Il “cumulo alla rinfusa” e la sua inapplicabilità negli appalti relativi ai “beni culturali”

Il tema del “cumulo alla rinfusa” prosegue ad interessare i Giudici Amministrativi

Matteo Valente 8 Luglio 2021
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Il tema del “cumulo alla rinfusa” prosegue ad interessare i Giudici Amministrativi.

La vicenda che ha riguardato la pronuncia resa dal Tar Emilia Romagna – Sezione staccata di Parma concerne l’aggiudicazione ad un consorzio fra imprese artigiane di una gara relativa all’adeguamento sismico di un plesso scolastico. Il ricorrente – giunto secondo in graduatoria – ha sostenuto che il consorzio aggiudicatario meritava l’esclusione per aver indicato quale impresa esecutrice una consorziata priva delle classificazioni SOA richieste dalla legge di gara. Le classificazioni spese in gara infatti erano quelle proprie del consorzio e la consorziata esecutrice ne era totalmente priva. Il ricorso, pur riconoscendo l’ampia operabilità dell’istituto del “cumulo alla rinfusa”, si appuntava in particolare sull’art. 146 del Codice dei Contratti che non consente che i lavori relativi ad interventi su “beni di culturali” siano svolti da un’impresa non in possesso dei requisiti richiesti. A detta del ricorrente, rientrando l’intervento oggetto della gara in una riqualificazione di un immobile assimilabile ad un “bene culturale”, allora l’istituto del “cumulo alla rinfusa” non avrebbe potuto essere applicato.

La sentenza è di interesse poichè analizza la ratio della norma secondo cui nel settore dei beni culturali il “cumulo alla rinfusa” non deve trovare applicazione posta la necessità espressa dal legislatore di far sì che nelle specifiche gare disciplinate dall’art. 146 gli interventi oggetto di affidamento debbano essere eseguiti da parte di personale specializzato, pena la compromissione del valore dei predetti beni, che potrebbero essere danneggiati irrimediabilmente dall’operato di soggetti non in possesso di specifiche qualifiche.

Quindi il “cumulo alla rinfusa”, la cui applicazione deve essere intesa in senso ampio, trova una netta deroga nel settore dei beni culturali, laddove nel caso di partecipazione di un consorzio stabile quest’ultimo sarà tenuto ad indicare consorziate esecutrici debitamente qualificate in proprio.

Calando dette coordinate ermeneutiche nel caso concreto, la pronuncia, pur riconoscendo la correttezza “teorica” dell’assunto del ricorrente, respinge il motivo di censura sulla scorta del fatto che nel caso in esame la procedura di gara non aveva ad oggetto un intervento su una struttura qualificabile quale “bene culturale” ma su un “semplice” immobile scolastico, con la conseguenza che l’art. 146 del D.Lgs. n. 50 del 2016 non poteva trovare momento.
Invero, quella dell’art. 146 essendo una espressa deroga ad un istituto di natura “pro-competitiva” quale è il “cumulo alla rinfusa”, deve trovare una stretta applicazione ed essere utilizzata solamente in quei casi in cui si stia con certezza affidando un appalto nel settore dei “beni culturali”; cosa che, nel caso affrontato dal Tar emiliano, non si era verificata, trattandosi di un intervento su un “ordinario” immobile scolastico.

 

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