La richiesta di materiale originale deve intendersi anche inclusiva del materiale assimilabile all’originale.
(…) Un simile provvedimento è tuttavia in frontale contrasto con il principio di equivalenza (o di equipollenza), che trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis
TAR Puglia, Bari, sez. III, 2.10.2024, n. 1032
Il caso di specie
La vicenda in esame concerne una procedura di gara indetta per l’affidamento diretto della fornitura di materiale di consumo medicale.
La stazione appaltante, tramite piattaforma elettronica, richiedeva espressamente come oggetto della fornitura un accessorio per radiologia nella forma di c.d. materiale “originale”.
Al confronto competitivo partecipavano due operatori economici e uno di essi veniva escluso per aver proposto materiali “non originali” e quindi non ritenuti conformi alle specifiche richieste, seppur equivalenti.
La ricorrente impugnava dinanzi al giudice amministrativo la propria esclusione e deduceva – a sostegno del gravame – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1, 3, 79 e dell’allegato II.5 del d.lgs. n. 36 del 2023, nonché l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione e violazione del principio di equivalenza.
Si costituiva in giudizio l’Amministrazione resistente, chiedendo il respingimento del ricorso per infondatezza.
La decisione del TAR
Il T.a.r. ha condiviso le doglianze della ricorrente e per gli effetti ha ritenuto fondato il ricorso.
Il g.a. si è occupato di dirimere la questione giuridica giunta alla sua attenzione e consistente nello stabilire se possa considerarsi legittimo l’adozione di un provvedimento di esclusione, disposto nei confronti di un operatore economico che non aveva offerto il materiale nella forma “originale”, come richiesto dalla stazione appaltante.
Secondo il Collegio, il “punto dirimente è costituito dalla violazione del principio di equivalenza, quale canone immanente nelle procedure di gara o comunque di evidenza pubblica, anche nelle forme negoziate o similari della c.d. piccola evidenza, specie allorché l’amministrazione intenda affidare la fornitura di materiale di consumo. La richiesta di materiale originale deve intendersi anche inclusiva del materiale assimilabile all’originale”.
Ne consegue, secondo il T.a.r., che il provvedimento di esclusione comminato nei confronti della ricorrente si palesa illegittimo in quando adottato in “contrasto con il principio di equivalenza (o di equipollenza), che trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis” .
Inoltre, il giudice ha evidenziato l’assenza negli atti depositati in giudizio di particolari motivazioni “per la quale la stazione appaltante abbia richiesto materiale originale, né nel provvedimento di esclusione è stato dato conto di carenze particolari, circa il prodotto offerto dall’operatore economico escluso, se non ché è stato offerto materiale non “originale”.
Pertanto, in applicazione del principio di equivalenza, secondo il Giudice, “la Stazione appaltante avrebbe dovuto valutare la conformità dell’offerta non tanto in senso formale, quanto piuttosto in senso sostanziale, dovendo verificare, sulla base di quanto contenuto negli atti di gara, se il prodotto offerto dalla società ricorrente fosse funzionalmente rispondente alle esigenze dell’Amministrazione, secondo il principio di equivalenza, vigente negli appalti pubblici, che sottende una valutazione di omogenità funzionale tra soluzioni, prodotti o dispositivi tecnici, ravvisabile ogni qual volta questi siano in grado di assolvere, in modo sostanzialmente analogo, alla finalità di impiego loro assegnata, come nella fattispecie (ex multis, T.A.R. Liguria, sez. I, 11 ottobre 2023, n. 853; T.A.R. Sicilia, sez. I, 27 luglio 2023, n. 2506; T.A.R. Lazio, sez. III, 20 giugno 2023, n. 10468 e 6 giugno 2023, n. 9488; T.A.R. Campania, sez. V, 3 febbraio 2023, n. 792).
In definitiva, secondo il T.a.r., l’amministrazione doveva ammettere e valutare il pregio del prodotto offerto dalla ricorrente, in quanto l’offerta – nonostante presentasse materiale non originale – in virtù del principio di equivalenza era funzionalmente rispondente alle esigenze dell’Amministrazione.
Pertanto, il T.a.r. ha ritenuto fondato il proposto ricorso e ha annullato il provvedimento di esclusione per violazione del principio di equivalenza.
Considerazioni conclusive
La questione di interesse affrontata nella presente pronuncia concerne l’applicazione del principio di equivalenza, quale canone immanente nelle procedure di gara.
Il principio di equivalenza, introdotto dall’art. 68, co 7 del d.lgs. 50 del 2016 in attuazione dell’art. 42 della direttiva 2014/24/UE (e ora contenuto nell’allegato II.5, parte II-A del d.lgs. n. 36/2023), per consolidata giurisprudenza è da ritenersi immanente al settore dei contratti pubblici e in quanto espressione del principio di massima partecipazione eterointegra le previsioni della legge di gara (Cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2024, n. 1545).
È orientamento giurisprudenziale consolidato quello secondo cui “La possibilità di riconoscere prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste ai fini della selezione della migliore offerta risponde da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità” ( Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2023, n. 4624; Id., sez. III, 10 febbraio 2022, n. 1006).
L’applicazione del suddetto principio impone che i concorrenti possano sempre dimostrare che la loro proposta ottemperi in maniera equivalente allo standard richiesto dalla lex specialis, evitando in tal modo che vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e solamente formalmente privo della specifica prescritta, assicurando in tal modo un ampliamento della platea dei concorrenti.
Tuttavia, per quanto il principio dell’equivalenza permei l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, rispondendo alle esigenze del favor partecipationis e costituendo espressione del legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte della Amministrazione, lo stesso non può essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate o che comprendano soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non soddisfino le caratteristiche tecniche obbligatorie richieste dalla lex specialis, configurandosi come un aliud pro alio non rimediabile.
Il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe “l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara” (Cfr. ex multis, Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2023, n. 10471; Cons. Stato, III, 9 febbraio 2021, n. 1225; Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5258;Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316).
Ferma restando la limitazione anzidetta, è chiaro che se il principio di equivalenza rappresenta la regola costituisce eccezione la facoltà per la s.a. di fare riferimento, per determinati prodotti o servizi resi dall’appaltatore, ad uno specifico processo di fabbricazione o ad una provenienza particolare ovvero ancora ad una marchio/brevetto che avrebbero l’effetto di favorire determinate imprese o prodotti.
In tale evenienza, la p.a. è tenuta a fornire adeguata motivazione in ragione dello specifico oggetto della commessa, suscettibile di sindacato giurisdizionale.
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