Il T.a.r. Campania chiarisce la natura giuridica e gli effetti dell’informativa.
T.a.r. Campania, Napoli, sez. I, 13 febbraio 2023, n. 1001.
1. Premessa
Con la pronuncia in commento, il giudice affronta la tematica connessa alle garanzie procedurali in caso di adozione del provvedimento di informativa antimafia interdittiva ai sensi degli articoli 84 e 91 del D. Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (recante il Codice c.d. “antimafia”).
Il Collegio ha, inoltre, colto l’occasione per illustrare i presupposti applicativi di tale provvedimento delineandone al contempo le caratteristiche e le differenze rispetto alle misure di natura penale e alla più tenue misura collaborativa ex art. 94-bis del Codice.
2. Il contesto normativo
La documentazione antimafia, disciplinata dal D. Lgs. n. 159/2011, è costituita dalla comunicazione antimafia e dall’interdittiva antimafia.
La prima consiste, ai sensi dell’art. 84, co. 2, nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, sospensione o di divieto di contrattare con la p.a. di cui all’art. 67 e ha una validità di sei mesi (art. 86, co. 1).
La seconda consiste nell’attestazione non solo delle cause di decadenza sopraindicate, ma anche della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare la scelta e gli indirizzi della società (art. 84, co. 3) ed ha una validità pari a dodici mesi (art. 86, co. 2).
La documentazione antimafia assume un rilievo centrale nel campo della contrattualistica pubblica atteso che deve essere acquisita dalla p.a. non solo in fase esecutiva del contratto (artt. 122 e 123 del D. Lgs. n. 36/2023), ma ancora prima in fase partecipativa (art. 94, co. 2 D. Lgs. n. 36/2023).
Difatti, l’articolo 91 del Codice antimafia impone ai soggetti di cui all’art. 83, co. 1 e 2 (i.e. pubbliche amministrazioni; enti pubblici; società o aziende vigiliate dallo Stato o da altro ente pubblico; concessionari di lavori o servizi pubblici) l’acquisizione dell’informazione antimafia prima di stipulare, approvare e autorizzare contratti e subcontratti afferenti opere e lavori pubblici, servizi e forniture pubbliche (art. 91, co. 1, lett. a).
Il successivo articolo 92 definisce tempi e modalità del rilascio dell’informativa a carico del prefetto territorialmente competente.
L’esito positivo del controllo comporta il rilascio dell’informazione liberatoria mentre in caso di esito negativo viene rilasciata l’informazione interdittiva entro trenta giorni dalla consultazione della banca dati nazionale unica.
Il mancato rispetto di tale termine non preclude alle amministrazioni di procedere anche in assenza dell’informativa, potendo addivenire alla stipulazione del contratto sotto condizione risolutiva ancorata all’esito positivo dell’accertamento. Difatti, in caso di successiva adozione dell’informativa interdittiva il soggetto pubblico deve recedere dal contratto fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione dell’opera rimanente (art. 92, co. 3).
Degno di nota anche il comma 2-bis dell’art. 92 del Codice antimafia che disciplina il contradditorio infraprocedimentale nel provvedimento interdittivo.
La disposizione è stata di recente novellata ad opera dell’art. 48, co. 1, lett. a) della L. 29 dicembre 2021, n. 233 che ha inserito nel corpo della disposizione l’obbligo generalizzato in capo all’amministrazione di fornire all’interessato apposita comunicazione dei presupposti per l’adozione dell’informativa antimafia interdittiva indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa.
In tale evenienza, il prefetto assegna all’operatore un termine pari a venti giorni al fine di produrre documenti, osservazioni, scritture ovvero richiedere l’audizione personale secondo le modalità di cui all’art 93, co. 7, 8 e 9 salvo che non “ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento”.
Il contraddittorio si conclude nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione al soggetto interessato dagli esiti delle verifiche disposte dal prefetto.
Al termine della procedura, il prefetto, qualora non ritenga sussistenti i presupposti per il rilascio dell’informazione antimafia liberatoria, adotta l’informazione interdittiva dandone comunicazione all’interessato.
Gli effetti del rilascio della informativa sono disciplinati dal successivo articolo 94 che, per quanto interessa, prevede un espresso divieto per le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 83, co. 1 e 2 di addivenire alla stipulazione di contratti pubblici con l’operatore interessato.
3. La fattispecie
La fattispecie giunta all’attenzione del Collegio concerne un ricorso esperito avverso un provvedimento di informativa antimafia interdittiva adottato nei confronti della società ricorrente in virtù del ruolo di OMISSIS (dominus di fatto dell’impresa) destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per concorso esterno nel reato ex art. 416-bis del c.p.
