(TAR Liguria, Genova, sez. II, 22 ottobre 2019, n. 805 – TAR Lazio, Roma, sez. I, 21 ottobre 2019, n. 12106)
Secondo un recente indirizzo della giurisprudenza, sviluppatosi nel solco dell’acceso dibattito che connota l’applicazione delle norme sulle esclusioni dagli affidamenti di contratti pubblici, ai fini dell’applicazione delle verifiche sulla eventuale sussistenza dei motivi di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici, la stazione appaltante non soltanto deve verificare l’eventuale sussistenza delle fattispecie di cui all’art. 80, commi 1 e 2, del Codice in capo ai soggetti elencati al comma 3 del medesimo art. 80, bensì deve anche valutare eventuali condotte che siano riferibili all’impresa e al suo interesse e/o vantaggio e in tal senso comunque incidenti sull’affidabilità dell’impresa ai sensi del comma 5, lett. c), del citato art. 80 (cd. “illecito professionale”), poiché poste in essere da soggetti in nome e per conto dell’impresa stessa e perciò anche indirettamente ascrivibili all’operatore economico persona giuridica.
Diversamente opinando, infatti, si otterrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa alla suddetta previsione sull’illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), del Codice, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese.
Le pronunce in oggetto si inscrivono in una cornice normativa e giurisprudenziale che assume particolare rilevanza e attualità negli affidamenti pubblici ed esigono quindi, per una corretta e completa comprensione della questione, di essere introdotte da talune sintetiche premesse e precisazioni.
L’interpretazione e attuazione delle norme pubblicistiche che individuano i motivi di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici alimenta da sempre un acceso dibattito tra gli operatori del settore, che trae linfa dalle frequenti modificazioni e interpolazioni che interessano l’assetto di quelle previsioni e soprattutto dai diversi orientamenti espressi al riguardo dalla giurisprudenza, spesso chiamata a vagliare in concreto, sulla base di una casistica quanto mai varia, i profili applicativi delle medesime disposizioni.
Tra queste, come segnalato in più occasioni in questa rivista, vi sono senza dubbio le norme che disciplinano i motivi di esclusione concernenti i cd. “illeciti professionali” – ovverosia le condotte tenute dagli operatori economici che incidono negativamente sul giudizio di integrità e affidabilità professionale degli stessi – quali oggi definiti alla stregua dell’art. 80, comma 5, lett. c), c bis), c ter) e c quater), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici.
Tali previsioni di legge, infatti, hanno da sempre ingenerato diffuse incertezze e molteplici criticità, soprattutto in fase di gara, ove sono posti in capo alle imprese concorrenti, in proposito, rilevanti oneri dichiarativi da cui dipende la permanenza nella procedura e quindi la possibilità di concorrere all’affidamento di un contratto pubblico. E, senza dubbio, quelle incertezze e criticità sono state accentuate in modo significativo, oltre che dalla peculiare sensibilità e varietà operativa propria delle circostanze rilevanti, dalle modifiche e integrazioni intervenute recate dal D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” (cd. “Decreto Semplificazioni”) e, più di recente, dal D.L. 19 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55 (cd. “Decreto Sblocca Cantieri”) – che da ultimo ha inserito, al detto comma 5 dell’art. 80, la lett. c quater), così articolando e sfaccettando ancor più di prima le fattispecie sintomatiche dell’illecito professionale.
Nel quadro normativo appena tracciato devono inoltre richiamarsi le Linee Guida n. 6 dell’ANAC – approvate dapprima con delibera 16 novembre 2016, n. 1293 e aggiornate poi al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 57 (cd. “Correttivo” al Codice dei contratti pubblici) con deliberazione 11 ottobre 2017, n. 1008 – previste dal Codice stesso “(…) al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, [per individuare] quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)” (art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016).
Come noto, peraltro, tali Linee Guida non sono vincolanti, poiché preposte a una “(…) funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti” (v. parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato 3 novembre 2016, n. 2296), e sono chiamate a offrire indicazioni operative sulla materia comunque di carattere esemplificativo e non esaustivo.
