Iscrizione degli operatori nel Casellario Informatico: il TAR Lazio ricorda (per l’ennesima volta) le condizioni affinché possa essere legittimamente disposta da ANAC

Commento alla sentenza del TAR Lazio, Sez. I, del 22 gennaio 2020, n. 858

Martina Alò 6 Febbraio 2020
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Il TAR Lazio prosegue nel tentativo, intrapreso da tempo, di arginare in via giurisprudenziale l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità Anticorruzione, con specifico riferimento alla prassi di quest’ultima di iscrivere all’interno del casellario informatico qualsivoglia notizia che gli giunga dalle Stazioni appaltanti; iscrizione che, nella maggior parte dei casi, viene effettuata omettendo il dovuto vaglio circa la reale “utilità” della notizia, in violazione di quanto previsto dall’art. 213 del Codice.

Commento alla sentenza del TAR Lazio, Sez. I, del 22 gennaio 2020, n. 858

Questa recente sentenza del TAR capitolino, che si assesta su un filone ben consolidato di quello stesso Tribunale, torna ad esaminare la tematica dell’iscrizione delle imprese nel casellario informatico tenuto da ANAC; tema che, nel corso degli ultimi anni, è stato a più riprese oggetto di attenzione da parte del Giudice amministrativo, con esiti di frequente sfavorevoli per l’Autorità.

Ci si trova in questo caso al cospetto di un’impresa che, nel partecipare ad una procedura di gara, aveva male interpretato la lex specialis, ritenendo che determinati requisiti “speciali” potessero venire soddisfatti mediante il ricorso al subappalto, anziché essere posseduti in proprio dal concorrente; di conseguenza, l’operatore aveva partecipato in forma singola dichiarando contestualmente che, per il soddisfacimento dei requisiti in parola, avrebbe utilizzato quelli del subappaltatore espressamente indicato.

Avvedutasi autonomamente dell’errore di interpretazione della clausola del bando, e al fine di non incorrere in conseguenze più gravi, prima dell’aggiudicazione della gara l’operatore si è autodenunciato alla Stazione appaltante, dichiarando lealmente quanto accaduto e che, in caso di aggiudicazione in proprio favore, vi avrebbe di buon grado rinunciato.

Preso atto della dichiarazione del concorrente, il RUP ne ha disposto l’esclusione, segnalando al contempo quanto accaduto ad ANAC come “notizia utile” (in particolare, veniva segnalato che l’operatore era incorso in una “carenza informativa”).

ANAC, ricevuta la segnalazione, ha avviato nei confronti dell’operatore economico il procedimento di iscrizione nel casellario per “falsa dichiarazione”, all’esito del quale lo ha iscritto, seppure con segnalazione non interdittiva, applicando altresì una sanzione pecuniaria.

Il ricorso avverso detto provvedimento, proposto dall’operatore economico, è stato interamente accolto dal TAR Lazio.

Il Giudice ha anzitutto ricordato come l’ANAC non abbia alcun potere di “autoqualificare” il contenuto della segnalazione ricevuta dall’Amministrazione procedente: nel caso in esame, le circostanze segnalate dalla Stazione appaltante erano state espressamente indicate come “notizia utile”, non avendo essa riscontrato la sussistenza della falsa dichiarazione, bensì la sola carenza informativa; tanto che l’esclusione era stata disposta come atto dovuto a fronte della rinuncia da parte dell’appaltatore ed alla sua autodenuncia dell’errore in cui era incorso e non, viceversa, per falsa dichiarazione.

Ha quindi errato l’Autorità nell’assegnare arbitrariamente una connotazione di falsità ad un evento che l’Amministrazione segnalante aveva invece qualificato come neutro, dal punto di vista dell’elemento soggetto.

La sentenza ha poi evidenziato l’intrinseca contraddittorietà del ragionamento di ANAC che, da un lato, ha immotivatamente equiparato un’omissione informativa ad una falsa dichiarazione quando, dall’altro, nel corso del procedimento aveva invece espressamente riconosciuto che l’elemento soggettivo del concorrente fosse ascrivibile ad un “profilo di colpa non grave”, considerata la particolarità della situazione, nonché la sua volontaria autodenuncia alla Stazione appaltante.

Il TAR ha infine segnalato come mancasse del tutto anche il carattere dell’utilità della notizia, quale elemento essenziale richiesto dall’art. 213 del d.lgs. n. 50/2016 affinché il profilo di un’impresa all’interno del casellario informatico possa essere popolato di nuove segnalazioni.

Sul punto, il Giudice ha richiamato il proprio filone – oramai consolidato – che suggerisce ad ANAC (purtroppo, in molti casi, invano) di porre maggiore attenzione all’atto dell’iscrizione nel casellario di un’impresa, in quanto “l’annotazione nel Casellario Informatico da parte dell’ANAC di notizie ritenute “utili” deve avvenire “in applicazione dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa”; il che presuppone, oltre al fatto che le vicende oggetto di annotazione siano correttamente riportate, anche che le stesse “non siano manifestamente inconferenti rispetto alle finalità di tenuta del Casellario” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 giugno 2019 n. 7595; id. 19 marzo 2019, n. 3660). Ha inoltre ricordato che “le annotazioni ANAC non incidono mai in maniera “indolore” nella vita dell’impresa”, anche laddove non prevedano l’automatica esclusione o la conseguente interdizione dalle gare pubbliche, perché comunque rilevanti sia sotto il profilo dell’immagine sia sotto quello dell’aggravamento della partecipazione a selezioni pubbliche (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 18 febbraio 2019, n. 2178), dovendosi considerare che qualsiasi dubbio sulla affidabilità dell’operatore economico è in grado di ridondare, per esempio, sulla partecipazione delle gare ristrette, ad invito. Pertanto, “la mera valenza di “pubblicità notizia” delle circostanze annotate come “utili” e il fatto che le stesse non impediscano, in via automatica, la partecipazione alle gare, non esonera l’Autorità da una valutazione in ordine all’interesse alla conoscenza di dette vicende, la cui emersione deve avvenire in forza di un processo motivazionale che, per quanto sintetico, non può ridursi ad una assertiva affermazione di conferenza della notizia” (T.A.R. Lazio, Roma, n. 7595/2019 cit.)”.

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