La clausola Sociale negli orientamenti giurisprudenziali più recenti

Con particolare riferimento agli appalti di natura informatica (rectius: agli appalti che riguardano attività informatiche standardizzate e ripetitive)

Giuseppe Fiocchi 4 Maggio 2021
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Con particolare riferimento agli appalti di natura informatica (rectius: agli appalti che riguardano attività informatiche standardizzate e ripetitive)

L’articolo approfondisce, nella prima parte, la sentenza del TAR Lombardia (Sez.I n.191/2021) che introduce ulteriori importanti riflessioni in ordine al tema della clausola sociale nel mercato degli appalti pubblici andando a specificare quando, in ambito informatico, ci si trovi di fronte a prestazioni di tipo intellettuale che, per espressa previsione normativa, non ne impongono l’introduzione.

Nella seconda parte, invece, si è proceduto alla raccolta dei più recenti arresti giurisprudenziali per delineare l’evoluzione della stessa clausola rispetto alla previsione dell’istituto nel Codice dei contratti (D.Lgs 50/2016 e smi).

1. La clausola sociale negli appalti che riguardano attività informatiche standardizzate e ripetitive

Come noto, la sentenza n.191/2021 del TAR Lombardia riguarda una gara a procedura aperta indetta da ARIA S.p.A. (già Lombardia Informatica S.p.A.) per l’affidamento dei “servizi di supporto alle attività di demand management, supply e validazione Gara 1/2018/LI.”; la gara era suddivisa in 5 lotti funzionali; il lotto denominato 2S, oggetto del giudizio, riguardava il “supporto allo sviluppo e manutenzione software e gestione di servizi degli ambiti indicati nel perimetro della fornitura del rispettivo Capitolato Tecnico”.

Il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 50 del d.l.vo 2016 n. 50, in ragione della mancata previsione nella lex specialis della clausola sociale.

Il giudice annullava il bando e la lettera di invito nella parte in cui, in relazione al lotto 2S, non prevedevano la clausola sociale nonché il provvedimento di aggiudicazione, sulla scorta del presupposto che la natura delle attività degli appalti di natura informatica deve essere indagata con riferimento al contenuto del particolare lotto cui si riferisce la gara non potendo procedersi all’assimilazione che normalmente i servizi di natura informatica comportano prestazioni di tipo intellettuale.

Rispetto all’altro Lotto (il Lotto 2D) che aveva ad oggetto il supporto alla definizione delle esigenze di digitalizzazione e informatizzazione dei processi regionali e degli enti del SIREG (L. R. n. 30/2006 art. 1), attraverso attività di affiancamento e identificazione delle necessità di evoluzione e adeguamento, studi di fattibilità, analisi funzionali, analisi dei processi, e degli impatti sui sistemi informativi del SIR e/o degli enti del SIREG, non vi erano elementi tali per ritenere che le attività di gestione e manutenzione del lotto oggetto di ricorso (per l’appunto il Lotto 2S)[1], pur potendo presentare contenuto immateriale, ad avviso del giudice fossero “riconducibili a prestazioni intellettuali, perché non sono connotate dal profilo professionale e, dunque, personale della prestazione resa”.

Le prestazioni, pur richiedendo una preparazione tecnica, risultavano eseguibili da chiunque fosse in possesso della preparazione richiesta, senza che l’aspetto personale assumesse carattere rilevante. Si trattava, quindi, di attività dirette a risolvere le anomalie o  malfunzionamenti che si presentavano nel corso dell’utilizzo dei sistemi applicativi; attività che risultavano sostanzialmente ripetitive e standardizzate, da svolgere sulla base di procedure predeterminate. Il carattere non intellettuale delle prestazioni risultava altresì confermato dalle figure professionali richieste per lo svolgimento delle attività comprese nel lotto 2S che non richiedeva la presenza in misura prevalente di figure professionali apicali, caratterizzate da una particolare autonomia e alle quali fosse demandata una prestazione necessariamente personale, perché intellettuale. Il CCNL metalmeccanico, da applicare nella gara in esame, prevedeva altresì per le figure richieste dei livelli di inquadramento (quarto e quinto) che non si attagliavano all’esecuzione di prestazioni di carattere intellettuale, correlate alla progettazione o all’ingegnerizzazione del sistema informatico regionale.