Occorre poi soggiungere che siffatte Linee Guida non sono tra quelle che cesseranno di avere efficacia con l’entrata in vigore del Regolamento unico ex art. 216, comma 27 octies, del Codice, pur dovendosene garantire la compatibilità e coerenza rispetto a tale provvedimento (che andrà a sostituire il sistema della cd. “Soft Law” – di cui alle Linee guida dell’ANAC e ai decreti ministeriali – nella regolamentazione attuativa e di dettaglio delle norme codicistiche, per alcuni aspetti della materia, come da riforma introdotta con il citato Decreto Sblocca Cantieri).
Ciò premesso, va detto che tra i profili di maggiore difficoltà attuativa vi è senza dubbio quello che attiene alla corretta individuazione delle persone fisiche appartenenti alla sfera dell’operatore economico in gara che possono rilevare per l’eventuale sussistenza e valutazione dei suddetti illeciti professionali quali causa di esclusione dalle gare.
In più di una circostanza, infatti, e con indirizzo tutt’altro che pacifico, il Giudice Amministrativo è stato chiamato a perimetrare l’ambito soggettivo di riferimento dell’art. 80, comma 5, lett. c), c bis), c ter) e (ora anche) c quater), del Codice, aprendo il varco a differenti interpretazioni e applicazioni delle previsioni in parola (su questa rivista, cfr. G.F. Maiellaro, I soggetti dell’illecito professionale: uno nessuno e centomila, in data 5 marzo 2019; I. Picardi, L’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 80 d.lgs. 50/2016, in data 1 luglio 2019).
In particolare, si rammenta che le predette Linee Guida dell’ANAC precisano al par. 3.1 che i gravi illeciti professionali assumono rilevanza se riferibili ai soggetti “individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice” (che, come noto, sono quelli da scrutinare per la verifica delle cause di esclusione di ordine pubblico tassativamente elencate ai commi 1 e 2 del medesimo articolo); ma, al riguardo, sono maturati contrasti giurisprudenziali con la formazione di un recente indirizzo che, in contrapposizione a quello che propugna la correttezza e conformità delle indicazioni rese dall’ANAC (Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782), sostiene invece che l’interpretazione e applicazione fornita dall’Autorità debba essere disattesa, in ragione della peculiare natura giuridica delle citate Linee Guida, che non consente di qualificarle come fonti del diritto e di estendere l’applicazione del citato comma 3 dell’art. 80 a fattispecie ulteriori e diverse rispetto a quelle contemplate dai commi 1 e 2 della norma stessa (v. Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; TAR Lazio, Roma, sez. II ter, 17 giugno 2019, n. 7836; TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14; TAR Lombardia, Milano, 29 gennaio 2018, n. 250).
Tanto precisato, con le sentenze oggetto del presente contributo il TAR Liguria e il TAR Lazio sono intervenuti più di recente a dirimere controversie anch’esse insorte in conseguenza della mancata esclusione o dell’esclusione di imprese per la sussistenza di illeciti professionali in capo a persone fisiche riferibili a tali imprese.
Orbene, nell’anticipare sin d’ora che, come si vedrà, entrambe le pronunce sono addivenute in sostanza alla medesima conclusione, vale a questo punto passarle in rassegna, partitamente, per poterle poi valutare e collocare nella cornice normativa e giurisprudenziale sopra accennato.
Il TAR Liguria, Genova, sez. II, con sentenza n. 805 del 22 ottobre 2019, è stato adito per dirimere il caso di un ricorrente che aveva impugnato l’aggiudicazione di una concessione pubblica di servizio di gestione di un complesso sportivo, tra l’altro, per mancata esclusione dell’operatore economico primo classificato, la cui posizione era a suo dire compromessa da un illecito professionale (condanna per fatti di minaccia ed estorsione sub iudice) riguardante uno dei soci dell’operatore medesimo e perciò uno dei soggetti individuati ex art. 80, comma 3, del Codice.
