Il T.a.r. Veneto si pronuncia in ordine alla portata del criterio di riparto di attività tra operatori professionali e soci volontari

Nelle cooperative sociali le prestazioni concernenti la gestione dei servizi socio sanitari può essere affidata ai soci volontari solo in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti

Matteo Bortoli 21 Gennaio 2022
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Nelle cooperative sociali le prestazioni concernenti la gestione dei servizi socio sanitari possono essere affidata ai soci volontari solo in misura complementare e non sostitutiva rispetto ai parametri di impiego di operatori professionali previsti dalle disposizioni vigenti

T.a.r. Veneto, Sez. III, 5 gennaio 2022, n. 32

Con la sentenza in esame, il T.a.r. per il Veneto si è pronunciato in ordine alla portata della disciplina delle cooperative sociali di cui agli articoli 1 e 2 della L. n. 381/1991, concernente l’impiego di soci volontari nei servizi socio sanitari, soffermandosi altresì sulle disposizioni di cui agli articoli 23, co. 16, 95, co. 10, ultimo periodo e 97, co. 5, lett. d) del D.Lgs. n. 50/2016 relative alla valutazione di congruità e non anomalia del costo del lavoro.

La controversia all’origine della pronuncia ha avuto origine dalla contestazione in giudizio del provvedimento di aggiudicazione disposto, nei confronti di una società cooperativa, all’esito di una procedura di gara aperta telematica per l’affidamento del servizio di trasporto sanitario ordinario di pazienti in ambulanza ed emodializzati.

Avverso il suddetto provvedimento, l’operatore economico classificatosi al secondo posto della graduatoria, ha proposto ricorso censurando l’operato della P.A. sotto due distinti profili: in primo luogo, parte ricorrente ha lamentato la violazione degli articoli 1 e 2 della L. n. 381/1991, in quanto l’impresa aggiudicataria, in spregio a quanto imposto dal dettato normativo, avrebbe impiegato nell’esecuzione della commessa in maniera del tutto indifferente e in misura alquanto rilevante, senza alcuna indicazione o specificazione delle modalità di impiego, anche i propri soci volontari; in secondo luogo, è stata contestata l’illegittimità dell’operato della P.A. in quanto la stessa avrebbe erroneamente ritenuto congruo il costo del lavoro offerto dall’impresa aggiudicataria che ha fatto applicazione, per le figure professionali dell’autista soccorritore e dell’operatore socio sanitario, del contratto collettivo nazionale riferito alle tabelle ministeriali del 2013 (ben sette anni prima l’indizione della procedura de qua), anziché fare uso del costo orario individuato dalla contrattazione collettiva del 2019.

Il T.a.r. per il Veneto ha ravvisato la piena fondatezza delle censure sopraindicate nei termini che seguono.

Secondo il Collegio, la violazione della normativa e dei principi ispiratori che informano la disciplina in materia di cooperative sociali, di cui agli articoli 1 e 2 della L. n. 381/1991, emerge dal cospicuo impiego da parte dell’impresa aggiudicataria di personale volontario nell’esecuzione della commessa. Invero, come risulta dall’analisi dell’offerta economica della cooperativa aggiudicataria il monte ore del personale volontario impiegato per la figura di autista soccorritore e per l’operatore socio sanitario ammonta rispettivamente ad una quota pari a 9371 e 7568 ore (pari al 32% del totale delle ore offerte). Pertanto, emerge in maniera evidente come il personale volontario non venga impiegato in misura complementare ovvero secondaria, ma al contrario finisce per avere rilevanza sostitutiva rientrando nella componente principale della struttura tecnico operativa adibita per l’esecuzione della prestazione contrattuale.

Ciò in spregio al disposto normativo di cui all’art. 2, comma 5, della L. n. 381 del 1991 che, per evitare di inasprire la concorrenza al ribasso sul costo del lavoro limita l’utilizzo dei soci volontari nell’espletamento delle commesse pubbliche a condizione che tale impiego sia – quantitativamente e qualitativamente complementare – ma non anche sostitutivo rispetto a quello degli operatori professionali.

Pertanto, il g.a. ravvisa la violazione della normativa richiamata la cui ratio mira ad evitare che: “i soci volontari possano essere utilizzati per abbassare i costi nelle gare, a scapito della qualità e professionalità del servizi” garantendo al contempo: “la funzione dei volontari di arricchimento del servizio e di sostegno all’utenza”.

Né può trovare condivisione l’assimilazione prospettata dalla controinteressata tra cooperativa sociale e associazione di volontariato al fine di poter estendere alla propria organizzazione imprenditoriale i benefici normativi riservati alle seconde sotto il profilo tecnico e funzionale.

Invero, evidenzia il T.a.r., la differenza che sussiste tra le due strutture societarie risiede nel fatto che le organizzazioni di volontariato non perseguono neppure in forma indiretta alcun vantaggio economico essendo tenute a reinvestire tutti gli utili nell’attività sociale; al contrario, le cooperative sociali si basano su una forma lavorativa comune che si pone l’obiettivo di generare un vantaggio economico per coloro che fanno parte dell’organizzazione societaria distribuita sotto forma di ristorno anziché di utile economico.

Quanto alla valutazione di congruità e non anomalia dell’offerta, ad avviso del Collegio, la grave violazione del combinato disposto di cui agli articoli 23, co. 16, 95, co.10 e 95, co. 5, lett. d) del D, Lgs. n. 50/2016 si ravvisa dalle giustificazioni rese dall’aggiudicataria dove emerge l’applicazione di un costo orario del lavoro, per le figure professionali dell’autista soccorritore e dell’operatore socio sanitario, riferito alle tabelle ministeriali del 2013 anziché al contenuto della contrattazione collettiva del 2019.

Infatti, rileva il g.a., il contratto collettivo era già vigente al momento della pubblicazione del bando e della scadenza del termine per la presentazione delle offerte in quanto il contenuto dell’accordo negoziale è stato rinnovato con accordo del 28 marzo 2019 poi successivamente siglato in via definitiva in data 21 maggio 2019.

La successiva pubblicazione delle tabelle ministeriali ha avuto una funzione esclusivamente ricognitiva inidonea ad incidere sulla vigenza e vincolatività della contrattazione collettiva del 2019.

Inoltre, l’offerta dell’aggiudicataria si rivela illegittima anche con riferimento all’applicazione di un tasso di assenteismo maggiore rispetto a quello previsto dalle tabelle ministeriali ratione temporis vigenti (riduzione delle ore di assenza annue da 49 rispetto alle 120 stimate) senza fornire, nemmeno nel corso del giudizio, alcuna giustificazione.

Pertanto, anche tale aspetto evidenzia la grave incongruità ed anomalia dell’offerta della società aggiudicataria.

In conclusione, l’applicazione di un trattamento salariale minimo significativamente più basso rispetto a quello imposto dalla normativa di riferimento ha consentito alla società aggiudicataria di poter applicare una considerevole e rilevante sottostima del costo del lavoro palesemente ingiustificata ed illegittima.

Alla luce di quanto sopra illustrato, il giudice ha accolto le censure di parte ricorrente e per l’effetto ha disposto l’inefficacia del contratto, ai sensi dell’art. 122 c.p.a., con contestuale subentro in favore della ricorrente.

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