La giurisprudenza sulla quale il giudice di prime cure ha basato il proprio convincimento opera su direttrici ben chiare:

  1. se le attività sono standardizzate e non è richiesto un determinato profilo professionale/personale del singolo operatore per l’esecuzione delle stesse non ci si trova di fronte a prestazioni cd “intellettuali”; questo, a prescindere dalla immaterialità delle prestazioni stesse (cfr. Tar Lazio, sez. II quater, 03 dicembre 2018 n. 11717);
  2. le prestazioni, pur immateriali, che si risolvono nell’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni ad hoc, diverse caso per caso per ciascun utente del servizio ma rientranti in compiti standardizzati, non sono qualificabili come prestazioni intellettuali (cfr. Tar Lombardia Milano, sez. IV, 26 agosto 2019, n. 1919)
  3. servizi essenzialmente consulenziali ed assenza di rischio sono le caratteristiche dei servizi di natura intellettuale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 14 ottobre 2019, n. 6955; Consiglio di Stato, sez. V, 19 gennaio 2017, n. 223);
  4. attività che comprendono anche compiti materiali o “attività che comunque non richiedono un patrimonio di cognizioni specialistiche per la risoluzione di problematiche non standardizzate” non presentano natura intellettuale (cfr. Tar Piemonte, sez. I, 25 luglio 2019, n. 843);
  5. non possono essere considerate attività d’opera intellettuale quelle – routinarie – di installazione e aggiornamento del software delle macchine fornite, nonché quelle finalizzate alla loro connessione in rete” (cfr. Tar Piemonte, sez. I, 25 luglio 2019, n. 843).

La sentenza in commento rappresenta, di sicuro, uno spartiacque importante per la clausola sociale nel mercato IT.

Sarà importante comprendere se l’assimilazione che il giudice di primo grado ha fatto di tutti i servizi del lotto oggetto di ricorso verrà confermata in secondo grado – ove proposto appello.

Se infatti alcuni degli stessi servizi possano rientrare ictu oculi tra quelli ripetitivi altri come ad esempio la manutenzione correttiva, la manutenzione adeguativa/adattiva e le piccole MEV sono attività improntate allo studio ed alla risoluzione di problemi; configurare e ricondurre le stesse ad attività standardizzate/ripetitive deve trovare riscontro nell’impianto di gara. Generalmente, lo svolgimento di tali attività non coinvolge profili professionali identici e tutti facenti capo a livelli bassi bensì si sviluppa su gruppi di lavoro (c.d. team mix) che si compongono di più figure professionali con diverse expertise ed anzianità: se i servizi fossero pertanto configurati così, la riconduzione di attività analoghe a servizi di tipo consulenziale apparirebbe pertanto coerente.

2. Gli orientamenti più recenti in tema di clausola sociale

Si è proceduto, di seguito, a dare evidenza ordinando cronologicamente (dal più recente al meno recente) i recenti arresti in tema di clausola sociale.

Consiglio di Stato sez. V 2/11/2020 n. 6761
Principi: Non sussiste i) obbligo di assunzione di tutto il personale dell’appaltatore uscente – ii) applicabilità agli assunti delle medesime condizioni contrattuali – iii) il riconoscimento dell’anzianità pregressa.

