Il codice dei contratti pubblici del 2016 (D.lgs. n. 50/2016) aveva introdotto nel nostro sistema giuridico, per la prima volta, il concetto di rischio operativo attraverso l’art. 3, comma 1 lett. zz). Tale rischio operativo andava a sommarsi ai rischi già individuati dall’ordinamento italiano: il rischio di costruzione, il rischio di disponibilità e il rischio di domanda.
Si trattava quindi di una fase temporale in cui il concetto di rischio operativo era aggiuntivo, ma paritario, rispetto alla triplice distinzione operata dal vecchio codice. Nella sostanza, i rischi da allocare nel contratto di concessione (o di partenariato pubblico privato) erano quattro. In tal modo il rischio operativo, figlio di una definizione astratta e poco concreta, perdeva sicuramente di importanza rispetto ai rimanenti tre rischi ipotizzati.
L’ANAC, con la Delibera n. 318 del 28 marzo 2018 “Linee Guida n. 9”, ha finalmente abbandonato il concetto paritetico del rischio operativo e ha formalmente dato una portata inclusiva allo stesso. Infatti, ha stabilito che nella categoria di rischio operativo “… rientrano, oltre al rischio di costruzione, anche il rischio di domanda e/o il rischio di disponibilità, nonché altri rischi specifici …”.
È stato il primo passo verso la sua definitiva valorizzazione che è avvenuta con l’emanazione del Codice del 2023 (D.lgs. n. 36/2023). Questa normativa ha abbandonato completamente la tripartizione precedente parlando di rischio al singolare.
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