Il TAR medesimo ha però respinto il ricorso, chiarendo che nel caso di specie “(…) le condanne in questione sono relative a fatti commessi nell’interesse o a vantaggio di una società diversa dalla odierna controinteressata: difatti, a differenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 comma 3 del D. Lgs. n. 50/2016 – che fa espresso riferimento all’esclusione di cui ai precedenti commi 1 e 2 – il giudizio circa l’integrità ed affidabilità professionale di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) non concerne i soggetti titolari di specifiche cariche sociali di cui al comma 3, ma “l’operatore economico”, sicché è necessario che la condanna ritenuta rilevante ai fini dell’esclusione riguardi condotte poste in essere nell’interesse dell’impresa concorrente o a suo vantaggio, e pertanto a questa direttamente riconducibili ex art. 5 del D. Lgs. 8.6.2001, n. 231 (cfr., in tal senso, T.A.R. Liguria, II, 12.7.2019, n. 613; T.R.G.A. Trentino – Alto Adige, Bolzano, 22.1.2019, n. 14; T.A.R. Lombardia, I, 29.1.2018, n. 250)”.
A sua volta, il TAR Lazio, Roma, sez. I, con sentenza n. 12106 del 21 ottobre 2019, si è pronunciato in materia a seguito del ricorso promosso da un raggruppamento avverso la propria esclusione da una procedura bandita per l’affidamento di lavori pubblici, comminata dalla stazione appaltante per aver riscontrato in capo al procuratore di una impresa del raggruppamento stesso una condanna penale (non definitiva) per turbata libertà degli incanti, ritenendola rilevante quale illecito professionale anche alla stregua delle indicazioni rese dall’ANAC con le succitate Linee Guida n. 6.
A tale sanzione espulsiva, in particolare, il ricorrente aveva opposto l’impossibilità di estendere l’ambito soggettivo del comma 3 dell’art. 80 del Codice (tra i cui soggetti sono annoverati, per l’appunto anche i procuratori) anche alle fattispecie dell’illecito professionale di cui al successivo comma 5 della norma medesima, ricalcando le argomentazioni dell’orientamento giurisprudenziale in termini sopra ricordato.
In proposito, il Collegio interpellato ha tuttavia respinto il ricorso, statuendo e specificando che “(…) la diversa natura delle condotte ascrivibili ai gravi illeciti professionali impone di differenziare (come appunto avvenuto nelle Linee Guida) le ipotesi in cui le condotte sono imputabili direttamente all’operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico dell’ANAC), da quelle in cui i comportamenti sono invece riferibili soltanto indirettamente all’impresa, in quanto posti in essere da persone fisiche che agiscono in nome e per conto dell’ente. In quest’ultimo caso, la ricorrenza della causa ostativa deve essere accertata nei confronti dei soggetti legittimati ad agire in rappresentanza dell’ente e, quindi, dei soggetti individuati all’art. 80, comma 3, del codice dei contratti pubblici, sulla base del principio dell’immedesimazione organica, che consente l’imputazione all’ente delle azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse. Diversamente opinando resterebbero impunite tutte quelle condotte illecite che presuppongono un’azione umana”.
Nel caso di specie, la pronuncia di condanna ha riguardato un soggetto indicato espressamente nelle dichiarazioni di gara quale socio e procuratore della società, munito dunque di poteri di rappresentanza, sicché a dire del TAR “(…) non è corretto distinguere concettualmente l’impresa (in quanto tale, un’entità puramente giuridica) dai soggetti – di cui all’art. 80 comma 3 – per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera sul mercato. Tale tesi “produrrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50 del 2016, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese, ritenendo invece il Collegio di dover confermare il generale principio (ex multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6016) secondo cui tra le condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti, ai fini dell’esclusione dalla gara, vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell’impresa” (Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 2019, n. 1649)”.
Il Collegio ha pertanto respinto il ricorso, rilevando come le censure mosse dalla ricorrente avverso le indicazioni rese sul punto dalle Linee Guida ANAC n. 6 debbano ritenersi infondate, sulla scorta delle argomentazioni sopra riportate.
Così riportati e precisati i termini delle fattispecie e delle pronunce in questione, può anzitutto osservarsi, come sopra anticipato, che dall’esegesi delle sentenze in commento può ritrarsi l’affermazione di un principio in sostanza condiviso e assai interessante.