La sentenza specifica che la clausola sociale non obbliga l’aggiudicatario ad assumere tutto il personale in carico all’appaltatore uscente né tanto meno ad applicare le medesime condizioni contrattuali né, infine, a riconoscere l’anzianità pregressa. Una diversa interpretazione che volesse ricavare un vincolo per i concorrenti al mantenimento dei livelli d’anzianità vantati dai lavoratori risulterebbe del resto contraria allo spirito e al significato delle clausole sociali, come delineato dalla giurisprudenza. Ciò in quanto è necessario un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale ed europeo; da un lato il rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita e dall’art. 41 Cost e dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce la libertà di impresa, conformemente alle legislazioni nazionali; dall’altro il diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost nonché dall’art. 15 della Carta di Nizza (Cons. Stato, Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703).
Per tali ragioni la clausola va formulata e intesa “in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario”; solo in questi termini “la clausola sociale è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa secondo la quale l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255; Cons. Stato, V, 12 settembre 2019, n. 6148; cfr. anche Cons. Stato, VI, 21 luglio 2020, n. 4665; 24 luglio 2019, n. 5243; V, 12 febbraio 2020, n. 1066).

Consiglio di Stato sez. VI 21/7/2020 n. 4665
Principio: va prediletta una lettura flessibile della clausola sociale che tenga in considerazione la libertà di iniziativa economica.

La sentenza chiarisce che non sussiste un onere di integrale assunzione del personale già dipendente, sia sulla scorta della clausola contrattuale (che subordina l’assunzione alle vicende organizzative dell’appalto e alla tipologia di prestazioni richieste) sia sulla base del CCNL (che parimenti prende atto della necessità di mantenere la situazione occupazionale nei limiti della nuova situazione lavorativa);
la lettura che ne va data non può essere rigida e orientata alla tutela dei lavoratori senza  che la stessa venga contemperata con la libertà di organizzazione dell’imprenditore. La clausola quindi va intesa in termini di flessibilità: la Stazione Appaltante non può imporre un riassorbimento integrale del personale (Cons. Stato, VI, 24 luglio 2019, n.5243) in quanto verrebbe limitata la libera iniziativa economica dell’operatore concorrente; dall’altro l’elasticità di applicazione della clausola non può spingersi fino al punto da legittimare politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro perseguito attraverso la stessa, (Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n.3885).

Consiglio di Stato sez. V 12/09/2019 n.6148
Principio: non sussiste la possibilità di imporre un determinato CCNL

La sentenza statuisce che l’imposizione di un determinato CCNL non può essere giustificata neppure dall’inserimento negli atti di gara di una clausola sociale, avendo la giurisprudenza da tempo chiarito che la clausola sociale non può essere intesa nel senso di imporre all’aggiudicatario subentrante di applicare un determinato CCNL, per essere, invece, rimessa alla sua libera determinazione la scelta del CCNL, che, pertanto, potrà anche essere diverso da quello applicato dal precedente contraente, sempreché siano salvaguardati i livelli retributivi dei lavoratori in modo adeguato e congruo.

Consiglio di Stato sez. VI 24/7/2019 n. 5243
Principi: i) obbligo di collocazione dei lavoratori in altri settori o, ove non possibile, attivazione degli ammortizzatori sociali ii) assenza di obbligo di assunzione a tempo indeterminato.

Secondo il supremo consesso l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (Cons. Stato, Sez. III, 7/1/2019, n. 142 e 5/5/2017, n. 2078; Sez. V, 17/1/2018, n. 272 e 7/6/2016, n. 2433; Corte di Giustizia dell’Unione Europea 9/12/2004 in C-460/2002 e 14/7/2005 in C-386/2003).
Nel caso in analisi il bando imponeva di riassumere, a pena di esclusione dalla gara, solo il 50 % dei lavoratori impiegati dal precedente gestore del servizio; tuttavia, il contestuale operare di tale clausola e del criterio di valutazione dell’offerta tecnica volto a premiare la riassunzione del maggior numero dei detti lavoratori, con l’assegnazione di un punteggio addirittura pari alla metà (25 punti) di quello complessivamente attribuibile, al concorrente che si fosse impegnato a riassorbire tutto il restante 50% del personale in parola, produceva ad avviso del Giudice effetti sostanzialmente analoghi a quelli di una clausola sociale di riassunzione pressoché totalitaria, con la conseguenza di condizionare in maniera significativa e oltremodo rilevante le scelte dell’imprenditore in ordine alle modalità più appropriate di allocazione dei fattori della produzione in base all’organizzazione d’impresa prescelta, imponendogli, così, un vincolo incompatibile con la libertà d’impresa, poiché idoneo a comprimere i valori di cui all’articolo 41, Cost. in modo eccessivo rispetto a quanto ragionevolmente esigibile nei confronti dell’operatore economico, il quale finirebbe per dover impropriamente assumere obblighi sostanzialmente riconducibili alle politiche attive del lavoro (Cons. Stato, Sez. V, 28/8/2017, n. 4079).
In definitiva la congiunta applicazione delle due prescrizioni di gara (cinquanta più cinquanta) produceva sostanzialmente l’effetto di aggirare il divieto di prevedere clausole sociali che impongano l’integrale riassorbimento del personale utilizzato dall’appaltatore uscente.