Il ricorso era rivolto a censurare l’illegittimità del procedimento preordinato al rilascio della informativa interdittiva per violazione dell’obbligo di previa comunicazione dell’avvio del procedimento, di cui all’art. 92 del Codice (come modificato dall’art. 48, co. 1, lett. a) della L. n. 233 del 2021), senza alcuna valida illustrazione delle “particolari esigenze di celerità” che avrebbero giustificato l’omissione di siffatto dovere e delle ragioni che avrebbero indotto a disattendere la necessità di esperire il contradditorio infraprocedimentale.
Invero, siffatta violazione non avrebbe consentito alla ricorrente di addurre gli elementi utili al fine di far valere l’insussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento interdittivo soprattutto in relazione alla marginalità di OMISSIS nell’indagine penale e dalla sua estraneità nella gestione e conduzione della società.
Viene, inoltre, invocata l’illegittimità del provvedimento interdittivo per eccesso di potere oltre che per i profili sopra illustrati anche per la sproporzionalità della misura inflitta.
Tutt’al più, la ricorrente ritiene che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare i presupposti per l’adozione della più tenue misura di prevenzione collaborativa, di cui all’art. 94-bis del Codice (introdotto dall’art. 49, co. 1 L. n. 233/2021), rinvenendosi la carenza di attualità della condotta ipotizzata e l’occasionalità della contestazione.
La ricorrente denunciava la scarsa rilevanza degli elementi addotti dal provvedimento interdittivo atteso che nel caso di specie la società non presentava più alcun legame con OMISSIS in quanto escluso dalla gestione della stessa tramite la cessione delle sue quote e la trasformazione dell’impresa in società a responsabilità limitata.
4. La decisione del T.a.r.
Il giudice ha disatteso entrambe le censure dichiarandole infondate.
Con riguardo alla mancata comunicazione di avvio del procedimento e dell’omessa instaurazione del contraddittorio, il Collegio ha rilevato come la valutazione disposta dalla Prefettura si appalesi giustificata e coerente con gli elementi posti alla base dell’interdittiva.
Invero, nel caso di specie la consistenza e la natura dei fatti denotavano la chiara esigenza di una immeditata azione dell’amministrazione al fine di paralizzare il danno arrecato al contesto economico di riferimento.
Sul punto, il giudice ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale che esclude l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento laddove sia più concreto “il rischio che la discovery anticipata di elementi o notizie a disposizione degli inquirenti ponga nel nulla gli sforzi e le risultanze raggiunte” (Cons. Stato, sez. III, 20 giugno 2020, n. 5026). Si tratta di una valutazione espressione di un potere ampliamente discrezionale sindacabile nei limiti della non manifesta illogicità ed irragionevolezza (Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2017, n. 1924).
Parimenti, non ricorrono i presupposti per l’adozione delle misure di prevenzione collaborativa ex art. 94-bis del D. Lgs. n. 159/2011, in quanto non risulta ravvisabile una situazione di “agevolazione occasionale”.
Tale concetto impone la sporadicità del fattore critico che ha coinvolto il destinatario dell’interdittiva e non si ravvisa, invece, qualora ricorrano indici sintomatici di una strutturale contaminazione con ambienti criminali.
Al contrario, nel caso di specie, dalle risultanze delle indagini sfociate nell’adozione della custodia cautelare emerge il ruolo essenziale di OMISSIS nelle vicende che lo vedono coinvolto.
Invero, la sottoposizione del dominus di fatto della società ricorrente alla misura cautelare per concorso esterno nel reato ex art. 416-bis del c.p. costituisce, ai sensi dell’art. 84, co. 4, lett. a) del Codice antimafia, una delle fattispecie che dà luogo all’adozione dell’informazione interdittiva da cui desumere elementi chiari di rischio di permeabilità mafiosa.
Sul punto, il Collegio precisa che la misura interdittiva si connota per la sua funzione spiccatamente preventiva che si fonda su elementi sintomatici presuntivi alla base di un giudizio prognostico di natura ampiamente discrezionale che non richiede la prova del fatto. Ciò in ragione della finalità preventiva dell’interdittiva che non deve rispondere ai canoni probatori del processo penale ben potendo fondarsi sul criterio del “più probabile che non” per ritenere sussistenti elementi sintomatici di fattispecie di condizionamento mafioso (Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2022, n. 5375).
Pertanto, gli elementi posti alla base dell’interdittiva possono essere anche non penalmente rilevanti ovvero non costituire oggetto di procedimenti o processi penali.
Ne discende che i profili di doglianza di parte ricorrente sono infondati in quanto se venissero accolti imporrebbero una verifica dei fatti che è estranea alla misura prefettizia di prevenzione antimafia, richiesta invece nel processo penale.
