Sussistenza o insussistenza dei presupposti per disporre l’esclusione dalla procedura
La Sezione V del Consiglio di Stato è stata chiamata nuovamente a prendere posizione sulla idoneità del provvedimento di sequestro preventivo disposto in sede penale a far venir meno i requisiti generali di partecipazione ai sensi dell’art. 80 del Codice. La questione era stata già affrontata in occasione di procedure di gara che coinvolgevano la stessa impresa qui in considerazione e risolta nel senso che l’esclusione disposta fosse in quel caso legittima. Nel caso attuale, invece, conclude il Collegio che il solo sequestro preventivo delle quote non rappresenti ragione idonea per la perdita dei requisiti, poiché non integra alcuna delle ipotesi tassative di esclusione previste dal Codice.
Con la sentenza n. 291/2019, pubblicata in data 14.1.2019 il Consiglio di Stato pronuncia sulla legittimità dell’aggiudicazione disposta in favore di un raggruppamento di imprese, la cui impresa mandante si era resa destinataria di un provvedimento di sequestro preventivo delle quote sociali per il reato di bancarotta fraudolenta.
Afferma la Sezione V che il sequestro preventivo, misura cautelare reale, ha per sua propria natura carattere provvisorio ed è fondato su un accertamento sommario ove prevale l’interesse ad evitare gli ulteriori possibili effetti dei reati che si ipotizza siano stati commessi. Gli effetti che il sequestro preventivo è destinato a produrre al di fuori del processo penale vanno indagati tenendo a mente il principio della presunzione di innocenza, a copertura costituzionale, in combinato disposto con il principio di tassatività delle cause di esclusione.
Alla luce di queste coordinate ermeneutiche, la Sezione conclude che il sequestro preventivo, per le sue proprie caratteristiche, non integra alcuna delle ipotesi di esclusione previste dall’art. 80 del Codice e nello specifico dai commi 1, 3. 4 e 5 della stessa disposizione.
Non configura neppure una situazione idonea a porre in dubbio l’integrità o affidabilità dell’operatore economico e non è dunque ragione di perdita dei requisiti.
La pronuncia è ulteriormente sorretta dal rinvio operato alla deliberazione 92/12 dell’ANAC, ritenuta evidentemente espressione di principi validi anche per il nuovo Codice, secondo cui il provvedimento di sequestro non comporta la perdita di idoneità soggettiva dell’impresa, tanto con riguardo alle gare cui si partecipa che con riguardo ai contratti in essere.
La partecipazione alla procedura non può ritenersi dunque inficiata dal provvedimento di sequestro e l’aggiudicazione è stata dichiarata legittima.
La pronuncia rende una valutazione finale che sembra porsi non in sintonia con quanto era stato affermato in un contesto temporale non lontano dalla III Sezione del Consiglio di Stato in ordine alla legittimità della sanzione espulsiva che in una procedura di gara analoga era stata pronunciata con riguardo allo stesso provvedimento di sequestro preventivo di cui ora si discute.
Con la sentenza n. 7022/2018 del 12 dicembre 2018 il Consiglio di Stato, Sezione III, aveva infatti affermato la legittimità dell’esclusione disposta in ordine – anche – al decreto di sequestro penale di cui era destinataria la mandante nel caso attuale.
La III Sezione osservava al riguardo che l’art. 80, co. 5 sottende un potere discrezionale della stazione appaltante cui è riservata la valutazione di tutti gli elementi che possono concorrere a minare l’affidabilità dell’impresa.
Fra questi elementi venivano espressamente collocate, fra le altre cose, le ragioni poste alla base del provvedimento di sequestro preventivo.
Le pronunce in discorso non sono fra loro in contrasto. A ben vedere infatti la Sez. III ha giudicato di un più ampio complesso di elementi, fra cui il decreto di sequestro penale che tuttavia non si poneva quale unica ed esclusiva ragione posta a sostegno della disposta esclusione.
Fra le altre cose emergeva dalla pronuncia della III Sezione che l’esclusione era altresì fondata su irregolarità contributive che affliggevano l’impresa di cui era stato acquisito il ramo d’azienda ed emergeva altresì che una particolare attenzione era stata riservata alle ragioni alla luce delle quali il sequestro preventivo era stato disposto.
Veniva peraltro riferito nella parte motiva della pronuncia che la stessa ANAC, investita della richiesta di parere preventivo, avesse rimesso alla stazione appaltante la valutazione delle circostanze poste alla base del sequestro preventivo.
È alla luce di questi presupposti che con la sentenza 7022/18 la III Sezione, ha statuito che la situazione di fatto portata alla propria attenzione integrava nel suo complesso gli estremi dei gravi illeciti professionali idonei a minare l’integrità e l’affidabilità dell’impresa.
Dalla pronuncia della Sez. V in commento, non emerge che elementi ulteriori rispetto al sequestro preventivo di per sé stesso fossero stati portati all’attenzione del Collegio.
Alla luce di quanto sin ora si è detto, dalla lettura combinata delle sentenze 7022/18 e 291/19 è possibile ricavare il principio secondo cui se pur è vero che il sequestro preventivo è di per sé misura cautelare provvisoria inidonea dà se sola a fondare l’esclusione, è altrettanto vero che la sussistenza dei requisiti di “affidabilità” ed “integrità dell’impresa”, ai sensi dell’art. 80, co. 5, d.lvo 50/2016 è lasciata alla valutazione della stazione appaltante che ben può includere il sequestro preventivo e le ragioni per cui esso è disposto fra gli elementi che contribuiscono a far ritenere non sussistenti i requisiti personali, fermo naturalmente l’onere di una adeguata motivazione sul punto.
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