L’irregolarità meramente formale nella trasmissione dei flussi informativi all’INPS è giusta ragione di esclusione dalla gara?

Commento alla sentenza del TAR Lazio, Sezione Terza-quater, n. 9023 del 23 agosto 2018

Elenia Cerchi 19 Settembre 2018
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Il concetto di “violazione degli obblighi previdenziali”, che a mente dell’art. 80, comma 4 del d.lgs. n. 50/2016 legittima l’esclusione dalla procedura di gara, non può essere inteso come circoscritto al solo mancato versamento dei contributi previdenziali regolarmente accertati e quantificati, ma include anche l’omissione delle denunce obbligatorie che competono al datore di lavoro, fermo restando che la nozione di violazione grave degli obblighi previdenziali che comporta l’esclusione non è rimessa alla stazione appaltante, ma è da desumere dalla disciplina previdenziale, che qualifica l’omessa o infedele denuncia mensile “evasione contributiva” e non mera “omissione contributiva”.

Con la sentenza n. 9023 del 23 agosto 2018 la Sezione Terza-quater del TAR Lazio ha giudicato legittima l’esclusione dalla procedura di gara che la stazione appaltante aveva disposto in ragione della circostanza che il DURC della società interessata attestava situazioni di irregolarità contributiva. L’impresa ricorrente, contestati i presupposti alla luce dei quali l’INPS aveva reso tale giudizio di irregolarità, richiedeva al Collegio di accertare il principio secondo cui le violazioni degli obblighi previdenziali che possono precludere l’emissione di un DURC regolare sono unicamente quelle ascrivibili al mancato pagamento dei contributi e non ad ogni genere di violazione.

In punto di fatto era emerso infatti che l’impresa, pur avendo presentato denunce irregolari o incongruenti e pur non avendo correttamente apportato le rettifiche nel termine assegnato allo scopo dall’Istituto di previdenza, aveva effettuato in definitiva versamenti coerenti con il proprio saldo a debito.

Il TAR ha respinto i rilievi della ricorrente che è insorta contra il provvedimento di esclusione ed ha espresso il convincimento che anche le irregolarità riconducibili alla omessa o incompleta presentazione delle denunce configurano gli estremi della grave violazione degli obblighi previdenziali, e rappresentano pertanto, ove abbiano determinato l’emissione di un DURC negativo, giusta ragione di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80, co. 4 del d.lvo 50/2016.

Il ragionamento su cui la pronuncia è fondata può essere ricostruito nei termini seguenti.

Ribadisce anzitutto il Tar che, a norma dell’art. 80, comma 4, d.lgs 50/2016, la nozione di “violazione grave” che implica esclusione “non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale”, ed in particolar misura dalla disciplina afferente al DURC, la cui certificazioni “si impongono alle stazioni appaltanti che non possono sindacarne il contenuto”.

In questo contesto il DURC può – e deve – essere eventualmente contestato dall’impresa in via incidentale in sede amministrativa, di modo tale che, pur non ponendosi un problema di espressa impugnativa sul piano formale, è necessario ed indispensabile che in via incidentale sia assolto l’onere di specifica contestazione che incombe all’interessato.

Date queste premesse e richiamando un orientamento già maturato in sede amministrativa (sentenza Cons. St. 3385/2018) e mutuato anche dal consolidato orientamento della Corte di Cassazione (ex multis Cass. Civ. Sez. Lavoro, n. 17119/2015), il TAR statuisce che non solo il mancato versamento dei contributi ma anche l’omessa, incompleta od incongruente presentazione delle prescritte denuncie configura violazione degli obblighi previdenziali ed è equiparabile al concetto di “evasione contributiva”, ai sensi dell’art. 116, co. 8, lett. b) della legge 388/2000.

Questo tanto più alla luce della circostanza che, da un punto di vista teleologico, la corretta quantificazione degli oneri contributivi richiede e presuppone il corretto e completo adempimento degli obblighi dichiarativi, come vincolo generale di sistema, di modo che una violazione di detti obblighi è correttamente sanzionata con l’esclusione, poiché preclude o comunque ostacola l’esercizio dei compiti dell’ente previdenziale.

È così riconducibile alla irregolarità formale che investe le dichiarazioni obbligatorie un disvalore quantomeno equiparabile a quello dell’omesso versamento.

Chiarisce ulteriormente il Tar al riguardo che non possono essere considerate quale esimente asserite difficoltà nella compilazione dei modelli, ovvero novità procedurali imposte dall’INPS, poiché rientra nella normale diligenza dell’impresa provvedere all’aggiornamento delle procedure interne in maniera da assolvere correttamente e tempestivamente agli obblighi di legge che su di essa gravano, in ossequio al generale principio di autoresponsabilità. Tanto più laddove, come nel caso all’esame del Tar, l’incongruenza e l’omissione abbiano riguardato una minima parte delle dichiarazioni, rese per il resto in conformità con in nuovi modelli, il che è segno evidenza dell’assenza di una insormontabile preclusione oggettiva al corretto adempimento.

È d’altra parte indirizzo consolidato quello secondo cui non può essere evidentemente riconnesso un valoro “definitivamente liberatorio” ad una certificazione dal contenuto erroneo o non veritiero (in tal senso già Cons. St., Sez. V, sent. 3854/2016).

Confermata la legittimità del provvedimento di esclusione, il Tar ha da ultimo ribadito l’orientamento secondo cui l’impresa destinataria della sanzione espulsiva risulta priva della legittimazione e dell’interesse ad agire, e dunque a contestare  gli esiti della procedura, anche laddove l’interesse possa astrattamente essere configurato come interesse strumentale del partecipante alla riedizione della procedura. Ribadisce il TAR che un simile interesse non si concreta in capo al soggetto legittimamente escluso, che perde per ciò solo l’interesse alla contestazione degli esiti della competizione (cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 3688/2016).

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