, che farebbe retroagire la perdita del requisito al momento della commissione del “fatto storico”, poi qualificato dall’Amministrazione in termini di grave illecito professionale, ad avviso del Collegio, troverebbe un ostacolo nel tenore letterale dell’articolo 80, comma 5, lett. c) del Codice appalti.

Ciò in quanto la valutazione di fatto in termini di grave illecito professionale spetta alla Stazione Appaltante che, con mezzi adeguati, deve dimostrare che il comportamento del concorrente sia sussumibile nella categoria del grave illecito professionale. L’ordinamento incardina questa valutazione come estremamente discrezionale, ben potendo uno stesso comportamento essere o meno ricompreso nel grave illecito professionale, a seconda delle diverse e specifiche procedure di appalto. I giudici nel dispositivo chiariscono: “Non vi è alcuna ragione per far retroagire gli effetti di tale valutazione al momento della commissione del fatto; e ciò in quanto il fatto contestato, per come è stato chiarito, solo nella valutazione dell’amministrazione (e proprio per effetto di essa) assume la connotazione di “illecito” (peraltro solo in relazione alla specifica procedura di gara)”.

Con il secondo motivo, il RTI secondo graduato sosteneva altresì che l’esclusione del RTI aggiudicatario sarebbe stata doverosa in ragione del fatto che quest’ultimo non aveva comunicato già ab initio l’esistenza della richiesta di rinvio a giudizio in capo all’organo di vertice della società mandante.

Secondo parte ricorrente, tale fattispecie rileverebbe, di per sé, come grave illecito professionale, come indebita influenza del processo decisionale della stazione appaltante e come dichiarazione non veritiera ai sensi dell’articolo 80, co. 5, lett. c), c-bis) ed f-bis) del Codice appalti. Detta omissione integrerebbe, altresì, una violazione disciplinare di gara, nella parte in cui era sancito l’obbligo del concorrente di dichiarare di “non incorrere nelle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), c-bis), c-ter), c-quater, f-bis) e f-ter) del Codice”.

Nel sostenere l’infondatezza e, in parte, l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso, il Collegio ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione del concorrente di non aver commesso alcun tipo di grave illecito professionale – anche se poi ritenuto sussistente dall’Amministrazione – non costituisce falso (Cons. Stato, n. 393 del 2021; Cons. Stato, n. 196 del 2019; A.P. n. 16 del 2020), ma può rilevare, al più, quale omessa informazione ai sensi dell’80, comma 5, lett. c-bis), del Codice appalti.

Sul solco del predetto insegnamento, la fattispecie dell’omissione dichiarativa verificatesi nel caso di specie non determina l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis), del comma 5 dell’articolo 80 Codice appalti, ma rileva quale “grave illecito professionale” in grado di incidere sull’ “integrità o affidabilità” dell’operatore economico.

 Il collegio chiarisce come l’Amministrazione abbia, difatti, ravvisato la sussistenza dell’illecito professionale proprio in relazione alle vicende oggetto della richiesta di rinvio a giudizio dell’amministratore unico della mandante e abbia deciso, conseguentemente, che la stessa non fosse in possesso dei requisiti per poter rimanere in gara.

Il secondo motivo del ricorso è ritenuto, quindi, infondato laddove volto a sostenere che il RTI aggiudicatario avesse rilasciato una dichiarazione non veritiera (che avrebbe imposto l’esclusione automatica della gara dell’intero RTI), in quanto tale omissione dichiarativa, come chiarito, non rileva come falso ai sensi della A.P. n. 16 del 2020. Tale motivo si rivela invece inammissibile nella parte in cui è finalizzato a determinare la sua esclusione dalla gara per un illecito professionale diverso da quello già individuato dalla stazione appaltante, attesi che la ricorrente non avrebbe tratto alcuna utilità da una pronuncia che accertasse la necessità di escludere di tale impresa per tale ulteriore ragione.

Considerazioni conclusive

La pronuncia quivi in commento si pone in linea di continuità rispetto ai recenti arresti giurisprudenziali in tema di differenza tra falsità e omissione dichiarativa, pronunciando su un caso che riguarda, altresì, la possibilità di modificare la composizione del RTI nell’ipotesi in cui uno dei componenti del raggruppamento perda il possesso dei requisiti ex art. 80 del Codice degli appalti.

Il “grave illecito professionale” di cui all’art. 80 co. 5 lett. c) – tale solo a seguito della discrezionale valutazione operata dalla Stazione appaltante –, non retroagendo alla commissione del fatto, sopravviene in corso di gara. Ciò consente alle “amministrazioni”, in assonanza all’interpretazione fornita dalla Adunanza Plenaria n. 2/2022, di proporre la sostituzione/estromissione del partecipante in RTI al fine di ammettere il concorrente, rispettando il dettato dell’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del d.lgs. 50 del 2016.