Ordinanza del T.a.r. Lazio, Roma, n. 7258 dell’8 novembre 2019
Il T.a.r. Lazio, Roma, con ordinanza n. 7258 dell’8 novembre 2019, relativa a un giudizio instaurato successivamente all’entrata in vigore del decreto legge n. 32 del 18 aprile 2019 (c.d. decreto “sblocca cantieri”) e della relativa legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55, ha ritenuto che un ricorso avverso un provvedimento di aggiudicazione definitiva presentasse profili di inammissibilità per violazione dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., essendo spirato il termine che imponeva la tempestiva impugnazione del provvedimento di ammissione dell’aggiudicataria, adottato in data 12 febbraio 2018, quindi ben prima dello “sblocca-cantieri”.
Come è noto, il decreto legge “sblocca cantieri”, anche a seguito della legge di conversione, abrogava il tanto discusso rito superaccelerato di cui all’art. 120, commi 2-bis e 6-bis, c.p.a., che prevedeva che l’impugnativa degli atti di ammissione ed esclusione dei concorrenti dalla gara di appalto dovesse essere effettuata entro trenta giorni dalla pubblicazione del relativo atto sul profilo della stazione appaltante. L’intervenuta abrogazione sembrava voler prendere atto dei numerosi problemi che l’applicazione di detto rito causava agli operatori economici nonché della pendenza di una questione di legittimità costituzionale.
Nell’abrogare il rito superaccelerato, l’art. 1, comma 23, D.L. n. 32/2019, così come convertito in legge, prevedeva che «le disposizioni di cui al comma 22 (ndr: al comma 22 era prevista l’abrogazione del rito) si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».
La scelta del legislatore, pur con i limiti sottesi a scelte lessicali non adeguatamente accurate, era indubbiamente volta a consentire nel più breve tempo possibile il superamento di un regime processuale largamente contestato da operatori economici e professionisti fin dalla sua entrata in vigore.
Se questa era la ratio, a una prima lettura poteva immaginarsi che, per i processi iniziati dopo la data del 18 giugno 2019, fosse ormai generalmente venuto meno il rito superaccelerato. La formulazione, tuttavia, era superficiale: non si chiariva, infatti, quale fosse il momento in cui un giudizio potesse dirsi “iniziato”, se dalla notifica o dal deposito del ricorso, né si chiariva quale dovesse essere la sorte dei provvedimenti di ammissione/esclusione adottati prima dell’entrata in vigore del decreto.
Con la pronuncia in commento, il T.a.r. Lazio, sminuendo la portata della norma transitoria del decreto “sblocca cantieri”, ha contribuito a chiarire il quadro.
Ad avviso del T.a.r., un provvedimento di ammissione dell’aggiudicataria adottato quando era ancora pienamente vigente il rito superaccelerato (nella fattispecie il 12 febbraio 2018) e allora non impugnato nei termini dalla controinteressata non può essere messo in discussione sulla base di una normativa processuale sopravvenuta, trattandosi di un dato sostanziale ormai consolidato.
Sarebbe inammissibile, pertanto, un ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione, pur notificato dopo l’entrata in vigore del decreto “sblocca cantieri” e della relativa legge di conversione, quando non si sia impugnato nei termini di cui all’oggi abrogato comma 2-bis dell’art. 120 c.p.a. un provvedimento di ammissione/esclusione adottato invece prima dell’entrata in vigore del decreto.
L’argomentazione del T.a.r. appare cogliere nel segno: sarebbe ben difficile, infatti, immaginare che la nuova normativa processuale possa riaprire i termini di impugnazione di provvedimenti ormai considerati consolidati e in base ai quali operatori economici siano risultati poi aggiudicatari di appalti pubblici, di cui eventualmente sia anche iniziata l’esecuzione.
In effetti, in tali ipotesi, l’operatore economico avrebbe scientemente optato per la mancata impugnazione del provvedimento di ammissione nel termine di trenta giorni previsto, essendo in quel momento vigente il rito “superaccelerato” ed essendo il decreto “sblocca cantieri” ben lungi dall’essere adottato.
D’altra parte, è vero che l’ordinanza del T.a.r., se come prevedibile nella sua scia si porranno altre pronunce, rischia di depotenziare significativamente l’impatto innovativo dell’abrogazione del rito “superaccelerato”, che il legislatore immaginava destinata a operare in tempi molto più brevi.
Ancora una volta, dunque, a porsi in evidenza è l’inadeguatezza lessicale della novella che, troppo semplicisticamente, aveva tentato di liquidare il rito “superaccelerato” con una norma di diritto intertemporale piuttosto vaga e di difficile applicazione.
Indubbiamente, comunque, l’ordinanza in commento restituisce spazio e attualità al rito “superaccelerato” che richiederà dunque ancora del tempo affinché scompaia definitivamente.
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