Né assume rilevanza nel caso di specie la cessione delle quote societarie atteso che, come rilevato dalla giurisprudenza, tale operazione potrebbe essere meramente fittizia e strumentalmente volta ad eludere la normativa nonché a mantenere de facto il controllo e la direzione dell’impresa (Cons. Stato, sez. III, 9 maggio 2016, n. 1846).
In conclusione, il giudice ravvisa la piena legittimità del provvedimento interdittivo in quanto i fatti che vengono in rilievo “appaiono di natura e consistenza tali da lasciare fondatamente presupporre che, in mancanza di una subitanea reazione dell’Autorità amministrativa, possa perpetuarsi l’inquinamento del contesto economico”.
5. Osservazioni conclusive
La pronuncia del T.a.r. si inserisce all’interno di un orientamento giurisprudenziale alquanto consolidato che riconosce al procedimento preordinato all’emanazione del provvedimento interdittivo i connotati di un’attività tipicamente caratterizzata da urgenza e celerità.
Invero, il procedimento di tutela antimafia è collegato ad attività di indagine giudiziaria caratterizzate da ragioni di urgenza e finalità nonché destinatari incompatibili con le ordinarie garanzie procedimentali e partecipative di cui alla L. n. 241/1990.
Sulla base di queste premesse, la giurisprudenza ha sempre negato la necessità di comunicare l’avvio del procedimento preordinato all’adozione della misura interdittiva ai sensi e per gli effetti degli artt. 7 e 8 della L. n. 241/1990 (ex multis Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2017, n.3171; T.a.r. Piemonte, sez. I, 16 gennaio 2019, n. 58; Cons. Stato, sez. III, 31.01.2020, n. 820).
Parimenti, ove la p.a. ritenga sussistenti particolari esigenze di celerità deve darne contezza nel provvedimento finale atteso che “le ragioni della speditezza devono essere poste a raffronto con le esigenze di tutela del contradditorio” (Cons. Stato, sez. V, 16 dicembre 2022, n. 11042; cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 aprile 2017, n. 1924).
Come detto, si tratta di una valutazione espressione di un potere ampliamente discrezionale sindacabile nei limiti della non manifesta illogicità ed irragionevolezza (Cons. Stato, n. 11042/2022 cit.).
Inoltre, secondo l’orientamento giurisprudenziale, a fondamento della deroga dell’obbligo ex art. 7 della L. n. 241/1990 depone anche la natura non necessaria di tale adempimento posto che ai sensi dell’art. 93, co. 7 del D. Lgs. n. 159/2011 il contraddittorio è solo eventuale (Cons. Stato, sez. III, 20 aprile 2020, n. 3182).
Tuttavia, a seguito della modifica normativa introdotta dall’art. 48, co. 1, lett. a) del D.L. n. 152/2021 (conv. in L. n. 233/2021) il Legislatore ha delineato un nuovo punto di equilibrio tra l’esigenza di garantire il contradditorio e la necessità di contrastare il fenomeno malavitoso prevedendo l’obbligo a carico dell’Autorità prefettizia procedente di una tempestiva comunicazione al soggetto interessato.
L’intervento normativo mira ad un parziale recupero delle garanzie procedimentali.
Invero, il contraddittorio potrebbe esplicarsi in quelle ipotesi in cui la permeabilità del fenomeno mafioso si presenti dubbia ovvero incerta; in tali casi l’apporto partecipativo del soggetto interessato potrebbe fornire utili chiarimenti sulla natura del rapporto tra quest’ultimo e il contesto malavitoso (Cons. Stato, sez. III, 30 luglio 2020, n. 4979).
È bene comunque precisare che anche in seguito alla novella normativa il contraddittorio presenta due significative limitazioni.
Da un lato, anche nel nuovo contesto normativo, l’esigenza di celerità del procedimento giustifica l’omissione della comunicazione ex art. 92, co. 2-bis del Codice in capo all’amministrazione prefettizia; dall’altro lato il terzo periodo dell’articolo citato preclude la comunicazione di tutti quegli elementi informativi “il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose”.
Proprio in ragione di siffatte limitazioni anche la recente giurisprudenza ha ribadito il proprio indirizzo interpretativo volto a negare la necessità di una comunicazione dell’avvio del procedimento in quanto i procedimenti di tutela antimafia sono tipicamente connessi ad attività di indagine giudiziaria caratterizzate da imprescindibili ragioni di urgenza (Cons. Stato, sez. III, 20 giugno 2022, n. 5026).
In conclusione, anche in seguito alla recente modifica normativa il contraddittorio procedimentale sembra atteggiarsi ad ipotesi del tutto eccezionale di difficile concretizzazione atteso che risulta arduo immaginare procedimenti interdittivi non connotati da particolari esigenze di celerità.
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