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[1] In particolare, il capitolato di gara prevedeva per il Lotto 2S una pluralità di compiti, quali:

  • la “gestione rilasci applicativi”, comprensiva della “presa in carico del rilascio, es. pianificazione, test di accettazione, analisi degli impatti, ecc., fino al coordinamento operativo nelle fasi di deploy;
  • la “gestione incident/problem”, con la previsione che “il gestore coordina il processo legato alla risoluzione dell’incident interagendo con gli specialisti preposti alla gestione dei sistemi in esercizio, oppure con le aree che hanno in carico lo sviluppo dell’applicativo;
  • la “gestione ordinaria”, che veniva articolata in a) “attività legate a richieste specifiche o soggette a periodicità che devono essere eseguite nel rispetto di tempi o calendari predefiniti (es. verifiche estemporanee, reportistica e altre attività volte al mantenimento della qualità dei dati, ecc.) e che rientrano nelle seguenti categorie: attività di schedulazione, automazione e ottimizzazione di procedure informatiche necessarie per la gestione dei flussi applicativi legati ad un servizio (es. caricamento dati, ecc.); b) “controllo del loro corretto funzionamento in fase di esecuzione”; c) “monitoraggio dell’erogazione: predisposizione monitoraggio funzionale e controllo quotidiano del corretto funzionamento dei servizi (procedure batch, backup e performance)”; d) “verifica e revisione dei livelli di servizio (indicatori di qualità e livelli di soglia associati) ottenuti sia da archivi strutturati sia da altre fonti non strutturate (log infrastrutturali e applicativi)”; e) “alcune attività attinenti l’avviamento di un servizio quali ad esempio: verifica, testing e avviamento sui primi gruppi utenti; configurazioni degli ambienti applicativi; coordinamento di terze parti che contribuiscono all’erogazione del servizio.”
  • la “manutenzione correttiva”, consistente nell’insieme di “attività volte a indagare e rimuovere le cause e gli effetti degli eventuali malfunzionamenti delle procedure informatiche e dei programmi software…. I malfunzionamenti imputabili a difettosità presenti nel codice sorgente, o nelle specifiche di formato o di base dati, e/o nella relativa documentazione, non rilevati a suo tempo in qualsiasi fase del ciclo di sviluppo, sono risolti dal servizio di manutenzione correttiva con la riparazione del codice sorgente e/o della relativa documentazione”;
  • la “manutenzione adeguativa/adattiva”, quale “attività volta ad assicurare la costante aderenza delle procedure e dei programmi alla evoluzione dei sistemi informativi per cambiamenti che non impattano in modo rilevante su funzionalità e architettura applicativa e basi dati”;
  • le “piccole MEV” identificate come “l’insieme di interventi che presentano caratteristiche di manutenzione evolutiva ma di limitato impegno (inferiore a 10 GG PP) e che non sono inclusi tra le attività di manutenzione evolutiva di cui al precedente paragrafo. Questa classe di fornitura comprende le attività di realizzazione di componenti mirate a scopi specifici, che non fanno evolvere la baseline dell’applicazione (es: script per estrazione dati una-tantum)”.

 

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