In particolare, con tali pronunce si è statuito che ai fini dell’applicazione delle verifiche sulla eventuale sussistenza dei motivi di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., la stazione appaltante non soltanto deve verificare l’eventuale sussistenza delle fattispecie di cui all’art. 80, commi 1 e 2, del Codice in capo ai soggetti elencati al comma 3 del medesimo art. 80, bensì deve anche valutare eventuali condotte che siano riferibili all’impresa e al suo interesse e/o vantaggio e in tal senso comunque incidenti sull’affidabilità dell’impresa ai sensi del comma 5, lett. c), del citato art. 80 (cd. “illecito professionale”), poiché poste in essere da soggetti in nome e per conto dell’impresa stessa e perciò anche indirettamente ascrivibili all’operatore economico persona giuridica.
Diversamente opinando, infatti, si otterrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa alla suddetta previsione sull’illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), del Codice, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese.
Ciò posto, l’orientamento appena illustrato pare posizionarsi, anche per espressa indicazione recata dal TAR Liguria (e nonostante l’apparente richiamo operato all’ANAC dal TAR Lazio), nel solco dell’indirizzo sopra ricordato che mira proprio a disattendere, in punto di delimitazione dell’ambito soggettivo dell’illecito professionale, le citate Linee Guida ANAC (Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14; TAR Lombardia, Milano, 29 gennaio 2018, n. 250), sviluppando però una linea ermeneutica atta ad offrire interessanti e più specifiche indicazioni quanto al perimetro disegnato dalle precedenti pronunce.
Segnatamente, con le sentenze disaminate il TAR Liguria e il TAR Lazio, nel rimarcare all’uopo che la rilevanza della condotta – sintomatica dell’illecito professionale – dei soggetti va valutata se e in quanto riferibile all’interesse e/o al vantaggio dell’impresa concorrente, sembrano approdare ad una sorta di “oggettivazione” di tale verifica sui soggetti, che sottende una indagine volta non tanto (o comunque non solo) volta a individuare i soggetti interessati alla stregua del comma 3 dell’art. 80 predetto per poi verificarne la eventuale rilevanza e pertinenza degli atti posti in essere, bensì piuttosto a valutare la riconducibilità di una condotta ritenuta pertinente e rilevante agli interessi e alla sfera dell’impresa da scrutinare in gara, e ciò non necessariamente alla stregua della (sola) perimetrazione soggettiva stabilita dall’art. 80, comma 3, del Codice, e dunque degli specifici ruoli rivestiti dalle persone fisiche ivi individuate. Tanto è vero che, nei casi scrutinati da quelle stesse pronunce, le condotte passibili di illecito professionale sono state reputate rilevanti (oltre che pertinenti) se e in quanto inverate nell’interesse dell’impresa concorrente, ma non anche qualora compiute nello svolgimento di precedenti incarichi presso altro operatore economico.
Del resto, in termini di coerenza e continuità rispetto a tale assunto, nel suddetto orientamento precedente è possibile rinvenire un passaggio di tenore affine, nella misura in cui il TRGA di Bolzano, con la menzionata sentenza n. 14/2019, ha tra l’altro precisato che “Non può quindi condividersi l’interpretazione offerta sul punto dal–OMISSIS-, che ha disposto l’esclusione della società ricorrente dalla gara ai sensi del comma 5, lettere a) e c), dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 per fatti compiuti dal signor -OMISSIS- nel corso della sua pregressa attività in campo edilizio, quando rivestiva la carica di legale rappresentante della cessata impresa di costruzioni -OMISSIS-, non quindi per condotte riconducibili direttamente all’impresa concorrente -OMISSIS-, di cui è attualmente consigliere del CdA”.
Tanto chiarito, se da un lato dunque le statuizioni qui in commento offrono ulteriori e più specifiche indicazioni operative per la corretta attuazione delle norme vigenti sull’illecito professionale – che, come già rappresentato in altre occasioni, in ogni caso non risultano certo a tutt’oggi chiare ed esaustive, complice la natura in sé liquida e variegata delle circostanze cui afferiscono in concreto – dall’altro non può omettersi che le stesse, proprio laddove paiono invitare le stazioni appaltanti a dare rilievo alle condotte sintomatiche se e in quanto riferibili all’impresa concorrente nei termini suddetti, rischiano di ampliare ulteriormente il perimetro di indagine (soggettiva e oggettiva) in argomento, accrescendo ancor più le incertezze e i risvolti problematici che affliggono l’attuazione pratica e l’efficacia delle disposizioni di che trattasi.
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