Tra i tanti simboli del fallimento dell’obiettivo di semplificare l’affidamento degli appalti pubblici, probabilmente il principio della rotazione degli operatori economici è quello maggiormente evidente
Un principio che non ha alcuna derivazione comunitaria è stato introdotto nell’ambito degli appalti “semplificati” sotto soglia, regolati dall’articolo 36 del codice. Appalti, tuttavia, che si semplificato hanno poco o nulla, come dimostra la circostanza che a fronte di un articolo, il 36, tutto sommato asciutto e sintetico, la sua applicazione deborda nelle 17 pagine, 7 paragrafi e decine di sotto paragrafi delle Linee guida 4.
La soft law tutto è, salvo che uno strumento agile di semplificazione normativa.
Accanto all’oggettiva contorsione della normativa, si pone l’ovvia conseguenza: il principio della rotazione non poteva che essere guardato secondo due prospettive: o un “feticcio”, cioè un dogma indiscutibile e immutabile, tale da imporre una sua attuazione assoluta, sciolta da ogni altro contemperamento, sì da portare sempre e soltanto a drastiche scelte, quali l’esclusione sempre e comunque dell’operatore economico già aggiudicatario di un appalto perfino dalla possibilità stessa di partecipare nuovamente a procedure selettive; oppure, un’indicazione generale volta semplicemente a salvaguardare il mercato da intenti finalizzati alla sua violazione, manifestati da ripetuti rinnovi degli affidamenti sempre allo stesso operatore, privi di una ragionevole selezione tra gli altri operatori.
Per continuare a leggere il contenuto di questa pagina è necessario essere abbonati. Se sei già un nostro abbonato, effettua il login. Se non sei abbonato o ti è scaduto l’abbonamento >>ABBONATI SUBITO<< |
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento